Noce moscata: lucida follia

Le origini della noce moscata risalgono al 1500 e furono le isole Molucche – un gruppo di isole dell’Indonesia – a ospitare nelle sue terre questi alberi. Si narra come i marinai che si avvicinavano con le loro navi a questi inaccessibili atolli vulcanici fossero attirati dal profumo di questa spezia. Già a diverse miglia di distanza un inebriante e avvolgente effluvio danzava nell’aria accogliendo il navigante che quasi attonito si lasciava trasportare sulle coste dell’isola come fosse richiamato dal canto delle sirene.

Le Molucche dopo secoli di lotte e contese furono cedute ai Paesi Bassi; in seguito alla conquista, la Compagnia Olandese delle Indie Orientali prese in carico la gestione delle coltivazioni e l’importazione in tutto il mondo della noce moscata. Volendo mantenere l’intero monopolio, dopo il raccolto, tutte le noci venivano trattate con lime affinché non potessero essere piantate da nessun’altra parte. Durante il diciassettesimo secolo il ricarico sulla noce moscata tra acquisto e vendita finale era circa del 2000%, portando ulteriore arricchimento nelle tasche dello stato olandese.

Nel Diciottesimo secolo Pierre Poivre, un avventuriero missionario e botanico francese, con alcuni uomini al seguito, riuscì a impadronirsi di alcuni semi di noce moscata e iniziò una nuova produzione nelle isole Mauritius. Pochi anni dopo gli inglesi fecero la stessa cosa e piantarono altri semi nelle isole dei Caraibi e a Grenada, quest’ultima ancora oggi chiamata l’isola della noce moscata.

Osserviamo però ora più da vicino questa curiosa spezia. Il suo aspetto è tondo e legnoso, il suo profumo è intenso, persistente e riscaldante. Non la si può consumare se non si è muniti di grattugia e di essa non si può abusare, non più di 5 grammi, perché può causare una sorta di intossicazione che può avere effetti allucinogeni a causa della presenza di miristicina, olio essenziale in essa presente. Il suo nome botanico è Myristica Fragrans, detta volgarmente noce moscata. Il suo nome è di origine medievale e significa Nuces Muscatae – Noce dal profumo di Muschio.

La sua unicità è quella di avere la peculiarità di produrre dallo stesso frutto due diverse spezie: la noce moscata e il macis. Il frutto è rivestito da uno strato fibroso e si presenta con un colore verde lucido. Quando raggiunge la maturazione, si apre in due parti, liberando un nocciolo marrone, protetto da una reticella carnosa di colore rosso-arancione brillante: il macis, dal sapore molto simile a un mix tra cannella e pepe.

Il nocciolo ha un guscio friabile e al suo interno contiene un’altra noce molto profumata: la noce moscata appunto.

E chi avrebbe potuto mai pensare che da un frutto si potessero ricavare ben due spezie? È come entrare nella profondità del nostro Essere: in superficie c’è qualcosa che luccica, che attrae, ma che non si può utilizzare; penetrando più all’interno il luccichio diminuisce e aumenta la fragranza; poi si accede a un livello ancora più profondo dove risiede il nucleo centrale ed è qui che possiamo ricavarne la vera Essenza. Quest’ultima la si potrà utilizzare solo se la si imparerà a conoscere, la si saprà custodire e conservare.

Nel Medioevo la sua popolarità raggiunse l’apice. Era la spezia più costosa, ritenuta così pregiata da essere addirittura conservata in apposite scatole d’argento o legno con una piccola grattugia. All’epoca veniva anche utilizzata come medicinale contro la peste nera.

Intorno al 1600 era usanza molto comune portare con sé in tasca una noce moscata con la sua piccola grattugia. Questa usanza richiamava momenti conviviali che si venivano a creare tra le persone e ne rafforzava simbolicamente l’unione. Non è infatti un caso che essa abbia come particolarità quella di amalgamarsi, grazie alla sua propensione ad accogliere gli altri aromi arricchendo il loro sapore. È inoltre una spezia molto versatile in quanto può essere impiegata sia in preparazioni dolci che salate.

Provate a prendere questa spezia tra le vostre mani, osservatela bene… qualcosa di antico emerge. Ha viaggiato attraverso secoli di storia, in essa si riescono a scorgere i segni del tempo; di popolazione in popolazione ha attraversato mari e monti senza perdere il suo aroma e la sua fragranza. Sublime è la sua esperienza visiva. Chiudendo gli occhi, seppur ora priva di forma e colore, ci si riesce a immergere nella profondità del suo profumo. È avvolti da questo dolce profumo pungente che si percepisce questo filo invisibile che unisce il passato al presente, allora come oggi.

BIBLIOGRAFIA

Bellamy J., L’anima delle spezie, Giunti Editore S.p.A., Firenze, 2017.

Corradini M., Il profumo dell’Eden, Giuntina, Firenze, 2018.

Giorgetti F., Tutte le spezie del mondo, Mondadori, Milano, 2022.

Turner J., Spezie – Storia di una tentazione, Araba Fenice, Boves, 2006.


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