Romanzo celtico esoterico – Leggi il capitolo precedente
Dopo il ritorno del giovane druido al villaggio, era necessaria un’azione immediata; i Romani erano alle porte, non si poteva più aspettare. Era fondamentale stabilire un capo tra i guerrieri; tutti avrebbero dovuto accettarlo e combattere sotto la sua guida. Il giovane druido sapeva che l’unico in grado di adempiere a quel ruolo era il giovane re. Adesso doveva fare in modo che tutti lo accettassero come loro condottiero e per questo aspettava un’indicazione dal cielo, un aiuto dal Saggio Druido. Sapeva anche che tutto succede al tempo opportuno: la rete del Wyrd si propaga attraverso fili sottili, i suoi messaggi sono chiari per chi sa leggerne la trama e formare coscientemente il suo Orlog.
L’indomani, dopo la notte del ritorno, il giovane allievo incontrò il giovane re; i due si guardarono fisso negli occhi per ispezionare i loro cuori, la domanda da parte di entrambi era la stessa: “Mi posso fidare di te?”. Il giovane re fu il primo a parlare: “Pensavo fossi scappato davanti all’imminente battaglia”, poi si lasciò andare a una forte risata. Il giovane allievo rispose: “Avevo qualcosa in sospeso da concludere, adesso sono qui. Se quello che vuoi sapere è se ho paura di morire, la mia risposta è no. Sono già morto”. Concluse la frase con una tale sicurezza e determinazione che lasciò il giovane re senza parole. Dopo qualche istante di silenzio, il giovane re disse: “Domani mattina andremo a caccia e vorrei che tu venissi con noi; abbiamo tante cose di cui parlare sulla battaglia che ci aspetta”. “Non mancherò!”, rispose il giovane druido.
L’indomani all’alba partirono per la battuta di caccia con molti altri guerrieri; il villaggio aveva bisogno di rifornimenti, visto l’arrivo di un così ampio gruppo di persone. Per quei popoli, la caccia non era solamente la ricerca di cibo, ma molto di più. Il loro rispetto per la natura e gli animali non consentiva di vedere la caccia come una semplice risorsa per procurarsi del cibo; essa era una vera e propria battaglia per la vita, dove l’animale e il cacciatore-guerriero mettevano in gioco la loro vita. Infatti, per i guerrieri, durante i momenti di pace, la caccia era uno dei modi per allenarsi alla battaglia e, molti giovani guerrieri, venivano iniziati all’età adulta attraverso l’uccisione di un animale feroce, che molte volte diventava il loro animale totemico, del quale acquisivano le caratteristiche peculiari.
Attraverso un rituale, poi, quella particolare forma di energia veniva inglobata divenendone canali, potendola richiamare quando necessario in momenti particolari.
Gli animali uccisi venivano ringraziati per essersi offerti in sacrificio ed aver offerto la loro vita per il sostentamento della comunità. Il corpo dell’animale veniva utilizzato in tutte le sue parti, anche per la costruzione di utensili o abiti. Niente veniva sprecato e sempre una parte della carne veniva data in dono agli animali della foresta.
Il giovane allievo e il giovane re, dopo un tratto di cammino, si separarono dal resto del gruppo; la loro caccia sarebbe stata solitaria. Non si aspettavano di trovare solo della cacciagione, bensì di trovare delle risposte alle tante domande che si portavano dentro riguardo all’imminente battaglia che avrebbero dovuto affrontare. Nessun auspicio aveva parlato fino a quel momento, nessuna indicazione era stata data, nemmeno le Rune avevano un messaggio che potesse dare delle tracce da seguire. Sembrava che tutto si fosse fermato dopo la morte del Saggio Druido.
I due cominciarono a discorrere, il primo irruento come un torrente di montagna, il secondo saggio e calmo come un lago, riusciva a smorzare gli ardori del primo con poche ma sagge parole. Ad un tratto il giovane re si fermò e, guardando il giovane druido, disse: “Io ti conosco da molti anni”. Il giovane allievo mostrò un’espressione stupita sul volto. “Non fare quella faccia sorpresa”, gli disse il giovane re. “Tu non sapevi di me, ma io sapevo della tua esistenza”.
Cominciò così a raccontare la sua storia di quando, bambino molto piccolo, conobbe il Saggio Druido.
“Nelle sere di luna piena, il Saggio Maestro, nei giorni in cui visitava il nostro villaggio, mi teneva spesso sulle sue ginocchia e mi narrava incredibili storie di guerrieri coraggiosi e valorosi, e di animali mitologici come il Cervo Bianco e il guerriero delle Rune. Poi un giorno vidi il Saggio Druido affrontare tutti gli abitanti del villaggio che volevano cacciare dal villaggio una donna e la sua giovane figlia, cosa che per loro sarebbe stata una morte sicura. La ragione era legata a certi poteri che la bambina sembrava avere; inoltre, si diceva che da quando la bambina era nata, la cattiva sorte si era abbattuta sul villaggio. Il problema principale era che quella bambina spaventava le persone del villaggio solo perché il suo sguardo sembrava leggere nel cuore delle persone, che davanti a lei si bloccavano mentre sentivano il suo sguardo sondare i loro cuori e i loro pensieri. Il Saggio Druido parlò davanti ad un villaggio inferocito come lupi pronti a sbranare un indifeso agnellino. Difese quella bambina e sua madre con un coraggio che non avevo mai visto neanche tra i guerrieri più forti; mise ognuno dinnanzi alle proprie responsabilità, facendo ruotare, quando era necessario, il suo magico bastone colpendo più di qualcuno che si avvicinava troppo alle due donne. Alla fine quando gli animi si furono placati e i mostri che vivevano dentro quelle persone ritornarono nelle loro tane, il Saggio Druido disse: Per aver scaricato su questa povera ragazza e sua figlia le vostre mancanze pagherete le giuste pene. Odino non dimentica… Riguardo a queste due creature non posso lasciarle ai vostri cuori di pietra che domani torneranno sicuramente ad usarle per giustificare le vostre mancanze. All’alba partiranno con me e le porterò in un villaggio a voi sconosciuto dove questa bambina potrà crescere con la giusta serenità. Voi, stolti, non sapete che possibilità questo villaggio ha perso”.

Il giovane re continuò: “Nessuno ebbe il coraggio di dire una sola parola tanta era la forza delle sue. Fu quello il momento in cui decisi di diventare un Druido e di diventare suo allievo: volevo essere esattamente come lui”. Da quel momento la voce del giovane re diventò più triste: “Quando, però, gli parlai delle mie intenzioni lui mi disse subito che non era possibile. Capisci, mi rifiutò. Mi disse che il Wyrd aveva altri importanti obiettivi per me in questa vita, che dovevo diventare un guerriero e, come mio padre prima di me, avevo un importante missione da compiere e dovevo portarla a compimento.
La cosa mi dispiacque ma mi misi subito all’opera; in fondo la vita dei guerrieri mi piaceva e poi credevo alle sue parole… fino al giorno in cui mi sentì tradito e fu quando arrivò al villaggio la notizia che il Saggio Druido aveva un nuovo allievo al suo villaggio che viveva con lui e che l’addestramento per un nuovo druido era cominciato.
Quando lo vidi, dopo qualche tempo, gli chiesi perché mi avesse rifiutato per prendere un altro al posto mio, perchè avesse scelto te al posto mio, cosa avevi tu più di me, non ti conoscevo ma ti odiavo già, avevi preso il mio posto vicino a lui. Il Saggio druido mi ricordò quanto detto tempo prima, cioè che il mio Wyrd era diverso e che l’energia a cui dovevo fare riferimento era quella di Nerz della classe guerriera. Mi sentivo comunque tradito, ferito, abbandonato. Il colpo finale arrivò quando scoprì che anche quella bambina cacciata dal nostro villaggio era diventata sua allieva… lo lessi come un rifiuto ancora più grande e non accettabile! Da quel momento cominciai ad andare contro tutti i suoi consigli e a rifiutarli, volevo diventare così forte da non avere più bisogno di lui, volevo solamente fargli capire quanto si era sbagliato ad allontanarmi dalla sua vita. L’ultima volta che lo vidi cercai di impressionarlo, di fargli vedere quanto forte fossi diventato: lui voleva un guerriero ed ecco davanti a lui il più forte di tutti. Spinsi il mio clan, con una scusa, ad attaccare un villaggio al nord che non ci aveva dato il dovuto rispetto, sconfissi il loro capo in battaglia e portai via le loro donne. Poi il Saggio Druido venne al mio villaggio; i suoi occhi quel giorno lanciavano saette infuocate. Fece uscire tutti dalla mia capanna e mi descrisse, con parole di fuoco, com’ero diventato e cosa invece avrei potuto essere; mi mostrò uno ad uno tutti gli errori del mio percorso quasi come fosse stato sempre al mio fianco e mi disse che avevo ridotto il mio villaggio fortificato ad una gabbia fatta solo per proteggere me stesso dalle mie paure. Mi lasciò così, solo con le sue parole che mi lavoravano al mio interno e che ogni giorno mi risuonavano dentro, avevo paura d’impazzire in quei tempi o forse pazzo lo era già diventato. Per non ascoltare quella voce interiore dovevo rafforzare la mia follia, ogni giorno dovevo essere sempre più arrogante, sempre più spietato. Fino al giorno in cui arrivaste tu e Bran al villaggio per convincere il mio popolo e me ad unirsi in battaglia. Avevo deciso che ti avrei spazzato via, che avrei dimostrato che non eri all’altezza. Poi le tue parole toccarono profondamente qualcosa in me che non era morto, mi fecero capire che il Saggio Druido mi stava dando un’altra possibilità, che avrei potuto riscattare quanto fatto ed è per questo che oggi sono qui. Adesso capisci perché devo prendere il comando dei guerrieri e combattere questa battaglia: devo farlo per Lui. Sono certo che era questa la prova a cui mi diceva di essere chiamato fin da bambino”.
Il giovane allievo rimase per un attimo senza parole adesso capiva tante cose successe in passato, adesso capiva da dove arrivava la giovane druidessa e lui sapeva bene cosa significava essere nudi davanti al suo sguardo. Capì anche perché quando qualche villaggio veniva a lamentarsi dal Saggio Druido di quel giovane re e della sua arroganza notava nel Saggio Maestro un velo di tristezza e un dolore nello sguardo. Ma soprattutto capiva che la sua missione nel convincere i villaggi ad unirsi in battaglia non aveva solo quella funzione ma consisteva anche nell’aiuto da parte del Saggio Druido nel salvare quel giovane guerriero dalla sua autodistruzione. Era contento di aver colto immediatamente che fosse lui il predestinato a guidare il loro popolo in battaglia, il Saggio Maestro aveva avuto ancora una volta ragione a mandare lui e Bran in missione e pensò che sarebbe stato fiero di loro e del loro lavoro.
Si sentì legato a quel giovane guerriero da un affetto profondo, neanche lui d’altronde aveva avuto la possibilità di salutare il Saggio Druido. Poteva comprendere la sofferenza di essergli stato così vicino e non aver potuto vivere al suo fianco. Non disse niente, non aveva parole per scusarsi di essere stato lui il prescelto, ma ebbe un moto di vergogna pensando ai suoi ultimi comportamenti. Rimase così, semplicemente in silenzio, attendendo qualche messaggio dalla natura nella quale erano immersi. All’improvviso notò una foglia, appesa ad un ramo davanti a lui, l’unica a muoversi tra tutte le altre. Si mise così in ascolto sapendo che qualcosa di particolare stava per succedere ed ecco, come se qualcosa o qualcuno avesse ascoltato la sua richiesta, un bellissimo esemplare di cervo spuntare dalla boscaglia; non solo era bellissimo e maestoso ma era anche bianco. L’animale sacro si offriva loro, proveniente dall’altro mondo, Anwn per indicare la strada.
I cani partirono all’inseguimento di quel bellissimo esemplare e con loro i due ragazzi. In quel momento tutto si trasformò: i loro passi, i rumori, i colori del bosco, tutto sembrava essere al di fuori dello spazio e del tempo, tutto ovattato e rallentato. Il cervo, sua sfortuna, entrò in una radura chiusa da entrambi i lati da pareti non scalabili. I cani cercarono di attaccarlo ma la sua forza e le sue corna erano troppo potenti per loro. Il giovane druido stava incoccando la sua freccia quando vide da sopra la rupe il giovane guerriero buttarsi dall’alto di una roccia con un coltello tra i denti sull’animale; rimase impietrito dinnanzi a quell’atto di estremo coraggio del giovane guerriero che voleva un duello, voleva sconfiggerlo in un combattimento leale. Il cervo lo scaraventò al suolo cercando di colpirlo con le sue corna, allora il giovane druido incoccò nuovamente la freccia ma poi capì che quella non era la sua battaglia. Quella era la battaglia del giovane re e il bianco cervo, era la battaglia per conquistare il comando e poter adempiere alla missione che il Saggio Druido gli aveva affidato anni prima. Abbassò l’arco e decise che qualsiasi cosa fossa successa non si sarebbe intromesso. Il giovane re cadde più volte ferito dalle corna di quel possente animale; il giovane allievo temeva ormai il peggio quando il giovane re riuscì con una mossa repentina che mostrava tutta la sua forza e la sua agilità a infilargli la lama nel cuore e ad ucciderlo all’istante senza farlo soffrire. Il giovane re era ferito e sanguinante; il giovane druido decise che l’avrebbe curato poi, in quel momento era importante compiere il giusto sacrificio. Il giovane druido, guidato da riti ancestrali, quasi fosse in uno stato di trance prese il coltello tra le sue mani, estrasse il cuore dell’animale ancora caldo, con una precisione e destrezza che sembrava essere un’operazione ordinaria per lui, ne tagliò un pezzo e lo diede al giovane re perché lo mangiasse recitando le parole: “Io e te adesso siamo uniti per sempre, purifica il mio cammino, indicami la via verso il mondo dell’Annwn dove io possa trovare la forza e il coraggio per adempiere al mio Wyrd”. La radura si era trasformata in quel momento in un tempio e i due ragazzi stavano eseguendo un rito antico di una forza incredibile, il collegamento con energie della natura sempre presenti ma che solo in certi momenti possono essere utilizzate. Tanto forte era quell’energia che Bran e la giovane druidessa al villaggio capirono che qualcosa di magico stava succedendo nella foresta.
I guerrieri che arrivarono sul luogo qualche tempo dopo furono stupiti di vedere un cervo bianco di tali dimensioni. Il giovane druido raccontò della lotta tra i due senza mancare di mitizzarla, perché quello contava per il popolo della foresta, era il mito che si sarebbe protratto da padre a figlio per generazioni e non i particolari della battaglia.
Questo era il segno aspettato dagli dei che avevano scelto il condottiero dei popoli celti, colui che doveva guidarli in battaglia. L’animale fu trasportato al villaggio per organizzare la festa in onore dei due contendenti che tanto coraggiosamente si erano affrontati.
Il giovane allievo nel suo cuore aveva una preoccupazione e, quando la giovane druidessa, leggendogli il cuore, gliene chiese il motivo lui rispose che alcuni guerrieri avevano ancora delle resistenze verso il giovane re, che la battaglia sarebbe stata difficile e solo un grande capo, seguito da tutti, avrebbe potuto portare in battaglia il loro popolo con qualche speranza di vittoria.
Quasi come avesse letto nei suoi pensieri il giovane re si alzò in piedi e fece segno di voler parlare:
“Tanti di voi ho ferito con il mio comportamento, perdonate la mia irruenza giovanile. Sappiate che non solo gli dei oggi mi hanno indicato la strada ma io stesso ho deciso che sarò il capo di voi tutti guerrieri e donerò con gioia la mia vita per la vostra”. Per questo vi chiedo di seguirmi in battaglia e di morire insieme da fratelli”. A quelle parole il i tre ragazzi notarono una stella nel cielo brillare di un’intensità mai vista prima, mentre urla di gioia risposero all’unisono a quelle parole: adesso tutto era compiuto. Mentre tutto il villaggio banchettava alla luce dei fuochi, il giovane allievo che si era allontanato in una radura isolata venne raggiunto da Bran e dalla giovane druidessa. Sentì la loro presenza dietro di lui e disse senza voltarsi: “Guardate le Pleiadi come splendono stanotte, annunciano che la battaglia è vicina, servirà tutta la nostra arte magica, prepariamoci”.
Bran guardò i suoi amici per un attimo e quasi si sentì in diritto di liberarsi dopo quei giorni di grande tensione. Con gli occhi che luccicavano, disse: “Mi manca!”. I due ragazzi rimasero in silenzio ma si avvicinarono a Bran. Tutto taceva intorno a loro, non un soffio di vento. Dopo qualche minuto, il giovane allievo disse: “Lui è in mezzo a noi anche in questo momento.” Raccolse dal suolo delle foglie secche, alzò la sua mano verso il cielo e l’aprì facendole cadere verso terra. Le foglie dapprima precipitarono verso il suolo ma a metà strada, quando mancava poco a toccare il terreno, una folata di vento, arrivata dal nulla, le alzò verso il cielo spingendole lontano dai tre ragazzi che le guardavano con lo sguardo luccicante.
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Bellissimo questo racconto! Attendo sempre il seguito con gioia!
Grazie per il commento Manuela, ne siamo lietissimi!
Grazie di ❤️
È un bellissimo racconto, toccante
Un tempo pensavo che la battaglia fosse al di fuori,ci è voluto molto tempo e ho “imparato” (ci provo) a interpretare i messaggi,ora so che la battaglia è dentro di me
Buona giornata 😊
Grazie Alessandra per il commento, un messaggio molto interessante. Buona giornata!