Nella nostra epoca così evoluta, ricca di tecnologia, d’innovazione e di progresso, sembriamo aver perso un senso molto caro ad alcune tradizioni passate: il senso della vergogna.
Ci vergogniamo solo di avere i capelli fuori posto, la giacca fuori moda o la macchina sporca, ma in quanto al mentire, al tradire, al promettere e non mantenere, all’approfittarsi della generosità altrui senza riconoscenza, ben poco ci importa.
Quel che conta è soddisfare i propri interessi, sopravvivere giorno dopo giorno senza badare ad altro. Costruiamo rapporti solo per utilità personale, per poi sparire alla prima difficoltà. Ci muoviamo sul palcoscenico della vita con meticolosa ed ossessiva attenzione verso i passi falsi degli altri, ma ci copriamo gli occhi davanti ai nostri.
Se qualcuno cercasse di vivere secondo regole di altri tempi, in controcorrente con la tendenza attuale, potrebbe forse essere considerato folle, troppo “rigido” o utopista, ma un tempo non era così.
Vi era un’epoca in cui la parola data, la dignità e la verità erano considerati i principi vitali più importanti, e si poteva anche morire per difenderli. Era l’epoca dei cavalieri, così come viene magistralmente evocata da Gaspare Cannizzo nel libro Cavalleria e Cavalieri.
La nascita della cavalleria medievale è stato uno degli eventi più importanti nella storia dell’Europa dalla nascita della religione cristiana fino al XVIII secolo.
I cavalieri erano uomini che vivevano nel rispetto di un particolare codice etico, chiamato il codice della cavalleria, che possiamo riassumere in questi grandi cardini: fedeltà alla parola data, lealtà nei confronti di tutti, generosità, protezione e assistenza verso coloro che ne hanno bisogno.
Questi uomini potevano partecipare alla tavola del Re. Portavano particolari armi, vesti e colori. Le loro armi e i loro cavalli non potevano essere confiscati e, se prigionieri, non venivano chiusi a chiave dentro le celle, bastava solo la loro parola a garanzia del fatto che non sarebbero fuggiti.
Essendo un nobiluomo e un dispensatore di giustizia, il giudizio del cavaliere era insindacabile, al punto tale da essere rispettato anche dai re.
L’amore e il rispetto della donna furono gli aspetti più nobili della cavalleria, che muovevano il cavaliere verso l’eccellenza oltre i propri limiti. Impensabile che un cavaliere non volgesse un pensiero alla sua dama, che non la invocasse nei momenti difficili, che non le dedicasse le imprese, che non ne portasse i colori o qualche simbolo.
In battaglia erano invincibili, sorretti dalla loro fede, dall’amore per la loro dama e dal loro coraggio. I cavalieri non combattevano per difendere il loro valore ma per i loro ideali. Avevano il culto della verità, il dovere di mantenere la promessa fatta ad ogni costo, fosse anche la morte. Questo portava i cavalieri ad affrontare i loro nemici senza paura, al punto tale che era disonorevole per i cavalieri templari ritirarsi dalla battaglia anche se soli davanti a tre nemici.
Un cavaliere non diventava tale per nascita ma attraverso un apprendistato che durava dai sette ai quattordici anni, alla fine del quale doveva dimostrare le sue qualità prima di poter essere insignito attraverso una cerimonia d’investitura.
Forse l’antico codice risuona ancora oggi dentro il cuore di qualche misterioso nobile cavaliere, anche se oggi è chiamato ad affrontare altri tipi di battaglie rispetto al passato, ma non per questo meno faticose e rischiose.
Un cavaliere è votato al valore,
il suo cuore conosce solo la virtù,
la sua spada difende gli inermi,
il suo potere sostiene i deboli,
le sue parole dicono solo la verità,
la sua ira abbatte i malvagi.
Chi nasce o diviene libero cammina con passo libero nell’universo e nel Qui ED Ora sulla Meravigliosa Terra dove nel breve soffio di un attimo … E’/Diviene sempre più realtà. Gaetano Ps: Questa da sempre la vera natura dei Cavalieri … In particolare i Cavalieri Templari … dei Gentilhomme … Affermare ed aiutare la liberta dell’uomo e di tutta l’umanità e della stessa vivente Terra. Gaetano