La nuova foresta sacra – Dialoghi con il Druido (cap. 19)

Romanzo celtico esoterico – Leggi il capitolo precedente

Bran era ormai in cammino da qualche giorno. Mentre attraversava quella terra verde, non ci fu mai un istante in cui si sentisse solo. Per tutto il tempo, avvertiva la presenza costante e continua di una forza che non avrebbe saputo esprimere a parole, ma che lo circondava, dandogli un senso di appartenenza e di unione. Molte volte si voltò per assicurarsi che non ci fosse realmente qualcuno vicino a lui e non si sarebbe sorpreso a trovarsi di fronte la giovane druidessa o il giovane druido. La presenza più forte era quella del Saggio Druido, che mai aveva percepito con tanta intensità. Ogni suo gesto, ogni suo pensiero, venivano compiuti come se Lui fosse lì, osservandolo.

Sentì in lontananza il suono di un picchio, cambiò quindi direzione ritenendolo un chiaro messaggio da seguire. Quel suono lo accompagnò, come una bussola, per qualche giorno, conducendolo tra boschi ricchi di vegetazione e animali, ma non di esseri umani. Erano giorni, infatti, che non percepiva la presenza dell’uomo in quelle terre. All’improvviso, quel compagno di viaggio sonoro lo abbandonò, lasciandolo solo nel bel mezzo della foresta, immerso in un assordante silenzio. Dopo qualche tempo, perso in mezzo al nulla, senza punti di riferimento, vedendo che ormai girava in tondo da ore, con i morsi della fame che lo attanagliavano, si sentì scoraggiato. Pensieri simili a nuvole nere portavano messaggi tempestosi nella sua mente, sempre più cupi: “Non ho imparato niente, tante parole e pochi fatti. Perché, Saggio Druido, mi avete abbandonato? Non sono stato degno del vostro insegnamento. Se il giovane druido e la giovane druidessa fossero qui, loro sì che saprebbero cosa fare…”. Le nuvole, sempre più nere e cariche di “pioggia e temporali”, alimentavano la paura, la grande nemica, colei che si prende tutto e non lascia nulla. Davanti a se stesso, lasciato senza alcuna speranza se non quella della resa e del ritorno al villaggio appena abbandonato, ebbe un bagliore di coscienza, confermando il fatto che nulla aiuta più di una sana e reale disperazione per uscire dalle situazioni difficili. Pensò che quella fosse un’ennesima prova e ricordò chiaramente le parole del Saggio Druido, pronunciate un giorno in cui il giovane allievo chiedeva quando sarebbe terminato il loro apprendistato: “Arriverà un giorno in cui vi sentirete soli e abbandonati, e penserete che niente di ciò che avete fatto abbia avuto un senso. So già che in quel momento non ricorderete queste parole, ma nel caso in cui un briciolo di coscienza vi rimanga, sappiate che è una prova: il Maestro sta verificando se siete pronti ad affrontare la vita senza la sua energia, se è arrivato il momento di dare e non solo di prendere”.

Inconsciamente la sua mano toccò il sacchetto delle Rune e gli venne in mente il racconto della giovane druidessa, quando, alla ricerca del giovane allievo, gli raccontò di essersi affidata alla vibrazione di una Runa per ritrovarlo. Ricordava bene il momento del racconto e anche quando aveva pensato: “Io non sarò mai in grado di farlo!”. Ora non aveva scelta: doveva affidarsi completamente a quanto aveva imparato, doveva affidarsi alle Rune. Estrasse la Runa Laguz dal sacchetto, colei che collega l’inconscio al mondo conscio, la Runa delle acque profonde, del Lago Sacro, dove il Druido, immergendosi nei suoi lati oscuri, conosce se stesso, riemergendo dalle acque rinato a nuova vita. Strinse la Runa in mano e si diresse verso nord. Niente, non sentiva assolutamente niente, mentre camminava verso la sua nuova vita. Un altro momento di sconforto, ma non si arrese: cambiò semplicemente direzione e si spostò verso est. Fu allora che sentì un impercettibile formicolio nella mano destra. Provò allora a ritornare sui suoi passi ed immediatamente la sensazione cessò; dapprima si stupì, pensando fosse una suggestione, ma quando tornò verso est, ecco riapparire quella sensazione che rimaneva costante quando percorreva una certa direzione nel bosco. Passò attraverso ruscelli, rovi, prati, seguendo solo quell’impercettibile segnale, e quando arrivò davanti a una parete rocciosa da scalare, si trovò davanti al bivio della sua scelta di vita: credere a quella impercettibile magica sensazione e scalare la parete, rischiando la vita, o affidarsi alla sua mente razionale e prendere il sentiero che costeggiava la montagna. “Tutto o niente?”. Pensò, e sapendo di non aver nulla da perdere, la vita non era poi così importante senza magia, si arrampicò là dove qualche minuto prima non si sarebbe mai avventurato. La forza per fare quel movimento gli venne in mente ricordando le parole del Saggio Druido: “Molto spesso, nella tua vita, ti troverai a un bivio, dove potrai scegliere se credere nella Via dei Druidi, la Via della Magia, che per l’uomo comune appare come pura follia. È una Via stretta e impervia, percorsa da pochi. Altrimenti, potrai seguire la Via della razionalità, quella che non conosce altro cammino se non sentieri già battuti da altri uomini, che conducono sempre negli stessi luoghi: alla morte interiore. La riconoscerai facilmente, perché è molto frequentata e i suoi sentieri sono affollati”.

Dopo aver deciso di seguire la Via del suo Maestro si arrampicò con coraggio sulla cima di quella parete rocciosa, rischiando un paio di rovinose cadute, trovando alla fine del suo sforzo un meraviglioso prato che confinava con un bosco di betulle. Bran adorava le betulle e si inoltrò estasiato tra quegli alberi, che associava all’aspetto femminile della Runa Berkana e alla sua amica la giovane druidessa. Non si rese subito conto che le betulle erano parte di una bellissima faggeta, composta da alberi che si alzavano dritti verso il cielo, così imponenti che spingevano, non solo lo sguardo, ma anche l’anima di chi li osservava a elevarsi verso le loro altezze. Gli sembrava di essere entrato in un mondo incantato, fatato, dove poteva percepire energie di svariate forme, circondarlo. Ma ciò che lo lasciò davvero sbalordito fu la visione di un bellissimo lago. Quando si avvicinò alle sue sponde, il volo di due corvi a pelo d’acqua lo spinse ad aumentare la sua attenzione, e fu allora che vide un’anatra solitaria, capitata chissà da dove, scendere lentamente ed atterrare sul lago proprio davanti a lui. Non sapeva bene perché, ma quell’anatra gli ricordava qualcosa di familiare, un completamento con qualcosa che non riusciva ad associare a nessuno dei suoi ricordi. Non poteva, infatti sapere che quel simbolo era stato l’ultimo gesto che aveva convinto il suo amico, il giovane allievo, a farlo partire dal villaggio qualche mese prima. Osservando quel luogo e l’energia che lo circondava, decise che era arrivato dove gli era stato richiesto. Parte della sua missione era completata, e decretò quindi quel luogo come la nuova Foresta Sacra.

In quei giorni, mentre esplorava i dintorni, Bran era leggermente pensieroso, riflettendo su come, in quella foresta, sarebbe stato impossibile non solo trovare qualcuno da addestrare, ma anche una possibile compagna di vita. L’idea di abbandonare quell’energia, che aveva appena iniziato ad assaporare e che aveva capito essere potente e trasformativa, lo rattristava particolarmente. Ricordava molto bene il rapporto tra il giovane druido e la giovane druidessa, e come anche lui si fosse sentito parte di quel sentimento che provava per entrambi, un sentimento che lo aiutava a superare i propri limiti. Non aveva dubbi che fosse l’amore a permettere loro di superare tutte le difficoltà e a creare la magia che li avvolgeva.

Il giorno seguente, durante un’esplorazione nei boschi, non credette ai suoi occhi quando, nel bel mezzo della foresta, vide una fanciulla intenta nella raccolta di erbe. Era così concentrata che non si accorse della sua presenza fino a quando Bran non fu a un passo da lei. Lei alzò la testa e lo fissò senza alcun timore, come se sapesse che lui si sarebbe trovato lì in quell’istante. La cosa lo lasciò immobile e senza parole, con la bocca spalancata e gli occhi sgranati. La situazione diventò ancora più disarmante quando lei si rivolse a lui nella sua lingua. La ragazza dichiarò che il suo nome era Niamh e spiegò a Bran che stava raccogliendo erbe medicinali per la sua Maestra, che al momento era malata e la stava aspettando a casa. Bran la fissava, senza proferire una sola parola.

Quando lei si girò per tornare verso casa, Bran era ancora immobile, con gli occhi spalancati e la bocca aperta. Voltandosi verso di lui, gli disse: “Non sai parlare? Sei sordo? Devi venire con me, la Saggia Druidessa ha detto che vuole incontrarti”. Bran, a quel punto, cercò di ricomporsi, ma non riusciva a collegare il cervello alle gambe, per cui i suoi passi erano decisamente impacciati. Mentre cercava di trovare una compostezza almeno degna di un essere umano, la sua mente non gli dava tregua, continuando a ripetere le stesse domande: “Chi era la Saggia Druidessa? Chi era quella misteriosa ragazza che parlava la sua lingua?” Quando fu a pochi passi dalla capanna, si pose un’ultima domanda, quasi con timore: “Ma come fa a sapere di me?”

Entrarono in quella capanna ben mimetizzata nel bosco, bassa, con un focolare acceso al centro e un’infinità di contenitori di erbe lungo tutte le pareti. Sul letto, situato in fondo alla capanna, giaceva una donna di età indefinita, che ogni tanto tossiva con forza. La giovane fanciulla, appena entrata, la salutò e disse: “Vi ho portato la persona che avete detto avrei incontrato oggi. Avete proprio ragione quando dite che le Rune non mentono mai”. Intanto, Bran rimaneva fermo sull’uscio, indeciso se entrare o fuggire a gambe levate tra i boschi. L’anziana donna lo chiamò vicino a sé e Bran si mosse con cautela, come camminasse sulle uova. Le due donne risero simultaneamente e il suo imbarazzo crebbe a dismisura, rendendo i suoi passi ancora più goffi.

Mentre si avvicinava al letto della donna, Bran notò alla parete un Sigillo dipinto su tessuto e si paralizzò: era lo stesso Sigillo che il Saggio Druido aveva appeso alla parete della sua capanna. Mille domande iniziarono a ronzargli nella testa, fino a quando il flusso dei suoi pensieri venne interrotto dalle parole della donna.

“Fatti vedere, giovane Bran. Le mie Rune mi hanno preannunciato il tuo arrivo. La trama del Wyrd ha completato il suo percorso, e i nostri fili si sono riuniti.” Sapeva anche il suo nome, ma chi era quella donna? Bran si avvicinò al suo letto e poté vederla meglio da vicino. Il suo viso era fiero, e i suoi occhi, vividi e splendenti, emanavano una luce viva e profonda, che contrastava con la sua età anagrafica: quegli occhi che non gli erano del tutto estranei. Lei gli posò una mano sulla testa e gli accarezzò il viso per distinguerne i lineamenti; il tocco di quelle mani gli provocò una sensazione strana, di profondo benessere. Quella donna risvegliava emozioni profonde, sepolte in un lontano passato.

La druidessa continuò: “Sei cresciuto molto dall’ultima volta che ti ho visto.” Bran strabuzzò gli occhi; ormai non capiva più nulla. “Suppongo tu abbia molte domande, puoi farle, il tempo che mi resta per risponderti non è molto. Ti chiederai quando ci siamo visti. Effettivamente, sono passati molti anni; tu eri un fanciullo molto piccolo, e io mi trovavo di passaggio per il tuo villaggio prima di recarmi su quest’isola. Il tuo desiderio di diventare un druido era già molto forte, e io riconobbi in te alcuni particolari segni. Quella volta mi chiedesti di insegnarti le arti dei Druidi, ma io non potevo: la mia missione era un’altra. Ti dissi che, al di là delle montagne, esisteva un Druido che avrebbe potuto prenderti come allievo. Quella stessa notte salutasti la tua famiglia e il tuo villaggio e partisti da solo alla sua ricerca”.

Bran ricordava quell’incontro di molti anni prima; ricordava la druidessa che tutti rispettavano, capace di curare le malattie, risolvere i conflitti, far cessare le carestie, e a cui tutto il villaggio portava un enorme rispetto. Ricordava la sua attesa nel poterla incontrare e ricordava, ora, che lei gli aveva salvato la vita. Frugando nei ricordi, ebbe un sussulto: doveva, davvero, la sua vita a quella donna; era lei che l’aveva salvato da morte certa. Ecco, alcuni lampi di ricordi cominciavano a riaffiorare, seppur in modo molto confuso: si vedeva da piccolo, circondato dai suoi familiari in lacrime. E in mezzo a loro ricordava gli occhi di una donna, la Saggia Druidessa: era lei che l’aveva guarito dallo spirito che lo stava lentamente divorando. Ricordava le sue mani bagnargli la fronte con impacchi di erbe, il sollievo che ogni suo tocco gli procurava, e i suoi occhi gentili che lo guardavano con infinito amore. Quando si riprese dai suoi ricordi, le disse: “Voi mi avete conosciuto molto prima di quel momento, voi mi avete salvato la vita quando ero molto piccolo. Ricordo i vostri occhi, a voi devo la vita.”

Un sorriso apparve sul viso della Saggia Druidessa, che rispose: “Da quel giorno siamo stati uniti, Bran. Il tuo Wyrd si è intrecciato con il mio; i fili invisibili che collegano il destino degli uomini hanno intrecciato le nostre vite. Vita e morte, per il Wyrd, non fanno differenza: sono solo momenti di una trama più grande”.

Bran rifletté su quelle parole e si stupì di aver incontrato colei che gli aveva donato una seconda vita nel momento in cui la stava perdendo. Poi, consapevole dell’importanza di quel momento e di come la presenza di quella donna gli ricordasse quella del suo Maestro, chiese: “Voi conoscevate il Saggio Druido?”. Gli occhi di lei si illuminarono e Bran riconobbe in quello sguardo lo stesso che la giovane druidessa riservava al giovane allievo, uno sguardo che lui le faceva notare scherzosamente quando la prendeva in giro sui sentimenti che provava per il suo fraterno amico. Quello sguardo non era solo d’amore, era uno sguardo di stima, rispetto, fiducia; lo sguardo di colei che si completa nell’unione con l’altro, che non è più né maschile né femminile, ma la realizzazione della propria completezza, la fusione nell’unità dell’energia che tutto circonda e pervade.

“Io e il Saggio Druido eravamo molto uniti un tempo.” Dicendo così, aprì una mano e mostrò a Bran metà della Runa Ehwaz, aggiungendo: “L’altra metà l’ha sempre tenuta lui.” Continuò: “Ma venne il momento della separazione: il Wyrd aveva tracciato per noi strade diverse. Avevamo visto troppi segni di pericolo per la nostra gente e per il nostro Insegnamento per poterli ignorare, così decidemmo, con grande difficoltà, che io sarei partita alla ricerca di una nuova Foresta Sacra. Avrei portato l’Insegnamento oltre le nostre terre e avrei istruito nuovi druidi”. Bran notò un’espressione di tristezza sul volto della donna, una lacrima scese lentamente dalla sua guancia, rigandole il viso. “L’ultima volta che ti ho incontrato nel tuo villaggio, stavo proprio dirigendomi in queste terre. Ho visto come eri cresciuto, forte e coraggioso, e ho visto il tuo desiderio di seguire la Via dei Druidi. Non potevo portarti con me; non sapevo ancora quale fosse il mio Wyrd, ma percepivo chiaramente che dovevi andare dal Saggio Druido ed essere istruito, anche se era stato deciso che solo due allievi, un uomo e una donna, sarebbero diventati druidi. Le Rune confermarono ciò che sentivo, così come confermano oggi il fatto che tu sia qui e che il Saggio Druido ti abbia accettato come allievo.”

Bran, con lo sguardo stupito, chiese: “Avevate già stabilito che sarei dovuto andarmene e cercare una nuova Foresta Sacra? Avevate già stabilito che sarei dovuto arrivare fino a qui? Ma soprattutto i miei fratelli druidi sapevano sin dall’inizio che un giorno  sarei dovuto andarmene senza di loro?”

La druidessa sorrise e poi rispose: “Bran, hai ancora molto da apprendere. Un Druido può seguire le linee del Wyrd come segue il corso di un fiume: conosce le sue anse e la direzione che prenderanno le sue acque, ma non può scrivere il Wyrd di altre persone. Può vivere il proprio Wyrd con consapevolezza, uscendo dalle Leggi del Caos e dirigendo il timone della sua nave tra le acque tumultuose della vita, prevedendo le zone di pericolo. Conosce gli intrecci delle trame, come si creano e come non si creano, così come io sapevo, mentre ti curavo da bambino, che i nostri Wyrd si sarebbero intrecciati per sempre. L’unica cosa che possiamo vedere è che i nostri progetti e le scelte che abbiamo fatto erano in armonia con l’energia dell’Oiw, e che i tuoi fratelli druidi si sono collegati alla stessa fonte, che ti ha portato inesorabilmente allo stesso punto. Noi Bran siamo strumenti di qualcosa di molto più grande di noi, qualcosa hai già capito ma molto ancora hai da imparare in questa direzione”.

Bran si voltò un istante a guardare la giovane ragazza che, in silenzio, ascoltava la Saggia Druida mentre divideva le erbe appena raccolte. La druidessa colse il suo movimento e disse: “Niamh… l’ho trovata nella foresta, proprio quando mi chiedevo come avrei fatto a trovare, in un posto così desolato, un’allieva a cui trasmettere i miei Insegnamenti. Era una bambina molto piccola quando la raccolsi letteralmente dal fiume. Qualcuno l’aveva abbandonata, e il fiume l’aveva trascinata fino a me. Il suo Wyrd e il mio si intrecciarono per sempre. Lei conosce tutte le arti delle druidesse; non c’è erba in questa foresta che lei non conosca o non sappia usare”. Poi chiamò Niamh vicino al suo letto. Gli occhi della ragazza si stavano riempiendo di lacrime, vedendo l’energia della sua adorata Maestra diminuire rapidamente. Con un ultimo filo di voce, la druidessa le disse: “Ora è venuto il momento per voi due di portare a compimento ciò che vi è stato insegnato; è il momento di andare in queste terre e donare ciò che avete ricevuto. Fate conoscere la Via dei Druidi, aiutate chi desidera essere aiutato. Trasmettete le nostre Tradizioni a chi meriterà di essere addestrato” .

Poi, dolcemente, accarezzò la testa di entrambi, inginocchiati ai bordi del suo letto, mentre le lacrime scendevano abbondanti dagli occhi dei due ragazzi. La druidessa ritornò per un attimo in sé e, con l’ultimo respiro rimasto, diede il suo ultimo insegnamento: “Piangete per cosa? Per una vita che finisce o per una vita che comincia? Noi siamo parte del tutto, e un Druido sa che il suo corpo è solo un canale sacro che riceve messaggi da un altro mondo. Un Druido dona la sua vita per divulgare l’Insegnamento e viverlo profondamente, sapendo che, quando se ne andrà, ritornerà alla fonte da cui nasce e si fonderà con esso. Le piante non hanno paura di morire perché fanno parte di un organismo più grande della singola pianta; sono in collegamento con la fonte e sanno che la singola pianta ha valore solo se collegata alla fonte da cui nascono tutte le piante. Asciugate i vostri occhi, non lasciatemi partire pensando che non avete capito nulla di quanto vi è stato insegnato; ora siete druidi, dovete guardare al di là dell’apparenza delle cose”.

Fece un ultimo sorriso, guardandoli, e chiuse delicatamente gli occhi mentre la stanza si illuminava di una luce che non proveniva dal sole, ma da una fonte che non poteva appartenere a questo mondo. Poi disse: “È arrivato il mio momento di andare, è arrivato il mio momento di riunirmi con Lui”. Un vento forte e sibilante si alzò nella foresta, e gli alberi si agitavano con forza al suo passaggio; il vento durò per un’intera giornata struggendosi e lamentandosi per la morte di una grande anima. Bran rimase sconvolto: aveva appena trovato la Saggia Druida e già la perdeva. Molte domande, che non aveva fatto, ora gli affollavano la mente, e infine emerse il rammarico per aver perso tempo al villaggio e non essere arrivato prima. Una sera, quando espresse il suo dolore a Niamh, lei gli rispose che erano solo sciocchezze, e che i “se” e i “ma” non facevano parte della Via dei Druidi: solo la pura constatazione dei fatti ha valore di fronte alle leggi del Wyrd. Bran rimase in silenzio, sapendo che lei aveva ragione, ma soprattutto ebbe la chiara consapevolezza di aver trovato la compagna che stava cercando nella Via dei Druidi.


Ascolta i capitoli dalla prima puntata:

3 pensieri riguardo “La nuova foresta sacra – Dialoghi con il Druido (cap. 19)

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  1. E’ un racconto che mi riempie il cuore e aspetto sempre il continuo, grazie mille a chi lo sta scrivendo!

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