In alcuni testi relativi allo Yoga vengono elencate una serie di austerità per l’Iniziato ed una di queste è la letizia. Può sembrare strano che un elemento come la letizia venga associato all’austerità, ma pensiamo al grosso filone di filosofie e pratiche sfociate in quello che gli occidentali (e gli orientali occidentalizzati) hanno chiamato “Yoga della risata”: la radice è la medesima, sebbene in molti casi affrontata in modo parziale o superficiale.

Indubbiamente è vero il fatto che uno stato costante di letizia abbia a che fare con la volontà; la serenità, infatti, può essere raggiunta solo quando si è disposti a fare lo sforzo necessario per bypassare in modo autentico le emozioni negative.
Tuttavia molti aspiranti iniziati o simpatizzanti per ciò che definiscono spirituale, anziché tendere a questo fine, sembrano esercitarsi a creare l’effetto esattamente opposto, diventando inspiegabilmente sostenuti e inclini a prendersi molto sul serio.
Da cosa nasce questa tendenza? Probabilmente entrando in contatto con nozioni riguardanti il karma, i Maestri, l’Immortalità e argomenti collegati, queste persone ritengono di dover mostrare la differenza esistente tra loro e tutti gli altri. Tale differenza però, se proprio la si volesse manifestare, dovrebbe essere caratterizzata dalla gioia e non dalla mestizia.
Di pari passo alla gioia, una preziosa qualità ad essa collegata è l’umorismo. Il senso dello humor ci permette di non cadere nell’errore a cui si alludeva prima: la tendenza a prendere noi stessi troppo seriamente. Se riuscissimo infatti a scorgere il lato umoristico di ogni avvenimento, ci comporteremmo in modo molto più consapevole rispetto a quanto normalmente facciamo.
A rinforzo di ciò, possiamo certamente affermare che la “politica del malumore” sia al contrario in grado di nuocere gravemente alla causa della spiritualità. Chi percorre un sentiero iniziatico, infatti, non lo fa solo per il suo proprio bene, ma per il bene in generale; stante a questa premessa, come potremmo invogliare altri a interessarsi a questa dimensione di crescita, se l’unico effetto visibile che questa ha su di noi fosse quello di renderci persone cupe o indesiderabili per la società? Come reagiremmo se qualcuno venisse da noi a dirci: “Sono venuto a conoscenza di un’importantissima filosofia e vi esorto a dedicarvi al suo studio: possiede l’incredibile potere di rendervi profondamente malinconici”?
Tutte le debolezze umane, in fondo, sono realmente ridicole, ma proprio per questo è indispensabile guardarle con quest’ottica, invece di lasciarci sviare dall’illusione secondo cui, oltre ad essere necessarie, abbiano in sé una loro dignità da difendere. Fino a quando considereremo le emozioni negative necessarie e addirittura nobili, non potremo giungere ad un senso di realtà.
Spazziamo dunque via questa illusione ed osserviamo la nuda verità dei fatti: questo è l’unico modo per recuperare il senso della misura, risvegliare la ragionevolezza ed il senso dell’umorismo, perché è proprio quest’ultimo ad agire in noi come un equilibratore del nostro carattere. Noi tutti abbiamo questa questa possibilità, dunque è bene iniziare a coltivare e a fare uso del buon umore se vogliamo acquisire saggezza. Se aveste tre gambe invece di due, che vantaggio ne trarreste se non imparaste ad usarla?
La pratica è tutto, ed esiste la pratica della gioia. La gioia ci renderà piacevoli, altruisti ed acuirà la nostra capacità di visione. Un giorno, inizierà ad agire a livello inconsapevole e saremo in grado di mantenere questo stato in modo sempre più costante. Quello sarà il primo indizio di raggiungimento di un’importante vetta spirituale, che ci renderà in grado di vedere le nostre ed altrui miserie senza maschere né tormenti.
Bibliografia:
C. Scott, Il Maestro, Edizioni Synthesis, Pinasca (TO), II edizione 2013.
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