Il momento della battaglia era arrivato. Tutto l’accampamento era pronto; l’unico che vagava senza meta era il giovane druido. La notte e la pozione magica gli avevano portato in dono delle visioni: aveva capito cosa lei rappresentasse nella sua vita, e adesso che se n’era andata, sentiva una fitta profonda all’altezza dello stomaco. Ricordava le parole del Saggio Druido quando gli chiese come distinguere un vero sentimento da una semplice emozione: “Il sentimento è una connessione profonda con l’altra persona”.
A quelle parole, lui cercò di indagare il senso, di avere qualche nozione in più, ma il Saggio Maestro rispose: “Cosa vuoi sapere di più? Cosa ti aspetti… che le parole possano spiegarti qualcosa che la maggioranza degli esseri umani non riesce nemmeno a immaginare? Vorresti che le mie parole chiarissero i tuoi dubbi? No, mio giovane allievo, dovrai sudarti la scoperta di tale meraviglia, e, semmai avrai la fortuna di arrivarci vicino, capirai di cosa sto parlando. Solo allora, forse, capirai”.
Il giovane guerriero lo risvegliò dai suoi pensieri: “Dov’eri finito? L’alba sta sorgendo ed è il momento di lanciare il nostro attacco”. Poi, avvicinandosi al suo orecchio, gli sussurrò: “Avremo bisogno della tua magia oggi”. Il giovane druido lo guardò con aria leggermente smarrita, dicendo: “Lei… è andata via”. Il suo amico lo guardò stranito, si girò verso l’accampamento, dove entrambi videro avanzare la giovane druidessa con passo sicuro; per la prima volta portava una spada al fianco. Se le cose fossero andate male, avrebbe combattuto fino alla morte, ma mai si sarebbe fatta catturare dai romani.
Il giovane re si scostò, ed il giovane allievo la vide lì, dinnanzi a lui, in tutto il suo potere. “Pensavo fossi partita”. Fu contento e quasi si stupì di sentire la sua voce ferma e decisa. Lei rispose: “Questo è il momento di combattere. Una druidessa non abbandona mai il campo di battaglia”. Fece un attimo di pausa e continuò: “Qualunque esso sia”. Il giovane druido le prese la mano e la strinse nella sua, mentre i due si guardavano negli occhi, esplorando i loro cuori. Poi disse: “Ho visto delle cose su di noi stanotte”. “Anch’io!” rispose la giovane druidessa. Il contatto delle loro mani esprimeva tutto quell’incontro, e l’energia che si sprigionava dai loro sguardi era chiaramente visibile anche a occhi poco esperti. “Andiamo!”, dissero all’unisono, “La nostra gente ci aspetta”. Adesso tutto era pronto per la battaglia. Il giovane re diede le ultime indicazioni, e ognuno dei suoi uomini si diresse nella posizione stabilita per portare l’agguato ai soldati romani, ormai in arrivo.

I romani avevano seguito perfettamente le tracce lasciate dai loro nemici; volevano prendere ciò che rimaneva di quei guerrieri e distruggerli definitivamente. Le loro forze erano notevolmente superiori e sapevano che per i loro nemici non c’era speranza. La strada che passava in mezzo a quelle due valli era molto stretta, e furono costretti a proseguire in fila indiana. Nessuno notò i guerrieri, completamente mimetizzati tra i cespugli che affiancavano le pendici da entrambi i lati della strada. Nessuno dei romani ebbe un sospetto quando sentirono degli strani versi di animali provenire dagli alberi intorno a loro, fino a che la calma apparente fu interrotta da un boato di tronchi che, dalla cima della montagna, scendevano a valle. Quando l’esercito romano cercò di rifugiarsi verso la cima opposta, una valanga di sassi scese dalla parte in cui avevano cercato rifugio, cosicché buona parte dell’esercito venne ferita o uccisa da quel primo assalto. Gli altri, messi in fuga disordinatamente, cadevano in trappole preparate nel terreno o rimanevano vittime delle frecce avvelenate lanciate dagli alberi, dove i guerrieri celtici si erano perfettamente mimetizzati. Quando la situazione si calmò, i guerrieri romani si compattarono nuovamente nel fondo valle. Il giovane re vide che, nonostante l’imboscata li avesse presi di sorpresa, il loro numero rimaneva estremamente elevato. Intanto, i guerrieri orso e i guerrieri lupo scendevano nudi dalla montagna, indossando solo un copricapo che rappresentava il loro animale totemico. Alcuni, senza spada, utilizzavano i denti come zanne, identificandosi completamente con il loro animale tutelare. Imitando perfettamente con urla spaventose i loro versi, si lanciavano all’assalto dei nemici che li attendevano con sguardi pieni di paura. Altri guerrieri uscirono dai loro nascondigli tra gli alberi e si apprestarono al combattimento per la vita o per la morte, incrociando le spade con i loro nemici.
Dall’alto della montagna, il giovane druido, la giovane druidessa e il giovane re osservavano il protrarsi della battaglia, consci che sarebbe stata l’ultima e definitiva. I loro comandi erano precisi, e a ogni fischio o suono di animale un nuovo gruppo di guerrieri si lanciava nella battaglia. Il giovane druido agitò più di una volta il suo bastone magico per richiamare la nebbia, che arrivava in soccorso dei suoi guerrieri. Inoltre, unendo le energie con la giovane druidessa, crearono un campo energetico che alimentava il corpo emotivo dei loro guerrieri, facendoli sentire invincibili.

Il giovane guerriero si lanciò verso il centro della battaglia, dove si era concentrato il numero più alto di soldati romani che sembravano avere la meglio sui suoi guerrieri. Il suo arrivo ebbe l’impatto di un’onda gigantesca che si schianta sulla spiaggia, portando via tutto ciò che trova intorno a sé.
La sua spada si faceva strada in mezzo alle file dei soldati romani, tanto che nel volgere di poco tempo le sorti di quella parte di battaglia si rovesciarono, e i guerrieri presero il sopravvento della situazione.
Le condizioni della battaglia non erano comunque delle migliori. I gruppi in combattimento, separati tra loro, erano quattro, sparpagliati all’interno della vallata. Se quello del giovane re stava avendo la meglio, gli altri gruppi di guerrieri, nonostante avessero potuto approfittare del fattore sorpresa, erano in difficoltà di fronte al grande numero di soldati romani, disposti a combattere fino alla morte, consci che non c’era alcuna via d’uscita da quell’angusta valle.
A quel punto, la giovane druidessa cominciò a recitare delle formule magiche. Il giovane allievo riconobbe quel canto, lo stesso usato anni prima davanti alla grotta dell’iniziazione. La precisa sequenza con cui la druidessa intonava le Rune stava creando una formula magica, necessaria per attirare un particolare tipo di energia: convogliare l’energia del tuono e donarla ai loro guerrieri. Lui si avvicinò a lei e iniziò a intonare le Rune nella stessa sequenza. Lei gli prese la mano, e lui sentì che dalla sua pelle si sprigionava un calore intenso, quasi ustionante. Ricordò in quel momento la sensazione che provò quando, ancora ragazzini, lei gli prese la mano per la prima volta, ed ebbe lo stesso brivido. Con l’altra mano, entrambi facevano ruotare i loro bastoni in senso circolare, creando una spirale. Quel suono che ghiacciava il sangue, proveniente da voci che in quel momento non erano umane, fece orientare lo sguardo di molti soldati verso la cima della montagna. Ciò che videro fu una luce luminescente, tanto intensa da non poter distinguere i due corpi che la formavano, ormai fusi in un’unica cosa, portando alla vita l’energia della Runa Ehwaz. Il movimento dei loro bastoni scaturì un’energia che inizialmente si presentava come una leggera brezza, per poi trasformarsi col passare del tempo in una forza simile a quella di un uragano. La battaglia si fermò: i soldati romani erano spaventati da tanto potere e da un vento così forte che faceva tremare gli alberi intorno a loro. Poi, i due druidi, uniti nell’intento, lanciarono simultaneamente quella forma di energia in sostegno dei loro guerrieri, pronunciando con forza l’ultima Runa, Sowulo. Dopo ciò, s’inginocchiarono al suolo, esausti per la prova sostenuta.
L’effetto di quell’energia fu incredibile. Il vento cessò improvvisamente, lasciando in ogni guerriero una rinnovata forza, non solo fisica ma anche spirituale.
Era come se fossero stati colpiti dall’energia di un fulmine, che aveva dato vigore e forza a tutto il loro corpo. Sembrava che il loro numero si fosse quintuplicato, tanto da ribaltare le sorti del combattimento. Ma purtroppo non era sufficiente: il giovane druido e la druidessa videro dalla cima della montagna un gruppetto di soldati romani, circa una cinquantina, farsi strada nel sentiero che conduceva verso la cima, con l’intento di prendere alle spalle i guerrieri celti. Durante la costruzione del loro piano, nelle settimane precedenti, avevano ritenuto quella possibilità la più pericolosa in assoluto. Il giovane re era stato chiaro: “Se ci passeranno alle spalle, per noi sarà sconfitta certa. Non siamo in grado di sostenere due fronti: essere presi in mezzo e attaccati dall’alto ci renderà vulnerabili”.
La situazione era ormai disperata. Ma non solo loro avevano notato quel movimento: anche il giovane re si stava muovendo di corsa verso quel gruppo di soldati.
Il giovane druido disse alla giovane druidessa: “Non può affrontarli da solo, va incontro a morte certa. Dobbiamo aiutarlo”, e fece per lanciarsi verso il luogo dove sarebbe avvenuto lo scontro, ma la giovane druidessa lo fermò con una mano decisa sulla spalla. “È la sua missione, non la nostra. È stato chiamato dal Saggio Druido a compierla quando era ancora bambino. Nulla e nessuno può intromettersi tra lui e il suo Wyrd”. Il giovane druido ebbe un moto di sofferenza, ma sapeva che era la cosa giusta da fare, e ricordò le notti passate a parlare nell’attesa di quel momento, in cui avrebbe riparato a tutti i suoi errori. La giovane druidessa continuò: “Vedi quello che vedo io?” Il giovane druido cercò di guardare in quella direzione, ma non vide altro che un guerriero lanciarsi verso la morte. “Osserva meglio!” gli disse, sempre fissando lo sguardo verso la zona della battaglia. Il giovane druido non capiva. Lei continuò: “Il tuo corpo emotivo ti distrae in questo momento. La paura per la sorte del giovane re non ti permette di vedere al di là delle apparenze”. Poi, lo colpì con forza in un punto preciso tra le scapole, permettendo al giovane allievo di accedere a una nuova attenzione e scorgere così i movimenti energetici e una realtà non visibile allo sguardo umano. In quel momento vide un bambino, non più un guerriero, un bambino felice e sorridente correre verso il punto dove prima vedeva i soldati romani, dove ora il Saggio Druido lo attendeva. Cercò di mantenere viva l’attenzione, ma il corpo emotivo lo distraeva, rendendogli difficile mantenere focalizzata la seconda visione. In quel frangente, sentì la voce della giovane druidessa che gli diceva: “Rimani concentrato, focalizza l’attenzione”. Tutto tornò chiaro: era proprio il Saggio Druido, ritto in mezzo al prato, che guardava verso il giovane guerriero che correva verso di lui, adesso non più bambino, ma un valoroso e forte guerriero, proprio come il Maestro gli aveva preannunciato molti anni prima che sarebbe diventato.

L’incontro-scontro con i soldati romani, ben addestrati, fu incredibile. Quando il giovane re giunse su di loro, si aprirono a ventaglio, lasciandolo entrare all’interno del cerchio che avevano creato. Poi, quando fu al centro, si richiusero su di lui. I colpi arrivavano sul giovane re da tutti i lati, ma era la sua spada a farsi strada e a guadagnare terreno. Tutto intorno a lui, i corpi dei soldati cadevano uno ad uno, mentre lui rimaneva ritto in mezzo a loro. Sembrava avesse una corazza invincibile: nessuna spada che affondava nella sua carne riusciva a farlo piegare, e nemmeno un segno di sofferenza appariva sul suo volto. I suoi occhi erano la cosa che più stupiva: gli occhi di un bambino, alla disperata ricerca di qualcosa al di là del nugolo di soldati romani rimasti intorno a lui. La giovane druidessa, con la voce rotta, disse al giovane druido: “Sta cercando Lui!”. “Sì!”, rispose quest’ultimo, in un’atmosfera surreale che non era più quella di una battaglia, ma quella di un uomo che avanzava lentamente, con tutte le sue forze, verso la realizzazione del proprio Wyrd.
Il giovane druido e la giovane druidessa si erano intanto avvicinati al luogo dello scontro. Nessun soldato romano era rimasto in piedi. Quando giunsero di fronte al giovane re, lo trovarono appoggiato alla sua spada, con un ginocchio sollevato e l’altro appoggiato al suolo, ferito ovunque. Alzò lo sguardo e vide i due druidi, poi cadde al suolo, mentre rivoli di sangue scorrevano su tutto il suo corpo. Il giovane druido raccolse la sua testa tra le braccia e si stupì nel vedere i suoi occhi sprizzare gioia. Il giovane re, con un filo di voce, chiese: “La Foresta Sacra è salva?” “Sì!”, rispose il suo amico, mentre guardandosi intorno vide che i loro guerrieri avevano vinto la battaglia. Il giovane re fece un sorriso di soddisfazione mentre cercava, con le ultime forze, di aggrapparsi al suo amico e alla vita, torcendosi dal dolore. In quel frangente, un leggero vento si alzò e mosse i capelli del giovane re come una dolce carezza. Egli smise di lamentarsi, e un sorriso estasiato illuminò il suo volto, rilassando tutto il suo corpo. A quel punto, il giovane druido, percependo chiaramente quella Presenza, gli sussurrò all’orecchio: “Vai da Lui, ti sta aspettando”. Gli occhi del giovane re si riempirono di lacrime di gioia, mentre la vita lasciava il suo corpo tra le braccia di quello che era stato il suo druido.

Il giovane druido adagiò lentamente la testa del suo amico a terra e si alzò in piedi, visibilmente commosso. Poi, rivolgendosi al cielo, pronunciò queste parole: “Oggi muore un corpo umano, ma nasce il mito del giovane re. La sua storia sarà raccontata nei secoli come simbolo di coraggio, lealtà e amore. Le sue gesta saranno ricordate nel tempo, e il suo ricordo vivrà tra il nostro popolo e oltre.” Dopo qualche minuto di silenzio, la giovane druidessa domandò: “Cosa faremo adesso?”. Lui fece qualche passo in avanti, e con il suo bastone disegnò un cerchio, delimitando una porzione di cielo davanti a loro, poi rimase in silenziosa attesa. Sentiva ancora l’energia del Saggio Druido e sapeva che qualche messaggio sarebbe arrivato. Così fu: dopo qualche minuto, due anatre passarono sopra le loro teste, seguite a breve distanza da tutto il branco. Il giovane druido si voltò e disse: “Raduniamo la nostra gente, Bran ci aspetta!”
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