Mi sono sempre chiesto perché si parli tanto di Discepoli (rarissimi) e di Maestri (ancora più rari) quando la figura che più abbonda nella fauna dei circuiti spirituali viene costantemente ignorata. Parlo del Mascepolo.
Cosa…? Non ne avete mai sentito parlare? Non vi preoccupate: colmerò io questa lacuna, una volta per tutte.
Il Mascepolo è colui o colei che si avvicina a un nuovo percorso spirituale con l’entusiasmo romantico di un incontro destinato fin dalla notte dei tempi, e con lo zainetto pieno zeppo di buona volontà e ottime intenzioni.
Generalmente è insoddisfatto della propria vita. Dopo un susseguirsi di tentativi disastrosi, arriva alla conclusione che le sue tragicomiche idee sull’esistenza non lo abbiano portato da nessuna parte. Insomma, rantola letteralmente nel buio dell’esistenza.
Come una mosca che sbatte contro un vetro, il Mascepolo non è mai riuscito a oltrepassare il limite imposto dalla sua stessa struttura interiore. D’altronde, come avrebbe mai potuto? Può forse un coltello tagliare se stesso?
Tutto ciò sarebbe un’ottima premessa – se non l’unica – per iniziare qualcosa di significativamente nuovo e cambiare realmente rotta. Il problema del Mascepolo però, tanto comune da essere quasi noioso, è che galleggia ancora sulla zattera diroccata delle sue certezze, come se fosse uno yacht di alto lusso.
Ma ecco che, acceso da un flebile dubbio su se stesso e dalla speranza di poter salire su una nave che possa salvarlo, si mette alla ricerca di un Ammiraglio-Maestro.
Non vorrebbe però un Maestro qualsiasi, ma qualcuno che lo possa accogliere con parole toccanti, che lo conforti e lo guidi senza mai contraddirlo. In altre parole, un Maestro che non gli chiede di rinunciare alla zattera fatiscente, ma che possa piuttosto aiutarlo a renderla giusto un pochino più accogliente.
E qui iniziano i guai.
Ignorando che la funzione di un Maestro è quella di portare il Discepolo a confrontarsi con le contraddizioni e folli convinzioni che lo hanno proprio portato alla deriva, stressandolo interiormente per rovesciare il dramma shakespeariano che sta recitando e in cui crede, il Mascepolo entra in crisi.
Non appena il Maestro mette in discussione alcuni pezzi del suo scomposto puzzle interiore, il Mascepolo infatti si ribella: “No, questo pezzo deve stare lì, ne sono sicuro. Anche quell’altro. Fidati, Maestro, il puzzle non è così male, so cosa faccio e so come sono!”.
Il Mascepolo, in fondo, sotto una ben celata immagine di umiltà, è convinto di sapere tutto: come si vive, come ci si relaziona, come si mangia, tutto. Sotto sotto, conosce sempre una pagina in più di ogni libro, anche di quelli che non ha mai letto. Fa fatica, molta, ad abbandonare la viscerale idea che le sue pene siano tutto sommato colpa dell’Universo che con lo capisce ed è ingiusto con lui.
La sua stima verso il Maestro è all’inizio forte e sincera, e ne apprezza la severità, la schiettezza e la profondità di visione. Ma quando queste sono rivolte verso di lui, improvvisamente la narrazione cambia: “Com’è possibile che il Maestro, così illuminato, sia così cieco con me?”.
In un attimo, il Mascepolo dimentica tutti gli sforzi e la disponibilità del Maestro nell’aiutarlo, ma ricorda perfettamente (e nei dettagli, talvolta sinceramente inventati) ogni micro-episodio che confermi la sua nuova convinzione: il Maestro non è all’altezza di lui, non comprende la sua essenza più profonda.
L’Insegnamento interessa al Mascepolo solo nella misura in cui può usarlo per sentirsi superiore agli altri. Verso la gente comune – che considera poco evoluta – il Mascepolo prova infatti un sottile, irresistibile senso di superiorità condito con un pizzico di disprezzo. Se solo ne avesse il potere, lui sì che saprebbe come mettere ordine nella Creazione.
Adora recitare il ruolo del Discepolo modello, ma sotto sotto segue sempre le proprie profonde fissazioni (che lui confonde ovviamente con intuito o libertà spirituale). Se il Maestro gli dice di usare il rosso, lui usa il blu, oppure il rosso ma con qualche pennellata di arancione: “Io sono speciale, non ho bisogno di seguire la traccia lasciata dalla Tradizione, so fare di meglio.”.
In realtà, il Mascepolo non cerca un vero Maestro, ma più precisamente una persona che, con un po’ di autorevolezza, possa riconoscere la sua specialezza senza costringerlo a mettersi in discussione. L’ideale sarebbe un Maestro che possa certificarlo e benedirlo così com’è, con tutte le sue sofferenze interne e insofferenze verso il mondo.
Aggiungo anche che il Mascepolo ha spesso una considerazione di se stesso decisamente sottovalutata nelle sue potenzialità latenti (quasi a un soffio dall’atrofia) e drammaticamente sovrastimata nelle sua psico-ostinazioni-razionalizzanti. Gli basterebbe invertire i due aspetti per trasformarsi come per magia nel Discepolo perfetto.
Insomma, il Mascepolo, come dice la parola, è una combinazione tra Maestro e Discepolo ma che, invece di miscelare il meglio di queste due figure, fa un guazzabuglio, fingendo di essere il secondo ma sentendosi in cuor suo il primo.
E tu, ti fermerai a Mascepolo o diventerai un Discepolo?
Le Fou
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Per esperienza personale diretta nel mio percorso attuale ho attraversato questa fase , dunque conosco benissimo di cosa stiamo parlando.
In fondo siamo stati un po’ tutti “mascepoli” o lo siamo ancora…
Grazie per aver condiviso questo interessante articolo.
Ciao folli!
Buongiorno Stefano, grazie per il commento. Noi possiamo fortunatamente testimoniare che coloro che intraprendono un percorso interiore non sono tutti “mascepoli” o non lo sono più. Un saluto