Bran e il mare – Dialoghi con il Druido (cap. 17)

Romanzo celtico esoterico – Leggi il capitolo precedente

Mentre la battaglia imperversava nelle terre dei suoi amici druidi, Bran non capiva perché avesse delle fitte profondissime al costato, tanto forti da doversi fermare. Qualche volta il dolore era così profondo da costringerlo ad accasciarsi al suolo, come se fosse stato trafitto da una spada. Non sapeva, infatti, che la battaglia tra i Romani e la sua gente era cominciata nell’esatto momento della sua prima fitta, come non era a conoscenza del fatto che l’energia di rigenerazione e guarigione era dovuta alla cerimonia magica dei suoi fratelli druidi.

Bran sulla spiaggia

La cosa più stupefacente fu che quell’energia arrivò a lui quando si trovò, ormai disperato e convinto di essere vicino alla morte, ad alzare la testa e vedere per la prima volta il mare. La distesa d’acqua che vide dinanzi a sé fu uno spettacolo che lo lasciò senza fiato, sia per i suoi occhi che per la sua anima. In quell’istante i pensieri di Bran andarono alle parole del suo mentore, il giovane druido, quando gli comunicò, senza nessun preavviso, della sua partenza: “Andrai verso nord e attraverserai il mare finché troverai un’isola dove fermarti e portare il nostro insegnamento. Dovrai istruire altri allievi e formare nuovi druidi. Facendo questo, farai sì che le nostre tradizioni continuino e l’insegnamento del saggio druido non venga dimenticato. Nelle mie visioni ho visto all’interno dell’isola una Foresta che potrà diventare un luogo Sacro, un luogo ricco di energia che dovrai trovare, consacrare e proteggere, un luogo che i Romani faranno fatica a raggiungere”.

Al ricordo di queste parole, un’intuizione, come un fulmine che cade in una giornata serena, balenò nella sua mente. Il giovane allievo era il suo migliore amico, il suo confidente, il suo compagno di avventura, ma in certi momenti tutto ciò cambiava e si trasformava nella voce del maestro. Realizzò, solo in quell’istante, che il loro rapporto comprendeva due mondi, completamente separati, anche se probabilmente uniti da un unico sentimento che comunque prendeva forme e significati diversi in base al momento che stavano vivendo. Il primo mondo era quello ordinario, il mondo dei corpi e delle personalità; poi esisteva un secondo mondo, quello magico, dove loro non esistevano più con i loro nomi e la loro storia: quello era il mondo dei druidi. Una lacrima di profonda commozione fece capolino quando realizzò che, quando il giovane allievo lo aveva allontanato dal villaggio, gli stava parlando dal secondo mondo, mentre lui aveva risposto, come una persona qualunque, dal primo mondo, quello della personalità ferita. La stessa cosa accadeva con la giovane druidessa, perché anche lei entrava e usciva dai due mondi a seconda della situazione. Ecco perché anche le sue parole molte volte sembravano arrivare direttamente dal saggio druido. La loro vista si era acuita nel guardare al di là dell’apparenza delle cose, oltre l’ordinarietà del Wyrd, perché osservavano la successione degli avvenimenti dal secondo mondo, dove tutto è semplice e pura energia. Molti pensieri passavano in fretta nella sua mente, come nuvole sospinte dai forti venti del nord, e lo torturavano interiormente perché ora poteva vedere chiaramente tanti eventi passati sotto una luce differente. In quel momento, si sentì come un bambino dell’asilo che scopre che i suoi migliori amici frequentano l’università. Le gambe non lo reggevano e si sedette su un tronco, pensando a tutte le volte che non aveva compreso la differenza, che si era irritato, arrabbiato con loro, infastidito perché non considerato come avrebbe voluto. In realtà era lui che non comprendeva, era lui che non si connetteva… Restò così a riflettere su quella scoperta, tra la gioia per aver compreso e la sofferenza di non averlo fatto prima.

Intanto fissava quella distesa d’acqua, chiedendosi come avrebbe fatto ad attraversarla. In cuor suo, ora sapeva che, se quella fosse stata la sua missione, e lo era, l’aiuto sarebbe sicuramente arrivato. Così rimase seduto in riva al mare ad attendere un segnale, un messaggio che gli indicasse la via da seguire. Molte ore passarono e la sua pazienza e la sua fede vennero messe tante volte alla prova, ma non si mosse di lì, anche se molti pensieri cercarono di offuscare il suo obiettivo e la sua determinazione. Questa volta non avrebbe ceduto. Troppe volte si era ritirato dinanzi a delle prove, troppe volte gli era stato fatto notare che le cose succedono proprio quando si supera la soglia di resistenza tra il pensiero critico e la conoscenza del mondo magico.

Quando la vita, che per lui era rappresentata dal volere del Saggio Druido, decise che la prova era superata, comparve sulla scogliera, a distanza di sguardo, un gruppo di persone. Bran si avvicinò a loro, non capendo da dove fossero precisamente arrivati. Scoprì che parlavano la sua lingua: erano un gruppo di individui costretti, da un periodo di forte carestia, ad allontanarsi dal loro villaggio. Con un certo stupore, scoprì che qualche mese prima avevano deciso di partire per la “verde isola”, così la chiamarono, e di fondare una nuova comunità al di là del mare. Si erano accordati con un barcaiolo per essere prelevati proprio in quel punto della costa quella stessa notte. Bran sorrise pensando a cosa i suoi amici gli avrebbero detto: “Hai bisogno di altre prove o questa è sufficiente per farti capire che nulla è impossibile davanti a un intento chiaro? I movimenti del Wyrd seguono linee energetiche che un druido può imparare a direzionare.”

Barcaioli in viaggio

A Bran fu accordato di salire a bordo e di affrontare la traversata verso l’ignoto con loro.

Il viaggio fu sereno e molti tra loro pensarono che la presenza di un druido ne fosse la ragione; davano grande risalto alle capacità dei druidi di controllare le forze della natura. Inoltre conoscevano di fama il Saggio Druido della Foresta Sacra; Bran all’inizio sorrideva quando lo includevano nella stessa categoria a cui apparteneva il suo maestro, pensando: “Figurati, non riesco a controllare neanche me stesso e pensano che possa controllare le forze della natura”. Infatti, conosceva bene i principi con cui si muoveva la vita e sapeva, come gli era stato insegnato, che è possibile interagire con le forze della natura, controllandole, solo se si è imparato a controllare le forze che vivono dentro di sé. Ma più il tempo passava, più quei complimenti cominciavano a diventare reali, facevano breccia tra i suoi pensieri e, depositandosi giornalmente, costruivano la sua nuova realtà, diventando parte della sua storia personale. Anche se sapeva bene, come insegnato dal suo maestro, che in genere una persona è la storia che si racconta su se stessa, non, come dovrebbe essere, l’insieme dei fatti che ha vissuto e l’hanno condotta fino a quel punto della sua vita. E quella storia era troppo allettante per Bran per non farla propria. Altro elemento importante che accentuava quell’identificazione era il rispetto con cui quelle persone lo consideravano, ascoltando le sue parole con attenzione e deferenza. Nella mente di Bran si faceva spazio un nuovo pensiero: “Ho scelto di diventare un druido per aiutare le persone, questa gente ha bisogno di me. Non è forse questa la missione a cui sono stato chiamato? Il nostro incontro non sarà certo dovuto al caso.”

La mattina in cui approdarono sull’isola, colui che si era proclamato capo di quel clan chiese a Bran di rimanere con loro come guida spirituale, il loro druido, e di aiutarli nella costruzione di un villaggio che sarebbe sorto proprio lì sulla costa. Era il messaggio che aspettava; adesso, tutto era chiaro: questa era la missione per cui era partito, aiutare quelle persone e fondare una comunità, mettendo ciò che aveva imparato a loro disposizione. A rafforzare il suo pensiero non mancavano gli sguardi innamorati di una giovane fanciulla, con la quale aveva passato diverso tempo durante la traversata e per la quale sentiva una forte attrazione. Fu così che Bran accettò la loro proposta, dimenticando completamente le parole del suo amico e la sua vera missione.

Il giovane re tra i romani

Il giovane druido e il giovane re avevano ritirato l’esercito tra le montagne e si erano nascosti tra i boschi. Avevano saputo dalle loro spie che l’esercito romano aveva rinsaldato le sue fila, deciso e determinato a vincere quella guerra. Nell’attesa dello scontro, cominciarono a costruire trappole e fortificazioni tra i boschi, cercando i punti strategici dove portare i loro attacchi. Sapevano che i Romani avrebbero fatto fatica a muoversi negli stretti sentieri di montagna e avrebbero dovuto passare tra le anguste valli in fila indiana, cosa che avrebbe indebolito i loro soldati, capaci di combattere in formazione e non nel corpo a corpo. Ma come attirare i loro nemici verso di loro? Il giovane re aveva un piano: l’unico modo era di ritornare sui loro passi e affrontare l’esercito romano in battaglia e ad un certo momento fingersi sconfitti e indietreggiare, lasciando abbastanza tracce da essere inseguiti fino al punto in cui loro avrebbero voluto. La cosa non era facile da attuare; il giovane druido era preoccupato, sapendo che molti sarebbero morti in quella missione e che la fuga non sarebbe stata semplice, considerando che le forze in campo sarebbero state molto differenti.

Alla fine, anche il giovane druido dovette convenire che quella era l’unica soluzione e, come stabilito dal piano del suo amico, ci fu lo scontro. L’esercito del giovane guerriero avanzò spavaldamente verso i Romani, che, vedendo arrivare il nemico, si erano schierati in assetto da guerra. Anche il coraggio del giovane re vacillò per un attimo quando vide quanto numerose fossero le file del nemico, ma non si fermò. Anzi, alla testa dei suoi guerrieri lanciò il suo grido di battaglia e corse incontro al suo destino, seguito da tutta la sua gente che avrebbe donato volentieri la vita per seguire l’esempio del loro condottiero. La battaglia fu cruenta e l’esercito romano, come da programma, mise in fuga l’esercito del giovane re. Una cosa non era stata considerata propriamente: la differenza numerica. Infatti, i soldati romani, di molto superiori nel numero, rischiavano di circondare completamente l’esercito del giovane re da tutti i lati; se questo fosse successo, sarebbe stata la fine di tutte le battaglie. Fortunatamente, una fitta nebbia si alzò all’improvviso, permettendo ai guerrieri di allontanarsi verso le montagne. I Romani, ormai convinti che i guerrieri celti fossero allo sbando, pochi e spaventati dalla forza del nemico, decisero di avanzare al loro inseguimento, ma stavano semplicemente seguendo alla lettera il piano escogitato dal giovane re e dal suo druido.

Non c’era infatti nessun popolo in grado di combattere come loro nella foresta e che la conoscesse così bene e profondamente. La capacità di mimetizzarsi tra gli alberi, di nascondersi nelle radure e tra le rocce: questa era la loro forza e questa avrebbero usato per sconfiggere coloro che volevano impadronirsi delle loro terre e distruggere la loro Sacra Foresta. Il giovane druido, dopo lo scontro tra i due eserciti, ritornò all’accampamento dove lo attendeva la giovane druidessa. Si erano accordati che lei sarebbe rimasta a soccorrere i feriti mentre lui avrebbe seguito da vicino la battaglia per aiutare con la sua arte magica i loro guerrieri. La druidessa capì subito che qualcosa era successo in lui: la sua energia era diversa rispetto a quando si erano lasciati. Non fece domande; se c’era qualcosa da sapere, lui l’avrebbe dovuta raccontare.

La sera, mentre mangiavano soli vicino al fuoco, la giovane druidessa ruppe il ghiaccio parlando di Bran: “Sono passate molte lune da quando è partito…”. Il giovane allievo alzò lo sguardo e disse: “Sarebbe bello fosse qui con noi, il suo aiuto sarebbe importante, ma non era questa la sua missione”. Poi, guardando la giovane druidessa, continuò: “Quali sono i tuoi dubbi?” La giovane druidessa era pronta a quella domanda o forse era proprio quella che cercava e rispose: “Sai benissimo che ti ho appoggiato nel momento della sua partenza e solo il cielo sa quanta fatica ho fatto. Ma ogni tanto penso: e se avessimo sbagliato? E se avessimo interpretato male i segnali arrivati? L’abbiamo mandato incontro all’ignoto e magari incontro alla morte”. Il giovane druido alzò lo sguardo verso il cielo in cerca di ispirazione o di conferma di quanto fatto, poi concluse: “Era la cosa giusta da fare in quel momento, non possiamo guardare indietro. Ogni giorno dobbiamo prendere decisioni difficili, a volte i pesi che comportano queste decisioni sono enormi. L’unica certezza che abbiamo è la nostra capacità di metterci in discussione e di analizzare ogni cosa da mille punti di vista, sentendo che interiormente la decisione che prendiamo non è spinta da alcuna polarità. Le conferme ci arrivano poi, dalla vita, in mille modi diversi”. Poi, con un pizzico di nostalgia, continuò: “Lui non c’è più. È nostro compito prenderci carico della nostra gente. Ed anche se difficile, questo è l’unico modo che ci ha insegnato”. Rimase per un secondo agganciato al pensiero del Saggio Druido, poi si scosse e disse: “Se ti consola, Bran sta bene, lo sento chiaramente, sta affrontando le sue prove come tutti noi”. La giovane druidessa sapeva che il giovane druido aveva un canale diretto con Bran e non aveva dubbi che quelle parole fossero vere, così concluse dicendo: “Spero abbia trasformato la sua rabbia”. “L’ha fatto”, concluse il giovane allievo, “l’ha fatto”.

Finita la cena davanti al fuoco, il giovane allievo aprì il suo cuore: “Oggi è successa una cosa che non riesco a spiegare”. Lei si mise in posizione d’ascolto. “Mentre i nostri guerrieri erano in fuga e molto vicini ad essere catturati, ho desiderato intensamente che salisse la nebbia con la forza della disperazione, una forza mai conosciuta prima”. Si fermò per un attimo. “La nebbia è arrivata ed ha coperto la fuga dei nostri guerrieri”. “Cosa ti turba?”, chiese la giovane druidessa. “Mi turba il fatto di non sapere come ho fatto a creare tutto ciò. Non ho pronunciato nessuna formula magica, non ho estratto le Rune, è successo e basta. Come faccio a controllare la mia magia se non so come riesco a crearla?”

La giovane druidessa a quel punto aveva gli occhi spalancati, come chi non riesce a capacitarsi delle parole che sta sentendo e, dopo essersi ripresa, disse: “Forse ti sei dimenticato che il Maestro ci ha sempre insegnato che la magia parte da un intento chiaro e direzionato. Tutti i riti, le formule, le stesse Rune servono per direzionare e focalizzare l’intento al massimo. Oggi hai solo scoperto che il tuo potere personale sta aumentando; la situazione di pericolo per la nostra gente ha esponenzialmente aumentato la tua focalizzazione e sei stato in grado di compiere uno spostamento energetico che ha permesso il verificarsi della nebbia. La mia domanda è: perché è così importante per te questa cosa? Non ti basta aver salvato la tua gente?”. Dopo averlo osservato profondamente continuò: “Eh no. Non è abbastanza, vero? Tu vorresti di più, vorresti agitare il tuo magico bastone mentre tutti ti osservano, perché desideri essere riconosciuto dai guerrieri per il tuo aiuto”.

Il giovane druido abbassò lo sguardo un momento, colpito dalla forza di quelle parole, e rispose alzando la voce: “Lo capisci che io mi sento in colpa verso di loro che combattono e rischiano la vita anche per proteggere me e te? Lo capisci che mi sento in colpa se non riesco ad aiutarli attraverso la mia magia?”.

La giovane druidessa

La giovane druidessa ascoltò quello sfogo e poi, come se niente fosse successo, riprese senza battere ciglio: “Il Saggio Maestro ci ha sempre detto che il senso di colpa non è altro che il nostro dispiacere per la perdita di immagine, perché non veniamo riconosciuti come vorremmo. In questo desiderio ci siamo solo noi e gli altri spariscono. Tu sei alla ricerca di consenso ed approvazione da parte dei guerrieri, ma sappi che non la troverai cercando di compiacere chi ti sta vicino nelle sue aspettative. Un Druido agisce esclusivamente perché vede la cosa giusta da fare e la esegue, anche quando intorno a lui nessuno lo capisce. Vedi, la disperazione oggi ti ha salvato e sei riuscito a compiere la tua magia, ma non sarà sempre così; non potrai aiutarli se quello che cerchi è il riconoscimento”. Poi, ammorbidendo leggermente il tono di voce, disse: “Non metterti in competizione con lui, non cercare l’ammirazione che i suoi guerrieri gli tributano”. Il giovane druido fece l’espressione di chi non capisce, poi, sapendo chi aveva davanti, si arrese e disse: “Parli del giovane re?”.

“Hai scelto la Via dei Druidi, che il Saggio Maestro diceva essere una Via solitaria; questa non è la via del riconoscimento e del plauso, anzi… Noi vediamo cose che gli altri non vedono e soprattutto non vogliono vedere; è tutta la vita che io vivo pagandone il prezzo, è il momento che lo faccia anche tu!”

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