Un segreto di Quarta Via: il pendolo e la lotta tra Sì e No

È una dinamica interiore che riguarda da vicino ognuno di noi, anche se spesso non ci fermiamo mai a rifletterci davvero: si tratta della lotta costante tra il Sì e il No.

Quante volte vi è capitato di ascoltare più volte lo stesso concetto? Magari durante un corso, una lettura o una conferenza. Vi fanno notare che è importante osservare voi stessi, che è fondamentale ricordare voi stessi. Eppure, la reazione spontanea dentro di voi è: sì, lo so già, l’ho sentito mille volte. Oppure addirittura nasce un senso di fastidio, quasi di impazienza: perché ripetere ancora la stessa cosa?

Questo atteggiamento è molto comune: scambiamo l’aver sentito qualcosa per il conoscerla, e il conoscerla per il comprenderla. Ma in realtà, tra il sapere e il capire c’è una distanza enorme. È un po’ come quando ci dicono che per andare in bicicletta dobbiamo imparare a stare in equilibrio. Possiamo ascoltare quella frase decine di volte, ma finché non saliamo davvero sulla bici, finché non proviamo, non cadiamo e non ritroviamo il nostro baricentro, non comprenderemo mai cosa significhi davvero.

Così accade anche nel lavoro interiore. Ascoltare “osserva te stesso” non significa che sappiamo osservare. Sentire ripetere “ricorda te stesso” non significa che abbiamo realmente fatto esperienza del ricordarci. Serve tempo, serve pratica, serve costanza. La conoscenza rimane nella memoria esterna, come un’informazione depositata su uno scaffale. La comprensione, invece, nasce solo quando riusciamo a mettere in pratica, a sperimentare, a trasformare quel sapere in vita vissuta.

Ed è qui che incontriamo l’importante tema di questo articolo: il conflitto interiore tra il sì e il no. Perché la nostra mente ordinaria, quella che usiamo ogni giorno, ragiona quasi sempre in termini di contrapposizione.

Pensiamoci: per noi una cosa è vera o falsa, giusta o sbagliata, buona o cattiva. Tutto si riduce a una scelta tra due estremi. Basta osservare una conversazione quotidiana: uno afferma, l’altro nega; uno dice che è certo, l’altro dice che non lo è. E ci ritroviamo intrappolati in un ping-pong di sì e di no, senza mai accorgerci che forse esiste anche un altro modo di guardare le cose.

Questa polarità ci accompagna costantemente, a volte senza che ne siamo consapevoli. Ed è proprio questo che proveremo a esplorare insieme: cosa accade quando viviamo solo nel sì o solo nel no, e cosa potrebbe significare aprirci a una terza possibilità.

Se guardiamo bene infatti, questo tipo di pensiero ha un limite evidente: lascia sempre fuori qualcosa. Ci costringe a scegliere un lato e a escludere l’altro, creando divisioni e conflitti che, alla fine, non portano mai a una vera soluzione. Ci fanno sentire parziali, incompleti, come se una parte della realtà fosse sempre esclusa.

Il Lavoro però ci dice che nei Centri Superiori, cioè in quei livelli più alti di coscienza che ogni essere umano può sperimentare, questa contraddizione non esiste. Non c’è un sì contrapposto a un no, ma un sì e no che coesistono e che danno origine a qualcosa di nuovo. È difficile da spiegare con le parole del nostro linguaggio ordinario, perché la nostra mente non è abituata a pensare in questo modo. Ma possiamo provare a immaginarlo: non due forze che si annullano a vicenda, ma due opposti che, uniti, generano un terzo elemento.

Un po’ come avviene nei simboli antichi che parlano dell’unione degli opposti: il giorno e la notte che si incontrano nell’alba, il maschile e il femminile che danno origine a una nuova vita. Questo terzo elemento è ciò che nel testo di Maurice Nicoll – Commentari Psicologici, che trovi free download nelle Risorse – viene chiamato X: una terza soluzione che non conosciamo, ma che è l’espressione di una coscienza più vasta, capace di contenere e armonizzare entrambi i poli.

E se ci pensiamo bene, forse nella nostra esperienza abbiamo già vissuto momenti di questo tipo. Momenti in cui, invece di dire un sì netto o un no netto, ci siamo fermati in un punto di equilibrio, e da lì è emersa una soluzione diversa, imprevista, quasi sorprendente. Non era né la vittoria del sì, né la vittoria del no, ma qualcosa di nuovo, che prima non vedevamo.

Il problema è che raramente ci fermiamo in quello spazio intermedio. La maggior parte delle volte ci identifichiamo con le estremità del pendolo: o da una parte o dall’altra. Nei momenti di entusiasmo euforia, prendiamo decisioni affrettate basate solo sul sì. Nei momenti di negatività o di rabbia, ci chiudiamo in un no assoluto. In entrambi i casi, le soluzioni che troviamo sono fragili, parziali, spesso inutili.

Quante volte, per esempio, avete preso una decisione in un momento di forte emozione — magari per entusiasmo — e poi ve ne siete pentiti? Oppure avete detto un no categorico solo perché eravate arrabbiati o delusi, e col tempo vi siete accorti che quella chiusura vi aveva fatto perdere un’occasione? Ecco, in entrambi i casi non eravamo davvero in contatto con una parte più profonda di noi, ma solo con gli estremi di quel pendolo che oscilla continuamente.

Il lavoro interiore ci propone allora un esercizio diverso: provare a creare dentro di noi un pendolo cosciente, con oscillazioni più piccole, più controllate. Non lasciarci trascinare dagli estremi, ma imparare a sostare in quella zona mediana, dove sì e no non si escludono, ma si osservano a vicenda. Questo non significa essere indecisi o deboli, come spesso il mondo potrebbe etichettarci. Significa invece imparare a cogliere le sfumature, le gradazioni intermedie, quelle zone più sottili dove si nascondono nuovi significati.

Per fare questo serve un lavoro costante su noi stessi: imparare a osservare quando siamo identificati, quando siamo negativi, quando ci lasciamo andare all’entusiasmo cieco. Perché in quei momenti non siamo lucidi, e le nostre decisioni non sono veramente nostre. Solo quando riusciamo a riconoscere questi stati e a non identificarci completamente con essi, possiamo restare in contatto con un livello più profondo della nostra coscienza.

Il cuore, purificato dalle emozioni negative, può allora sentire cose che la mente ordinaria non può capire. È come se aprissimo un nuovo apparato ricettivo, più sottile, più attento. Ed è proprio da lì che può nascere quella terza forza, quella X che unisce i contrari e apre a una prospettiva nuova.

Arrivati a questo punto, cosa possiamo portare nella nostra vita?

Abbiamo visto che vivere soltanto negli estremi del sì e del no non ci conduce a soluzioni reali. Le decisioni prese in momenti di forte negatività o di entusiasmo cieco non sono mai veramente intelligenti. Sono scelte che ci trascinano da una parte o dall’altra, come un pendolo che corre verso i suoi estremi senza mai fermarsi al centro.

Il Lavoro ci invita a qualcosa di diverso: a non prestare attenzione agli “Io” che ci spingono agli estremi, ma a coltivare uno spazio intermedio. Significa imparare a osservare noi stessi quando siamo trascinati da un no assoluto o da un sì violento, e riconoscere che proprio lì non si trova la vera soluzione.

Il compito diventa allora quello di restringere il movimento del pendolo, di creare un pendolo cosciente. Un movimento più piccolo, più contenuto, che ci permette di restare vigili, presenti, di non lasciarci ipnotizzare dalle oscillazioni meccaniche della mente. Questo richiede volontà, richiede disciplina, ma soprattutto richiede pratica costante.

E allora, cosa fare concretamente?

La prossima volta che vi trovate davanti a un problema o a una scelta, provate a fermarvi un attimo. Non lasciatevi trascinare subito da un sì impulsivo o da un no netto. Chiedetevi invece: sto guardando questo problema dagli estremi del pendolo, o riesco a sostare in una zona più centrale?

Provate a percepire se esiste una terza possibilità, qualcosa che non sia né il sì né il no, ma una prospettiva diversa che unisce entrambi. Forse non sarà subito chiaro, ma già il semplice atto di cercare questo spazio intermedio è un passo verso una coscienza più alta.

Ricordiamolo: le soluzioni parziali, solo sì o solo no, spesso sono inutili. È la ricerca di quella terza forza, di quell’armonia degli opposti, che ci apre a nuove comprensioni e a un modo di vivere più autentico.

E forse, proprio lì, in quella zona mediana del pendolo, scopriremo che le nostre scelte non sono più solo reazioni meccaniche, ma diventano atti di vera libertà.

Bibliografia

M. Nicoll, Commentari, L’idea del Lavoro sul Sì e il No, cap. 70, V. II. Testo completo sul nostro blog, free download, sezione “Risorse”: ⁠https://associazioneperankh.com/download/ ⁠

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