Il simbolo del Leone

Leo autem graece, latine rex interpretatur eo quod princeps sit omnium bestiarum (Il leone in greco significa re in latino perché è il capo di tutti gli animali): con queste parole il Leone viene presentato da Isidoro di Siviglia, uno tra i massimi rappresentanti della cultura medievale che, attraverso opere enciclopediche quali Etymologiae sive Origines – e attingendo a svariate fonti della cultura classica e tardo-romana – ci ha tramandato tutto il sapere della sua epoca.

Isidoro ci spiega che, in greco come in latino, la parola Leone significa simbolicamente Re, a sottolineare la superiorità del felino su tutti gli animali. Infatti tutta l’antichità classica attribuisce al Leone il simbolo di potenza, forza e supremazia così come la sua figura esprime regalità, fierezza e coraggio.

La maestosa criniera dell’animale richiama l’alone solare ed è per questo che il Leone è protagonista di miti solari come nella letteratura latina, ove è sacro ad Apollo, dio del Sole, di cui trainava il carro o in quella greca, dove è associato ad Eracle, figlio di Zeus ed Alcmena.

In una delle mitiche dodici fatiche, Eracle sconfigge il Leone di Nemea dopo averlo rincorso e raggiunto in una caverna. In questa prova Eracle combatte un Leone che non simboleggia la regalità, ma la propria parte istintiva e primitiva che, grazie alla lotta interiore, l’Eroe riesce a dominare evitando che continui a fare del male agli altri e a se stesso.

Nell’antico Egitto il Leone veniva rappresentato spesso in coppia, schiena contro schiena affinché uno guardasse verso est e l’altro verso ovest: in tal modo i due animali sorvegliavano il Sole indicando simbolicamente il rinnovo delle energie che deriva dal riposo, dopo le fatiche diurne.

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Gli antichi Egizi ritenevano che nella realtà visibile si manifestassero frequentemente gli aspetti delle divinità che per questo associavano a numerosi fenomeni naturali e animali: il Leone era presente nella raffigurazione di diverse divinità, ritratte con la testa leonina, come la dea Thoueris, protettrice dei neonati. Tuttavia è Sekhmet, signora della guerra, feroce e sanguinaria, ma anche signora della vita, in quanto può curare le malattie causate dalla sua furia devastatrice, ad essere più frequentemente rappresentata con le fattezze del maestoso animale.

Proprio come una Leonessa, irremovibile nella difesa e pertanto protettiva di quello che le appartiene, la dea Sekhmet era temuta per la sua efferatezza nel proteggere il potere di suo padre Ra nei confronti degli uomini disobbedienti alle sue leggi, e al contempo benevola nei confronti di quegli stessi uomini che svolgevano dei riti per ingraziarsi la sua benevolenza.

La controparte di Sekhmet, leonessa feroce, è Bastet, che presenta nella sua forma di gatta un aspetto più dolce e intimo di quello della sua originaria e preminente forma leonina.

Anche le Sfingi, per metà leoni e metà uomini, venivano poste di fianco alle piramidi. Il volto della Sfinge, impassibile e solenne (come nel caso di quella più famosa posta accanto alla piramide di Chefren, nella piana di Giza), rappresentava il Faraone, posto su un corpo con le fattezze di Leone, quasi a significare una comunanza spirituale con Sekhmet, protettrice dell’ordine del mondo e di Maat. Nella mitologia greca la Sfinge era sorella del Leone di Nemea, e rovina dei Caldei (Esiodo), custode dei tesori (enigmi): ricordiamo la Sfinge che flagellava Tebe e che solo Edipo riuscì a sconfiggere, evitando così la morte, risolvendo l’enigma.

Anche nella Bibbia il Leone è citato molte volte, come simbolo di forza e valore e, pertanto, rappresenta l’imponente ed austera voce di Dio.

Tre esseri hanno un portamento maestoso, anzi quattro sono eleganti nel camminare: il Leone, il più forte degli animali, che non indietreggia davanti a nessuno; il gallo pettoruto; il caprone e un re alla testa del suo popolo. (1)

 Il Signore ruggisce da Sion e da Gerusalemme fa udire la sua voce. (2)

Nell’iconografia cristiana il Leone è attribuito all’evangelista Marco (Leone alato): nel suo Vangelo, descrive Giovanni Battista come la voce di uno che grida nel deserto, richiamando alla mente il ruggito di un Leone. Inoltre Giovanni Battista era solito coprirsi con una pelle dell’animale.

Inizio del Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio. Come è scritto nel profeta Isaia: “Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te, egli ti preparerà la strada. Voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri’” (3)

Nel Tarot troviamo l’Arcano n. 11, La Forza, in cui viene rappresentata una donna che apre con le mani, senza sforzo, le fauci di un maestoso Leone. La donna non appare spaventata, piuttosto sembra avere un perfetto controllo sull’animale: la fermezza che mostra è associata alla gentilezza, a significare come sia possibile dominare il Leone e non farsi dominare da esso. Il significato è analogo a quello della fatica di Eracle, ma nel Tarot si vede un diverso modo di combattere e assoggettare le proprie parti istintive e primitive, le cui energie vanno poste al proprio servizio.

Anche in Alchimia il Leone trova un suo significato. È rappresentato come un Leone verde che ingoia il Sole: simbolicamente raffigura il viaggio di chi ha il coraggio e la forza di proiettare all’esterno di sé un problema interiore poiché è in grado di intraprendere una reale trasformazione. Ingoiare il sole significa riprendersi le energie sperperate, anche inconsapevolmente, e rivedere le proprie esperienze.

Il Leone verde rappresenta la capacità, da parte dell’alchimista, di utilizzare le facoltà che lo legano al mondo, rivolgendole al suo interno. Solo così esso potrà riconoscere, animare e liberare le tre sostanze di cui si dovrà servire: Zolfo (Anima), Mercurio (Spirito) e Sale (Corpo). Processo non  facile, in quanto si tratta di mortificare il proprio Ego, e il sangue copioso che cola dalla bocca del Leone ne è la rappresentazione più evidente. (4)

Ma è soprattutto l’Araldica che ci offre spunti interessanti riguardo al Leone, uno degli animali più frequentemente rappresentato nei blasoni. Nasce, nel XII secolo, il detto Chi non ha un blasone ha un leone. Gran parte delle dinastie dell’Occidente cristiano hanno adottato l’emblema del Leone: maestoso e regale, esprime l’ideale medievale di forza, coraggio e nobiltà, di virile resistenza, di generosità e gratitudine, di vita austera, di benigna affabilità e vittoria clemente.

Il Conte M.A. Ginanni, autore dell’Arte del blasone dichiarata per alfabeto (1756), il miglior trattato di Araldica anteriore al 19° secolo, descrive la valenza del Leone a seconda di come viene raffigurato sugli stemmi: il Leone d’oro in campo azzurro (onorificenza), d’oro nello scudo rosso (generosità e magnanimità), rosso su fondo d’oro (guerriero ardimentoso e fedele), ed altri, ma era l’araldista ad associare la simbologia alla figura, specialmente in funzione delle famiglie che l’adottavano.


(1) Pr 30, 29-30.

(2) Am 1,2.

(3) Vangelo secondo Marco 1, 1-3.

(4) Marcello Puglisi, “Filosofia ermetica. Un percorso iniziatico alla scoperta delle nostre origini” – Editore Tipheret, Acireale (CT), Gennaio 2013.

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