Abraham Maimonide e il Pietismo: i 13 principi guida della disciplina spirituale (2 parte)

Leggi la 1 parte dell’articolo: Abraham Maimonide: la difesa dell’Insegnamento originario di un personaggio sconosciuto

I punti nodali dell’Insegnamento che Abraham Maimonide mise a punto all’interno del movimento del Pietismo sono di rilevante interesse perché corrispondono appieno ai principi fondanti che reggono una seria Scuola esoterica. Vediamoli da vicino.

  1. L’Insegnamento è gratuito: Abraham sosteneva a forza che la Torah non può essere fonte di reddito come prescritto nelle scritture ebraiche.
  2. Lo Shaikh è in primis Maestro di vita: egli doveva rappresentare l’Insegnamento nei fatti con l’esempio concreto della sua vita, permeata di coerenza e dedizione alla via spirituale. Il Maestro assegnava un cammino individuale secondo il temperamento e i diversi livelli di conseguimento.
  3. Il Lavoro interiore non si fa da soli: ogni aspirante discepolo doveva cercare un Maestro o Shaikh che potesse fargli conoscere i propri limiti e condurlo oltre quelli. Il discepolo doveva “attaccarsi” a colui che era già arrivato e seguirne l’esempio e le indicazioni fedelmente. Lo stato di pietà era il culmine di un Lavoro interiore volto a prepararsi all’insediamento della Presenza divina. Abraham sconsigliava la via del completo isolamento poiché sosteneva che il rischio di abbandonare il percorso, perdendo la motivazione iniziale, fosse molto alto.
  4. Il Lavoro interiore porta ad una conoscenza profonda di se stessi: le rinunce graduali dei piaceri del corpo, avevano lo scopo di portare alla luce le emozioni negative e prenderne coscienza, per poi purificare l’anima dalle scorie per farla tornare a splendere. Indicatore dello sviluppo spirituale era la chiarezza della visione intesa come lucidità, capacità di vedere. La visione o spirito di profezia era considerata un’esperienza dell’anima oltre i limiti di questo corpo, possibile solo man mano che ci si alleggeriva dei pesi: l’oscuramento della visione esterna era preliminare all’illuminazione interiore.
  5. L’importanza del gruppo è fondamentale: come detto sopra, il discepolo doveva cercarsi una guida spirituale, un Maestro o Shaikh che a sua volta formava un gruppo di discepoli. Il ruolo del gruppo rientrava in un sistema organizzato di fratellanza con discepoli di diversi livelli di formazione. Abraham sosteneva che, uniti insieme in stato di preghiera meditativa, gli effetti sulla concentrazione davano un risultato maggiore di quello della somma dei singoli. La coltivazione del discepolato profetico era il fulcro del movimento pietista, concentrato attorno ai circoli di fratellanza con un Maestro riconosciuto.
  6. La scelta di aderire deve avvenire su base rigorosamente volontaria: ogni pietista era invitato a sottoporsi ad un regolare processo di autoanalisi per verificare cosa fosse disposto a sopportare; Abraham suggeriva di non essere troppo zelanti all’inizio nella rinuncia per non sabotare l’obiettivo.
  7. L’ipocrisia (riyà) è condannata: Abraham insegnava che un atteggiamento falso e menzognero andavano a scapito della sincerità e dell’autenticità nelle azioni con esiti negativi nella relazione con il prossimo.
  8. Il viaggio è un cammino di gioia: il Pietismo era un viaggio verso l’“arrivo” per il conseguimento dello stato di profezia dove regnava la Presenza divina, per questo il percorso doveva essere un cammino di gioia… la presenza divina non riposa dove non c’è gioia.
  9. La disciplina è importante: Abraham parlava di disciplina interiore (la preghiera) e disciplina esteriore (le azioni); la pratica interiore senza la pratica esteriore era considerata inutile poiché toglieva nel tempo la giusta motivazione a procedere in un percorso spirituale.
  10. L’immaginazione è fondamentale: Abraham sosteneva che la visione o profezia era attivata dalla facoltà di immaginazione data dall’intelletto attivo, grazie a cui era possibile vedere oltre i limiti del corpo e tutta la percezione sensoriale ne veniva modificata. Il Pietismo era considerato un  assaggio del mondo a venire in questo mondo.
  11. La conoscenza deve affiancarsi allo sviluppo spirituale: in questo Abraham si differenziò dalle idee del padre che si basavano maggiormente su di un approccio razionalista per cui la cosa più importante era lo studio e la conoscenza dei testi sacri. Per il Nagid non era sufficiente puntare solo sulla conoscenza di Dio, ma era altrettanto importante che la crescita spirituale avvenisse di pari passo e in modo armonico attraverso l’esperienza pratica del Lavoro interiore.
  12. La cura dei dettagli deve essere rigorosa: Abraham diceva che dall’attenzione ai dettagli si intravede la serietà e la verità delle intenzioni. Ad esempio spiegava che è inutile vestirsi di lana se poi un indumento che richiede le frange non le ha, è inutile vivere in una casa come un eremita dedito al Signore se poi la casa non ha la Mezuzah sullo stipite della porta. Aggiungeva inoltre che gli oggetti come i tappeti per la preghiera, così come i luoghi scelti per le pratiche dovevano essere dedicati e di uso esclusivo per dare la giusta importanza alla sacralità delle cose. Era richiesta inoltre estrema cura e pulizia per gli indumenti dedicati… e così via.
  13. Il fare concretamente fa la differenza: da tempo ormai la perdita della capacità profetica di Israele era attribuita allo stato di esilio che impediva al popolo di ripristinare il contatto con la divinità. Abraham esortava la sua gente a reagire per togliersi dalla condizione di immobilità in cui era caduta. La condizione di esilio era diventata una scusa per aspettare passivamente l’arrivo del Messia redentore: la redenzione, diceva il Nagid, era possibile solo attraverso il sincero pentimento che passa attraverso il duro Lavoro interiore.

Alla luce di quanto illustrato in merito a tale personaggio straordinario, si può meglio comprendere quello che la gente del suo tempo diceva di lui: “Da Abramo ad Abramo non c’è un altro Abramo”.

Bibliografia:

E. Russ-Fishbane, Judaism,Sufism and the Pietists of Medieval Egypt. A Study of Abraham Maimonides and His Times, Oxford University Press, Oxford, 2015.

M. Perani, Dizionario storico dell’inquisizione, Edizioni della Normale, Pisa, 2010, pag. 319-323.

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