Il simbolo del Basilisco

Nei racconti mitologici troviamo spesso animali fantastici, che esistono sul piano simbolico, ma non nella realtà, cui vengono attribuiti poteri particolari. Non è questo il caso del Basilisco, creatura reale, che vanta un nome mitologico e altrettanti poteri simbolici come gli animali fantastici.

Il Basilisco è un piccolo rettile, vagamente simile a un’iguana, ma assolutamente singolare nell’aspetto e in alcune sue particolari abilità. Nel corso dei secoli è stato trasformato in una delle creature mitologiche più note e spaventose, assieme all’aquila arpia e ad altri uccelli e rettili altrettanto particolari.

Nei Bestiari e nelle leggende greche ed europee, il Basilisco (dal greco βασιλίσκος , basilískos, “piccolo re” da βασιλεύς,  basiléus, “re”; in latino rēx, regis) è una creatura mitologica citata anche come “re dei serpenti” (epiteto che gli deriva da una macchia bianca che ha in testa come fosse un diadema). Viene dipinto con l’aspetto di un rettile con la testa di gallo.

A questa creatura viene attribuito il potere di uccidere o pietrificare con un solo sguardo diretto negli occhi di colui che non è stato capace di evitarlo, una sorta di Medusa dall’aspetto di rettile.  Plinio il Vecchio, scrittore e filosofo vissuto nei primi decenni dopo cristo, così come Solino, scrittore romano vissuto fra la prima metà e la fine del III secolo, descrivono il basilisco come un piccolo serpente, lungo meno di venti centimetri ma è la creatura più mortale in assoluto. Chiunque entri in contatto col suo fiato o venga morso dal Basilisco, muore sul colpo.

“È un drago che ha sulla testa una corona d’oro, grandi ali spinose, una coda di serpente, che termina con la testa di un gallo. Il suo fiato avvizzisce la frutta. Il suo sputo brucia e corrode. Il suo sguardo spacca le pietre. L’odore della donnola lo uccide. […] Altra arma contro di lui è lo specchio: il basilisco è fulminato dalla sua propria immagine. È l’idea del maligno che lo morde”. (1)

“Si dice che gli uomini, alla sua vista, udito il suo sibilo oppure al suo semplice cospetto moriranno all’istante; così anche gli altri animali che si avvicinano a lui, anche se giace a terra morto, muoiono immediatamente. Per questo motivo tutti gli animali evitano la sua vicinanza”. (2)

Questa creatura, narrano i racconti, abita nel deserto che è in grado di creare autonomamente: è infatti in grado di seccare ogni tipo di pianta e indurre desertificazione di tutti gli ambienti che attraversa.

Sembra che il Basilisco abbia avuto origine dall’insolita deposizione, da parte di un gallo anziano, di un uovo perfettamente sferico, che è stato covato da serpenti e rospi in particolari nidi e per un tempo di circa nove anni. Appare evidente una simbologia nascosta dietro l’immagine del gallo anziano, un maschio presumibilmente saggio, che procrea in nove anni invece che in nove mesi una creatura a suo modo perfetta (l’uovo sferico). Un drago dai poteri malefici enormi, con significati reconditi tutti da indagare.

Gli unici animali che sembrano capaci di poter sconfiggere un basilisco sono le donnole, destinate tuttavia a morire dopo lo scontro e i galli, il cui canto gli è letale. Sempre la leggenda dice che l’animale muore se guarda la sua immagine riflessa nello specchio. Anche in questi elementi, in particolare nell’archetipo dello specchio, è possibile ravvisare interessanti significati che rimandano alla simbologia utilizzata da diverse Antiche Tradizioni.

In Alchimia, ad esempio, era la figura del Fuoco Devastatore. Si credeva che le polveri di un basilisco bruciato potessero trasformare l’argento in oro, e in generale che permettessero di purificare i metalli.

Come il Drago, anche il Basilisco rappresenta simbolicamente un’immagine dell’inconscio, terribile e mostruoso per chi lo ignora e non lo riconosce, diventandone vittima. Lo specchio, dal quale questa creatura rifugge perché letale per sé stesso, diventa fondamentale per l’uomo che vuole riconoscere e superare i propri lati d’ombra.

Tutti i mostri della nostra vita sono forse belle principesse che attendono di vederci belli e coraggiosi. Tutte le cose terrificanti sono cose prive di soccorso in attesa del nostro aiuto.” (3)

Il Basilisco viene citato in numerose opere come la Bibbia o il Bestiario di Leonardo da Vinci, così come lo cita il filosofo Voltaire nel capitolo XVI di “Zadig”. In tempi decisamente più moderni questa mitologica creatura si è aggiudicato parti importanti in moderni romanzi, film e giochi di ruolo come “Dungeons and Dragons” e “Final Fantasy”.

Come non ricordare infine la celeberrima serie di “Harry Potter” dove il Basilisco è il gigantesco serpente dallo sguardo mortale che il protagonista affronta nel capitolo della “Camera dei Segreti”.

Quale fama immensa si è conquistata questo piccolo rettile (Basiliscus plumifrons) di circa 60 cm di lunghezza che vive negli ambienti fluviali delle foreste del Centro/Sud America ed è tutt’altro che un animale letale! Però, come si diceva all’inizio, oltre ad un aspetto particolare, è famoso per una sua originale abilità: quella di saper correre rapidamente sull’acqua per sfuggire ai predatori.

Il Basilisco è capace di muovere rapidamente le grandi zampe posteriori, dotate di frange squamose che, sbattendo, formano bolle d’aria tra le dita e l’acqua, consentendogli di percorrere parecchi metri come se camminasse su un salvagente naturale, alla ragguardevole velocità di 10 km/h.

Alla fine, anche l’innocuo animaletto che porta un nome così impegnativo, si è guadagnato un appellativo di tutto rispetto. La sua particolare abilità di camminare, anzi di correre, sulle acque, gli ha fatto conquistare il soprannome di Lucertola di Gesù Cristo!

Sitografia:

www.thedifferentgroup.com – Rachele Spezzano “Il Basilisco: lo strano rettile tra leggende e realtà”, 10 Novembre 2019.

www.focusjunior.it – Elena Masala “Il Basilisco non è solo una creatura mitologica”, 03 Marzo 2021


(1) Plinio il Vecchio, “De Naturalis Historia”, 77-78 d.C.

(2) C. Galeno, “De Theriaca ad Pisonem” (VIII), Editore Olschki, 1959 

(3) R. M.Rilke , “Lettere ad un giovane poeta”, Ed. Adelphi, 1980

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