“Il mondo non esiste, è un’illusione!” Quante volte in ambito spirituale abbiamo sentito parlare della matrix, del mondo illusorio o abbiamo ascoltato il saggio guru campione di visualizzazioni sui social che, pronunciando bei concetti con parole suadenti, è riuscito proprio a convincerci che il mondo che viviamo non è reale.
Il giorno dopo però spiegarlo al capo, dopo che abbiamo commesso il solito errore grossolano che ci contraddistingue, non è stato così facile.

Ma cosa c’è dietro a questa affermazione tanto abusata da farne ormai un cliché spirituale?
È troppo semplicistico, e forse troppo comodo, pensare che il mondo che ci circonda sia frutto di un fenomeno a noi esterno che osserviamo passivamente e sul quale non abbiamo nessun controllo se non come spettatori inermi. Provando a essere più obiettivi non possiamo non considerare che ciò che viviamo sia profondamente influenzato da qualcosa che ha origine in noi stessi.
Nelle antiche Tradizioni la conoscenza dei vari aspetti dell’uomo e del suo funzionamento sono oggetto di studio continuo e ogni aspetto viene trattato con profonda serietà. Negli Yogasūtra di Patañjali possiamo trovare uno spunto per portare un po’ di luce su questo argomento. Alcuni sūtra trattando di una caratteristica, o meglio, una condizione della mente che contraddistingue l’essere umano, e diventarne consapevoli può offrire nuovi stimoli al serio cercatore.
Se intendiamo lo Yoga non come una serie di contorsioni fisiche, ma come un sistema scientifico di pratiche che consentono lo sviluppo armonico dell’uomo con l’unico fine di favorire la sua unione con il principio divino celato dentro di lui, possiamo comprendere come sia necessario, se si sente la necessità di procedere su questo cammino, coltivare una seria ricerca interiore in mezzo a tutti gli interessi e gli impegni che fanno parte della vita di tutti i giorni. Ma quanto e perché tutto questo insieme di eventi ed energie che ci troviamo a vivere – con piacere o meno – ci coinvolge rende difficoltosa la nostra ricerca?
Patañjali parla del vikṣepa come delle distrazioni che mantengono la mente dell’uomo completamente rivolta verso gli oggetti e gli eventi del mondo esterno tanto che, nella stragrande maggioranza delle persone, questi occupano interamente il loro interesse. Se proviamo ad osservare la nostra mente durante la giornata potremmo renderci conto che viene trascinata in direzioni sempre diverse a seconda delle circostanze, ed è molto complicato mantenere una centratura. Questa condizione rende la mente inadatta all’esercizio dello Yoga, dove ciò che si coltiva è un tipo diverso di coscienza che si rivolge verso l’interno, tesa al contatto con i Principi Superiori.
Da che cosa deriva questa tendenza della mente a volgersi interamente verso l’esterno?
Per provare a comprenderla possiamo innanzitutto considerare come il suo funzionamento sia simile a uno specchio che, come ben sappiamo, riflette un’immagine identica a quella originale che sembra trovarsi in una posizione nello spazio dove in realtà non vi è nulla che vi corrisponda. Essenzialmente il mondo delle forme che ci è tanto familiare è formato da un processo di proiezione mentale, la cui causa è l’informazione che viene trasmessa al cervello dagli organi di senso a conseguenza della loro interazione con i fenomeni esterni. L’informazione così ottenuta viene poi decodificata andando a formare un’immagine nella coscienza. Conseguentemente la mente proietta questa immagine fuori di sé facendo da ponte di collegamento tra il mondo esterno e la realtà interna. In sostanza è questo fenomeno di proiezione che ci dà l’impressione di un mondo reale fuori di noi – e potremmo aggiungere – l’impressione di un mondo che crediamo di conoscere e di comprendere.
Le riflessioni che si possono aprire a questo punto sono innumerevoli e i sūtra ci vengono in soccorso esponendo quali sono le distrazioni, le loro conseguenze e le azioni da adottare per superarle. Vorremmo però soffermarci su un altro punto. Da che cosa dipende quel film che proiettiamo dalla mattina quando ci alziamo dal letto, alla sera quando andiamo a dormire? È una storia divertente e gradevole, o è un film dell’orrore? E che influenza possiamo avere sulla qualità della pellicola?
In generale ci pensiamo persone libere di agire come meglio crediamo, ne siamo convinti, ma le nostre azioni e la qualità delle situazioni che viviamo dipendono essenzialmente da qualcosa che è radicato dentro di noi che sostanzialmente non conosciamo e che proiettiamo all’esterno. Tutto ciò ci porta a vivere esperienze ripetitive e a riversare fuori di noi la colpa della nostra condizione. Al capo prepotente che è troppo esigente, al compagno egoista e anaffettivo, al genitore possessivo che ci controlla.
A questo punto la svolta per ognuno di noi, se la necessità di sperimentare qualcosa di diverso e più vero è spinta da un desiderio sincero, può partire dal volgersi verso l’interno e osservarsi con onestà. Le domande che scaturiranno da questa azione e la curiosità e la passione con cui le inseguiamo senza accontentarci di una risposta scontata saranno il carburante che alimenterà la nostra ricerca.
Il potere che possiamo esercitare sulla nostra vita non proviene da un atto di forza teso a voler piegare gli eventi a ciò che desideriamo, ma deriva essenzialmente dal comprendere il perché desideriamo e dalla volontà di mettere in discussione ciò che abbiamo sempre pensato e che abbiamo ritenuto verità assoluta e indiscutibile. A questo punto non possiamo non considerare come il mondo che osserviamo dipende in prima istanza da noi, e cominciare ad assumersi la responsabilità delle nostre azioni e dei nostri atteggiamenti verso le altre persone non può far altro che agevolare la nostra evoluzione e il nostro cammino.
E tu che mondo stai guardando e quale mondo desidereresti vedere?
BIBLIOGRAFIA
Taimni I.K., La Scienza dello Yoga, Astrolabio Ubaldini Editore, Roma, 1970.


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