Chi conosce Monsieur Chouchanì?

Avete presente la comune concezione di maestro spirituale? Bello, elegante, con un sorriso zuccheroso sempre stampato sulla faccia, spargitore di concetti buonisti infarciti di parole amorevoli, umilmente alla ricerca di fama e notorietà, con il conto in banca proporzionale al non-attaccamento dei suoi devoti?

Bene, questo è proprio quel genere di immagine che ci fa rabbrividire molto di più del freddo intenso di questi giorni. La nostra unica consolazione è il pensiero che questi personaggi siano in realtà maestri illuminati che recitano (benissimo) questo ruolo per mettere alla prova il genere umano e fargli toccare con mano la sua follia. Un insano pessimismo ci fa però dubitare di questa ipotesi…

Se proviamo però a spingerci un po’ oltre la nebbia della spiritualità annacquata cui siamo ormai assuefatti, possiamo intravedere delle luci abbaglianti che attraggono ma allo stesso tempo terrorizzano, perché destabilizzano le nostre confortanti idee di conoscere già la verità della vita o, al contrario, che tale verità sia un’illusione.

Ci sono esseri che lasciano impronte indelebili del loro passaggio su questa terra. E sembrerebbe che più queste impronte sono profonde, più l’identità di tali esseri rimane volutamente ignota e nascosta.

È questo il caso di colui che si faceva chiamare Monsieur Chouchanì (il vero nome non si saprà mai). Spuntato improvvisamente dal nulla nella Parigi del dopoguerra e sparito nel nulla nello stesso modo, è considerato da molti come uno dei più grandi enigmi irrisolti del XX secolo.

Un clochard senza età, senza patria, senza dimora, un profeta errante che parlava perfettamente e con lo stesso accento qualsiasi lingua dei suoi interlocutori. I francesi giuravano che era francese, i tedeschi che era tedesco, gli arabi che era arabo, e così via (sono emerse testimonianze per 70 lingue differenti).

I grandi sapienti del tempo, come fisici, matematici, biologi, filosofi, lo consideravano più erudito di loro nella loro materia, una persona inspiegabilmente geniale. Lo stesso Einstein lo incontrò e rimase scioccato nel constatare che le loro conoscenze in termini di fisica erano uguali.

Le più grandi figure religiose dell’epoca, rabbini, imam, sacerdoti, lo consideravano loro maestro e geniale depositario di tutte le conoscenze della loro tradizione. Chouchanì conosceva a memoria tutta la Bibbia, il Talmud, il Corano… insomma tutti i testi sacri. E nessuno lo vide mai con un libro in mano, ma solo e sempre con una semplice valigia di cartone.

Ma la sua genialità (per quanto questo termine è forse inappropriato e limitante) non si estendeva solo alla sua conoscenza, alla sua memoria e alla sua dote linguistica. Quello che più di tutto impressionava era la sua capacità di stimolare, di far riflettere, di distruggere le certezze per spingere le persone a superare le loro visioni limitate.

Poteva trascorrere 4 o 5 ore nel commentare instancabilmente anche solo una piccola frase della Torah, aprendo continuamente nuovi scenari e senza mai ripetersi. Incarnava indubbiamente una missione esistenziale troppo lontana dalla comune concezione umana, al punto tale che sarebbe vano e ridicolo tentare di farsene un’idea.

Dove dormiva? Dove mangiava? Come viveva? Nessuno lo sapeva. Semplicemente appariva di volta in volta in diversi luoghi, come sinagoghe o università, e ovunque andava diventava subito il protagonista indiscusso del momento, spesso distruggendo la presunzione di coloro che gli capitavano a tiro con una severità agghiacciante.

Un essere del genere affascina e intimorisce. Attrae perché apre vasti scenari misteriosi tutti da scoprire; intimorisce perché ci fa sentire estremamente piccoli di fronte alla vita, e fragili nelle nostre convinzioni. La sua conoscenza non poteva essere frutto di un apprendimento classico e lineare, ma piuttosto sembrava che la sua coscienza fosse la conoscenza stessa.

Le poche testimonianze su Chouchanì rivelano inoltre la possibilità che siano esistiti e (perché no) che esistano tutt’ora altri esseri come lui, nascosti chissà come e chissà dove. Ma ancora di più, rivelano che ognuno di noi porta il seme della possibilità di trascendere la natura umana così come (comodamente) la concepiamo.

Purtroppo esistono ancora pochi scritti su di lui in italiano. Due libri sono al momento disponibili: La valigia quasi vuota, di Haim Baharier (Garzanti) e la recentissima pubblicazione Monsieur Chouchanì, di Salomon Malka (Morcelliana).

Esiste inoltre un apposito spazio web – http://www.chouchani.com/ – dove si raccolgono le testimonianze di coloro che Chouchanì ha incontrato sulla sua strada, forse con un altro nome, forse presentandosi con una diversa immagine.

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