Secondo la tradizione ebraica – e non solo – la Torah, ossia il Pentateuco, corrispondente ai primi cinque libri della Bibbia cristiana, è considerata come la rivelazione diretta di Dio. Diversamente, tutti gli altri scritti sacri sono considerati frutto di un’ispirazione divina.
La Torah parla esclusivamente dell’uomo e della sua relazione con Dio, descrivendo nei minimi particolari il processo iniziatico che ciascuno di noi è chiamato a compiere per riconoscere e liberare la sua natura divina. Pertanto, nel linguaggio biblico l’aspirazione verso il Creatore è chiamata Israele, mentre l’aspirazione a ricevere i piaceri del mondo è chiamata le nazioni del mondo.
I primi ostacoli in cui generalmente ci si imbatte nel voler affrontare con serietà e profondità lo studio della Torah, sono di carattere religioso-culturale. Non di rado, infatti, il Vecchio Testamento viene considerato come un libro sacro di seconda categoria se confrontato con il Nuovo Testamento; a volte viene addirittura considerato come un manuale dogmatico da seguire scrupolosamente per assicurarsi la protezione di un Dio geloso e vendicativo.
Come ben presto vedremo, una visione del genere rivela una superficialità di approccio che non rende assolutamente onore ai profondi insegnamenti contenuti nella Torah, per nulla differenti da quelli contenuti in altri scritti sacri più recenti come i vangeli o le rivelazioni gnostiche; anzi, si potrebbe tranquillamente ipotizzare che questi ultimi presentino attraverso un linguaggio e un simbolismo diverso il medesimo insegnamento, senza nulla aggiungere.
Ogni parabola o messaggio contenuti nel vangelo cristiano – scorporati dal contesto narrativo della storia – si ritrovavano già tutti senza eccezione nel Talmud, ossia il commento alla Torah. Qualsiasi profondo conoscitore di questa tradizione avrebbe tranquillamente potuto inventare la storia di Gesù inserendo a ragion veduta tutti gli insegnamenti che ora noi vi possiamo trovare.
Ciò non deve comunque trarre nell’inganno di considerare marginale o incompleta la rivelazione cristica, ma piuttosto far prendere confidenza con il fatto che non si tratta di un insegnamento ex-novo, né tantomeno migliore o più completo di quello contenuto nella Torah. Il messaggio vitale è sempre lo stesso, indipendentemente dal periodo o dalla tradizione di riferimento; approfondirlo tramite un linguaggio a noi più affine e più in sintonia, ci permetterà di comprendere meglio anche tutti gli altri.
Questo breve scritto vuole solo offrire uno spunto di riflessione per un non comune metodo di studio attraverso cui poter “meditare” gli affascinanti quanto enigmatici insegnamenti contenuti nel libro sacro più letto dal mondo, la Torah appunto, il cui nome significa appunto insegnamento. Per tale ragione verranno presi in considerazione solo pochi versi della Genesi come esempio esplicativo di un approccio all’intero libro.