Svelato l’arcano: perché gli enneatipi di Naranjo non hanno nulla a che fare con l’Enneagramma e con Gurdjieff (1° parte)

Perché abbiamo scritto questo articolo sulla famosa incomprensione tra enneatipi ed Enneagramma

Negli ultimi anni, l’Enneagramma è diventato un simbolo onnipresente: nei corsi di leadership, nei podcast motivazionali, nei meme sui social. Si parla di “tipi”, di “ali”, di “sottotipi” come se tutto fosse chiaro, codificato, indiscutibile; e quel che è peggio, come se tutto questo avesse a che fare con un sapere antico e misterioso, rimasto inalterato nella sapiente oscurità in cui era stato avvolto.

Enneagramma ed enneatipi

Abbiamo scritto questo articolo per fare chiarezza, ma anche per aprire qualche crepa nelle narrazioni facili. Per ricordare che ciò che oggi viene venduto come sistema di personalità non nasce da un simbolo esoterico di straordinaria complessità, ma ne prende solo il prefisso.

Questo testo non è un attacco al modello di Naranjo che, pur non essendo un approccio riconosciuto in psicologia clinica e di personalità, ha certamente un suo fascino; il nostro scritto è piuttosto un invito a distinguere il simbolo dalla sua commercializzazione, la mappa dal territorio, e magari a ridare dignità a quelle parti della conoscenza che non si lasciano impacchettare dai nostri sistemi di codifica.

Perché conoscere se stessi è un viaggio sacro, e se comincia con un numero, va benissimo. Purchè, naturalmente, lo si chiami con il suo nome.

La storia dell’Enneagramma e gli enneatipi

La metodologia psicologica degli enneatipi ricalca il nome e la numerologia di un simbolo antico e misterioso: l’Enneagramma. Si tratta di un diagramma a nove punte che, ben prima di essere associato a diverse tipologie di personalità, custodiva un sapere simbolico legato alla conoscenza del Cosmo e di tutte le cose, fino alla trasformazione dell’essere umano. Le sue prime tracce affiorano nel Medioevo, come nell’opera del filosofo catalano Ramon Llull, conosciuto da noi come Raimondo Lullo (1305), che utilizzò una struttura simile per rappresentare verità metafisiche e relazioni tra concetti fondamentali. (1) (2)

Nel Novecento, il simbolo dell’Enneagramma comincia a riemergere grazie al nostro ben noto filosofo e mistagogo armeno Georges Ivanovič Gurdjieff (1879-1949), che lo apprese nel corso dei suoi viaggi in Medio Oriente, in particolare tra le confraternite sufi dell’Afghanistan. Gurdjieff lo considerava un simbolo cosmico, capace di rappresentare le leggi universali del movimento e della trasformazione, ma non ne fece mai un sistema tipologico legato alla psicologia della personalità. Non troverete infatti mai nei testi dei divulgatori e principali allievi di Gurdjieff qualcosa che richiami la suddivisione in tipi psicologici. (3) (4) (5) (6) (7)

La svolta arrivò a a partire dagli anni Cinquanta e Sessanta con Oscar Ichazo, antropologo e ricercatore boliviano, che propose una reinterpretazione del simbolo in chiave psicologica. Ichazo associò i nove punti dell’Enneagramma a nove modalità egoiche fondamentali, ognuna correlata a una passione dominante, a meccanismi di difesa e a una possibile idea sacra. Fondò in Cile, nella città di Arica, una scuola in cui sviluppò questo sistema come strumento per la conoscenza di sé. (8)

Negli anni Settanta il lavoro di Ichazo venne raccolto e ampliato dallo psichiatra cileno Claudio Naranjo, che codificò i nove tipi in chiave psicodinamica, creando una vera e propria tipologia della personalità. Fu attraverso il suo lavoro di formazione, psicoterapia e divulgazione che l’Enneagramma conobbe – in questa veste – una vasta diffusione in ambito clinico, educativo e aziendale. (9)

In sintesi, ciò che oggi viene conosciuto come “Enneagramma della personalità” è il frutto di una lunga evoluzione: un antico simbolo esoterico reinterpretato nel XX secolo da Ichazo e Naranjo in chiave psicologica. Se da un lato questa trasformazione ne ha reso accessibile la potenza descrittiva a un pubblico più ampio – che infatti confonde la Quarta Via con l’applicazione della teoria degli enneatipi – , dall’altro ha aperto la porta a un uso spesso semplificato, se non distorto, dei suoi contenuti originari.

Gli enneatipi? Un’interpretazione, non una rivelazione antica

È bene dirlo chiaramente, con tutto il garbo possibile e una punta di ironia per smorzare la tensione: gli enneatipi non sono stati trovati in una grotta sacra né scritti nel fuoco sul Monte Sinai. Sono una interpretazione moderna – certamente interessante, utile e funzionale per la conoscenza psicologica di sè – ma pur sempre un’elaborazione umana, datata e situata, di un simbolo molto più antico e profondo, l’Enneagramma appunto.

Il simbolo originario, come ben sapeva Gurdjieff e come affermano diverse tradizioni esoteriche, non aveva nulla a che vedere con test di personalità o con il decidere se si è un tipo 4 con ala 5 o un 7 sociale un po’ stressato. L’Enneagramma, in quanto tale, è una figura geometrica sacra, una mappa delle leggi universali, una rappresentazione dinamica delle forze che regolano l’esistenza. Parlava di processi, non di etichette. Di movimento, non di categorie.

Poi, nel XX secolo, i due studiosi Ichazo e Naranjo decisero di vedere in quel simbolo una mappa dell’ego e cominciarono a costruire un ponte tra il linguaggio esoterico e quello psicologico. Un’operazione affascinante, certo, ma che va chiamata con il suo nome: una reinterpretazione creativa. Ichazo, antropologo, collegò i nove punti a passioni, fissazioni e difese caratteriali. Naranjo, psichiatra colto e visionario, tradusse tutto questo in modelli psicologici strutturati: nacquero così gli enneatipi.

Da quel momento, l’Enneagramma non fu più solo un simbolo mistico: diventò quindi noto al grande pubblico come un sistema psicologico, un tool per la crescita personale. Ma attenzione: il passaggio da simbolo a sistema diagnostico non fu neutrale. Fu un atto di riduzione, di riformulazione, di adattamento a una certa visione dell’essere umano — quella psicoanalitica, occidentale, del secondo Novecento.

Oggi molti confondono il simbolo con il sistema, il mistero con il manuale. Ma una cosa è certa: l’Enneagramma non “contiene” gli enneatipi, così come un pentagramma non contiene di per sé le canzoni che vi si possono scrivere sopra. È uno spartito, non una playlist.

Quando Gurdjieff diventa un coach motivazionale (suo malgrado)

C’è un errore curioso – e ormai radicato – che aleggia tra i libri da comodino, le stories su Instagram e i workshop di “Enneagramma Experience”: l’idea che Georges Ivanovič Gurdjieff sia il padre degli enneatipi.

D’altronde, lo si capisce: è un nome esotico, misterioso, con quella giusta aura di chi ha vissuto l’Afghanistan e la mistica profonda nascosta nelle pieghe di una vita semplice. Ma no, Gurdjieff non ha mai parlato di enneatipi. Non c’è un appunto, una lezione, un trafiletto nei suoi scritti che classifichi l’umanità in questo modo.

Gurdjieff parlava dell’Enneagramma come di un geroglifico universale, un dispositivo di lettura dei processi cosmici, delle leggi della creazione e della trasformazione. Era un simbolo dinamico, vivo, che rappresentava i cicli naturali, le forze in gioco nell’universo — non le nevrosi del collega che si prende tutto sul personale.

La confusione, però, è diventata virale. È bastato che Gurdjieff portasse il simbolo in Occidente, e subito qualche mente creativa ha deciso che quindi tutto ciò che gira attorno all’Enneagramma deve essere “gurdjieffiano”. Un salto logico notevole, come dire che siccome Einstein parlava di energia, allora il Reiki lo ha inventato lui.

Confondere l’Enneagramma con gli enneatipi, quindi, non è solo una leggerezza storica: è un’operazione che banalizza un simbolo potente, e che ridefinisce un pensatore esoterico come se fosse l’ideatore di un test di personalità con grafici a torta.

La verità, dunque, è davvero semplice:

  • L’Enneagramma è il simbolo.
  • Gli enneatipi sono una lettura moderna di quel simbolo.
  • E Gurdjieff probabilmente si ribalterebbe nel suo monastero caucasico se sapesse cosa ne è stato fatto.

Perciò, la prossima volta che qualcuno ti dice che “Gurdjieff ha creato gli enneatipi”, puoi sorridere e rispondere: “Sì, e Platone ha scritto le recensioni su TripAdvisor delle sue caverne.”

Pronti per la seconda parte? Sarà altrettanto “pesantuccia”, ma non si tratterà – anche in quel caso – di interpretazioni ma di fatti accaduti. A tal proposito, ecco le fonti, per una doverosa verifica. Alla prossima settimana!


Fonti bibliografiche

(1) Llull, Ramon. Ars Magna. Translated by Anthony Bonner, Princeton University Press (1985).

(2) Pavesi, P. FJ. “Design of the modern inquiring system—VII. Ramon Lull (1232–1315) and His ARS MAGNA.” (1991): 85-92.

(3) Gurdjieff, G. I. I racconti di Belzebù a suo nipote. Neri Pozza Editore (1999).

(4) Gurdjieff, G. I. Vedute sul mondo reale. Edizioni L’Ottava (1985).

(5) Ouspensky P. D. Frammenti di un insegnamento sconosciuto, Astrolabio (1976).

(6) Bennet J. G., Un Nuovo Mondo, Ubaldini, 1973.

(7) Bennet J. G., I maestri di saggezza, Mediterranee, 1989.

(8) “Arica Institute.” Arica.org, https://arica.org. Accesso 10 maggio 2025.

(9) Naranjo, C. Carattere e nevrosi. L’enneagramma dei tipi psicologici. Astrolabio (1996).


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4 pensieri riguardo “Svelato l’arcano: perché gli enneatipi di Naranjo non hanno nulla a che fare con l’Enneagramma e con Gurdjieff (1° parte)

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  1. Grazie per questo articolo. posso confermare che talvolta anche in alcuni degli ambiti in cui si studia la Quarta via o si esercitano le Danze sacre l’argomento degli enneatipi si insinua senza la chiarezza e le dovute differenziazioni che invece emergono nella vostra esposizione. Si banalizza, è vero, ciò che aveva divulgato Gurdjieff sul grande tema dell’enneagramma. Questo soprattutto fa presa su chi non ha studiato almeno un minimo la Quarta Via e riesce difficilmente a districarsi su temi così complessi. Personalmente me ne sono tenuta alla larga perché non trovavo connessioni con il pensiero di G., ma è pure vero che queste pratiche stanno prendendo sempre più piede laddove forse non dovrebbero. Confusione ne abbiamo a sufficienza.

    Aggiungo, magari leggermente fuori tema, che alcuni psicologi (che in teoria potrebbero servirsi della teoria degli enneatipi purché, appunto, non miscelata con l’enneagramma), utilizzano la teoria degli enneatipi in modo approssimativo, secondo il mio parere. Fatto del quale sono venuta a conoscenza è che già dopo pochissimi colloqui alcuni di loro indicano al paziente di andarsi a leggere uno o l’altro enneatipo. Dopodiché, il malcapitato va a leggere e si domanda: e quindi? Ma, appunto, questa è un’altra storia…

  2. Interessante la “prima”. Riflettevo su questa (dovuta) precisazione, chiara ed esaustiva, sia nell’esposizione concettuale che nella distinzione tra il simbolo in sè e il suo possibile utilizzo, sacro o profano che possa essere.

    Lavoro con questo Sigillo da anni, la mia chiave di lettura per la contemplazione e la decodifica è la mistica numerica; posso asserire e testimoniare che l’Enneagramma è una “Essenziale condensazione di Conoscenza-Luce stratificata”.

    Tuttavia, a mio avviso, un sigillo, un glifo, e il simbolo in generale, al di là dell’uso che l’astante, in virtù della sua consapevole apertura al suo arcaico linguaggio, ne fa, e in qualsiasi caso lo si approcci, il simbolo per sua natura comunque fa, adisce, risuona, opera.

    Quindi, anche in virtù del momento storico, la mia osservazioneè: al di là dell’uso fatto da Ichazo, Almaas, Narajo ecc., resta comunque il merito che questi personaggi hanno contribuito a far “viaggiare e conoscere” il Sigillo da una sfera ristretta mistico esoterica ad una molto più ampia e generale, offrendo a tutti sia la possibilità di errare nell’interpretazione che quella di intuire profonde e rinnovate decodifiche.

    Lo stesso concetto lo si può applicare al fiore della vita, all’albero sephirotico ecc.

    Infine, in sincerità non credo che siano stati gli Ichazo, Almaas, Narajo ecc. a far si che l’Enneagramma abbia preso questa “piega”, ma è il Sigillo stesso (quale ente cosxiente) che ha decretato la propria divulgazione.

    Grazie del Vs Lavoro, alcune vostre rubriche sono da me seguite con vivo interesse

    Buon Lavoro a Noi

    Hermes

  3. Grazie di tutto: “… della precisazione chiara ed esaustiva …” e dei due commenti, se non contrari, indubbiamente diversi sotto molti aspetti. A un certo punto mi sono accorto che li rileggevo perchè dominato dalla sciocca abitudine di dover dare per forza ragione solo a uno di essi a discapito degli altri e perchè, appunto, non ci riuscivo. Alla fine qualche “io” irrimediabilmente insicuro, ha deciso per me che sarebbe stato giusto prendere da oguno di essi l’insegnamento che avrebbe saputo impartirmi, e così ho fatto. Personalmente ho sempre visto, o voluto vedere, un collegamento deciso tra Naranjo e la Quarta Via, forse cedendo a un impulso romantico, astratto. Oggi la vostra associazione mi da’ la possibilità di approfondire la natura di questa relazione, la sua vera forza, la sua genuinità … grazie ancora.

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