Nessuno lo nega, è certamente raro incontrare un vero Maestro.
Chissà perché, però, nessuno si pone mai questa domanda: sono un vero discepolo?
Già, perché è troppo facile lamentarsi di non trovare il giusto Maestro (oppure trovarne uno di dubbia serietà ma far finta di niente) senza provare a mettere in discussione anche se stessi.
Di “fulminati dallo spirito” pronti a vender belle parole per i propri interessi ne è pieno il mondo, peccato che la loro strada porta ben poco lontano, a volte anche verso qualche burrone.
Come dice Vimanalanda nel libro Aghora – alla sinistra di Dio:
“Puoi prendere molta conoscenza da qualsiasi parte, ma finché non la metti in pratica rimane una semplice comprensione intellettuale. Il Guru ti obbliga a impararla, ti fa strisciare con il viso per terra finché non l’hai imparata, se è un vero Guru. Ecco perché dico che quasi nessuna delle persone che si fa chiamare così può essere chiamata Guru.
Alcuni insegnano qualcosa agli studenti che vanno da loro e raccolgono dei soldi per questo. Se sei interessato a prendere soldi da qualcuno non puoi permetterti di offenderlo, altrimenti scapperà immediatamente da qualcun altro. Un vero Guru non si preoccupa del denaro: vuole un discepolo di cui essere orgoglioso. Se necessario lo farà a pezzi per essere certo che impari alcune lezioni.
Quando poi quel discepolo ha l’opportunità di incontrare una divinità, o delle siddhi, non vi è pericolo che faccia la scelta sbagliata. La personalità del discepolo è stata talmente cancellata dal Guru, la sua falsa coscienza totalmente annullata, che il discepolo deve fare la scelta giusta; allora è pronto, non c’è dubbio.”
Invece noi vorremmo un maestro che ci faccia sentire speciali per come già siamo, senza fastidiosi stimoli o rimproveri. Vorremmo qualcuno che, con una certa autorità divina, possa benedirci per continuare a vivere esattamente come abbiamo sempre fatto, con le nostre ipocrisie, con le nostre falsità, con i nostri egoismi.
Ma un vero discepolo sa bene che questo non è possibile; non desidera più fuggire dalla sue ombre, vuole anzi incontrarle e affrontarle proprio per spingersi oltre.
Conoscete la storia della falena e della farfalla?
Una volta una falena che s’aggirava intorno a una lampada, in procinto di fare il tuffo fatale, disse alla fiamma:
“Cosa ne sai dell’amore? Tutto ciò che fai è rimanere lì mentre io ti giro intorno, finché non posso più tollerare di rimanere separata da te e ti abbraccio. Nel momento in cui ti abbraccio vengo consumata, bruciata e ridotta a nulla.”
La fiamma rispose sorridendo:
“Sciocca! Chiami questo amore? Guarda me, sto bruciando. Tu bruci solo quando mi abbracci, ma nel mio desiderio di te il dolore della separazione mi ha tramutato nel fuoco stesso.”
Tutti coloro che si considerano veri discepoli pensano di amare veramente il loro Maestro che ha fatto tanto per loro, ma sono spesso troppo ottusi per realizzare che il Maestro sta lentamente bruciando per dargli qualcosa, per trasmettere la sua stessa essenza.
Dapprima un discepolo non è migliore di una prostituta; passa rapidamente da una lettura all’altra, da insegnamento a insegnamento, da guru a guru, come una mosca che gode ugualmente dei dolci e della sporcizia. A poco a poco impara però a discernere, e allora comprende sempre di più quale nettare gli ha offerto il suo Maestro, anche se tale nettare ha spesso il sapore di una medicina amara. Soltanto allora riuscirà a ricevere ciò che il Maestro vuole trasmettergli intensamente.
Quante persone possono comprendere il gioco tra Maestro e discepolo? Quasi nessuna. Se lo stesso discepolo non può comprenderlo, come potrebbe capirlo un estraneo?
Allora cosa possiamo fare? Semplice, iniziare con il porci la domanda corretta: sono un vero discepolo?
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