Normalmente, tendiamo a considerare vuoti gli spazi privi di oggetti o persone, affidandoci esclusivamente alla nostra capacità visiva. Vuoto diventa dunque uno spazio senza elementi tangibili, una visione dunque superficiale che ci porta a trascurare le dimensioni più sottili e profonde della realtà che ci circonda.

Ciò che definiamo “spazio vuoto” – infatti – non è altro che un costrutto mentale, una necessità della coscienza di etichettare ciò che non riconosce come materia tangibile. La fisica moderna, invece, ci insegna che lo spazio non è mai realmente vuoto: è attraversato da campi energetici, onde elettromagnetiche e particelle subatomiche in un continuo e eterno movimento. Persino il cosiddetto “vuoto quantistico” è tutto fuorché vuoto: un pullulare di attività, un mare di particelle virtuali che appaiono e scompaiono in frazioni infinitesimali di secondo.
Questa comprensione ci invita a riflettere sullo spazio che ci circonda, sull’importanza di attribuire significato e sul valore di comprendere che, come ci insegna la scienza, ogni spazio vuoto — inteso come privo di significato — è in realtà ricco di energie invisibili ma presenti, che agiscono nella nostra vita influenzandoci. Ogni oggetto, quadro, fotografia o persona a cui non attribuiamo un significato preciso nella nostra vita finirà comunque per assumerne uno, spesso caotico, a noi sconosciuto ma comunque tangibile e reale.
È così che un tatuaggio, scelto semplicemente perché ci piaceva, può influenzare i nostri comportamenti, proprio come accade con quel poster del nostro film preferito che abbiamo appeso in camera a ricordarci costantemente il suo solitario protagonista. Tutto ciò che ci circonda, pur in modo sottile e silenzioso, plasma il nostro modo di percepire il mondo, i nostri ricordi e perfino le nostre scelte, radicandosi nel nostro inconscio e creando connessioni di cui raramente siamo consapevoli.
Questa riflessione ci invita a osservare con maggiore attenzione ciò che ci attornia, chiedendoci se gli oggetti che scegliamo, le immagini che esponiamo o i simboli che indossiamo rispecchiano davvero ciò che siamo o ciò che desideriamo essere. Nulla è neutro: ogni elemento del nostro spazio personale contribuisce a narrare la nostra storia e, al tempo stesso, a influenzare la direzione del nostro cammino.
Nella nostra quotidianità, cerchiamo spesso uno spazio di riposo, un momento di pausa dalle incessanti richieste del mondo. Ci illudiamo che uno spazio privo di oggetti o rumori possa offrirci pace e chiarezza. Tuttavia, anche in quella quiete apparente, la nostra mente rimane colma di pensieri, emozioni, ricordi e aspirazioni. Non esiste mai un vero silenzio, né un reale “vuoto” interiore.
Questa consapevolezza ci spinge a considerare con maggiore attenzione non solo gli spazi esterni che abitiamo, ma anche quelli interiori, imparando a interagire con essi in modo più consapevole e significativo. Questo approccio ci invita a riflettere su come gestiamo lo spazio vuoto e l’importanza di dare significati agli oggetti che circondano la nostra vita. Viviamo in un ambiente ricco di significati, costantemente bersagliati da stimolazioni provenienti dall’ambiente circostante, spesso senza esserne nemmeno consapevoli. Tutto ciò che non viene riempito in modo consapevole rischia di trasformarsi in caos. Quante volte ci troviamo sul divano a scorrere il telefono o a guardare il computer, assorbendo simboli, immagini e pensieri che non dipendono dalla nostra volontà? Quante volte, dopo aver fatto zapping alla televisione o aver scrollato i social network, ci sentiamo svuotati delle nostre energie, come se quello spazio, teoricamente dedicato a noi stessi, fosse stato riempito da stimoli esterni che, oltre a influenzarci in modo sottile, ci sottraggono anche energie vitali?
Una frase molto ricorrente è: “Devo prendermi del tempo per me stesso”, espressione che riflette il desiderio di creare uno spazio vuoto in cui pensiamo di poter ritrovare noi stessi e raggiungere quella calma interiore capace di portare un pizzico di gioia e serenità nella nostra vita. Spesso cerchiamo un modo per coltivare pensieri diversi, illudendoci che il semplice “non fare nulla” possa essere sufficiente. Tuttavia, il vuoto non è mai veramente vuoto: è un contenitore di possibilità.
La scienza esoterica ci insegna che nulla esiste senza un significato. Tutto ciò che ci circonda è impregnato di significato, anche se non sempre ne siamo consapevoli. Questo principio si riflette nella saggezza degli antichi Egizi, che compresero profondamente questa verità. Nei loro templi, non lasciavano neanche un minimo spazio privo di geroglifici o decorazioni. Essi sapevano che ogni spazio lasciato vuoto sarebbe stato inevitabilmente colmato di significati caotici o disordinati, portati dalle influenze esterne. Per questo, attraverso un’attenzione meticolosa, riempivano ogni spazio con simboli scelti intenzionalmente, trasformandolo in un messaggio sacro e ordinato.
Viviamo in una società che ci riempie continuamente di stimoli, insinuandosi in ogni momento della nostra giornata e in ogni spazio della nostra vita. Questi stimoli riempiono i nostri spazi di significati che non ci appartengono, ma che, inconsciamente, finiscono per diventare parte di noi. Essi danno colore e forma a ogni spazio vuoto, trasformandoci in spettatori inconsapevoli della nostra stessa esistenza.
Tuttavia, tutto ciò che ci circonda può diventare un potenziale strumento per conoscerci più profondamente e per avviare un cambiamento. Forse è giunto il momento di alzarsi dal divano e iniziare a fare scelte consapevoli, attribuendo significato non solo agli oggetti e alle persone che ci circondano, ma alla vita stessa. Così utilizzando le parole di Henry David Thoreau, presente nel suo libro Walden, ovvero Vita nei boschi, potremmo dire:
“Andai nei boschi perché desideravo vivere con saggezza, per affrontare solo i fatti essenziali della vita, e vedere se non potevo imparare quanto essa aveva da insegnare, e non, quando venissi a morire, scoprire di non aver vissuto.”
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