Il Grande Gatto e il Mondo di Quark

Viviamo in un’epoca così ricca di tecnologia e d’informazioni immediatamente disponibili, che ci pare di avere accesso a ogni risposta, specie se si tratta di argomenti scientifici.

Siamo cresciuti nelle certezze del “progresso” e ci siamo abbeverati ai mirabolanti programmi televisivi del Mondo di Quark di Piero Angela, col sottofondo musicale rassicurante dell’Aria sulla IV corda di Bach.

Siamo stati educati fin da piccoli a pensare alle leggi della fisica come a qualcosa di scontato, meccanico, privo d’intelligenza. Qualcosa che non ha significato o ragioni da investigare e capire: esiste e basta, quindi va bene così e non c’è altro da cercare, sono solo informazioni più o meno complesse da studiare a memoria senza porsi troppe domande… ma è proprio tutto così semplice e scontato? A un sincero e attento cercatore non può sfuggire il vuoto di risposte e di significati.

Ad esempio, la forza di gravità che ci tiene attaccati al suolo, che fa cadere gli oggetti, che regola le orbite delle stelle e dei pianeti, ecc., indubbiamente esiste e ne facciamo ogni giorno esperienza, ma possiamo realmente dire di conoscerla? Sappiamo come un corpo ne attrae un altro attraverso la sua massa? E perché esiste questo fenomeno? C’è una volontà e quindi un’intelligenza che la alimenta?

In realtà la forza di gravità rimane ancora un vero enigma per la scienza moderna, ma ciononostante si arroga il diritto di affermare che, tutto sommato, non ha significato cercare altri significati: esiste e basta e ci si deve accontentare di misurarla.

La religione – altra orgogliosa creatura dell’intelletto umano – esclude che vi sia significato umanamente comprensibile nel “mistero della Creazione” e delimita dogmaticamente la presenza dell’intelligenza in tutto l’universo a due soli soggetti: la divinità e l’uomo. A quest’ultimo propone dei comandamenti e delle regole di vita, a loro volta non spiegate ma imposte sotto il ricatto di una terribile punizione da scontare dopo morti.

La religione lascia quindi lo studio delle leggi della fisica agli scienziati, evitando di collegarle all’intelligenza divina e considerandole pertanto non di sua pertinenza e competenza. Nell’approccio culturalmente assolutistico e dogmatico alla realtà, non solo scienza e religione non sanno dare risposte utili alla comprensione del perché viviamo e perché la vita ci pone di fronte determinate esperienze ogni giorno, ma non sanno neanche porsi le domande!

Invece in alcune civiltà antiche, indubbiamente molto più avanzate della nostra sotto molti aspetti, la realtà era investigata, compresa e spiegata grazie alla Scienza Sacra, che si approcciava alla vita nell’unico modo possibile per comprenderla: quello di vederla come un unicum, immensamente complesso e immensamente intelligente, sostenuto da principi che è dato all’uomo di conoscere, purché lo desideri veramente e si metta al lavoro per ampliare il proprio livello di coscienza.

Nell’Antico Egitto, ad esempio, la Scienza Sacra era giunta a un livello eccelso di sviluppo e le leggi esistenziali erano state comprese e quindi seguite e rispettate. Liberi dai subdoli e ipocriti vincoli delle morali (tipiche degenerazioni della civiltà attuale) gli antichi Egizi, in alcune epoche fortunate, conoscevano le regole del gioco e rispettandole avevano accesso alla felicità individuale e sociale. Per questa ragione a quei tempi, “coloro che sapevano” affermavano che la peggior sventura per l’umanità era l’ignoranza di tali regole.

Parti importanti della Scienza Sacra degli antichi egizi sono giunte fino a noi. I principi erano chiamati Neter ed erano raffigurati simbolicamente attraverso l’associazione con gli animali. Avendo noi perso oggi una determinata capacità di comprensione, interpretiamo superficialmente i Neter come semplici divinità antropomorfe, utilizzando la nostra chiave di lettura riduttiva e mentaloide.

Gli archeologi negli ultimi due secoli di scavi, si sono convinti di aver individuato un’ennesima religione politeista, considerata oltretutto barbara e arretrata secondo il metro di misura della nostra civiltà monoteista. Che folle e fuorviante convinzione!

I Neter non sono capricciose e imprevedibili divinità comparabili all’immagine del temibile e vendicativo dio evocato dalla religione cattolica. Piuttosto, rappresentavano ognuno un particolare aspetto dell’unicum di cui sopra, un escamotage per aiutare a comprendere e conoscere l’Infinito. Quindi, erano certamente delle divinità, ma anche leggi della fisica, principi regolatori, forze ispiratrici, energie evolutive, eccetera, senza vincolo di paradigma concettuale.

Dato che “com’è in alto così è in basso”, i Neter erano ovviamente anche il riferimento per l’esistenza umana. Lo stesso principio poteva regolare le modalità per l’attrazione fra due esseri umani, il movimento delle maree, il legame fra il Faraone ed il suo popolo e anche far orbitare i pianeti o, per dirla come dante Alighieri, essere “L’Amor che muove il sole e l’altre stelle”. Nei dipinti, sculture e bassorilievi troviamo innumerevoli rappresentazioni simboliche dell’azione dei Neter.

Ad Eliopolis, ad esempio, si sono trovati affreschi raffiguranti un grande gatto che ferisce con un coltello un sinuoso serpente. Il Grande Gatto di Eliopoli era una forma esplicita di Ra, con il compito di proteggere il sole nascente Khepri, dal malefico serpente Apopi, il cui obiettivo era opporsi alle forze ordinatrici della Luce per riportare tutto allo stato di caos primordiale.

Il gatto talvolta è rappresentato con lunghe orecchie, simili a quelle del serval. La posizione stessa delle orecchie, abbassate all’indietro, è tipica di questo particolare felino quando “soffia”. Il manto maculato e la predilezione del serval per gli habitat con erba o canne alte vicino ai corsi d’acqua, ne fanno l’animale di riferimento per queste rappresentazioni.

Ma per quale ragione gli antichi egizi utilizzarono gli animali per le loro rappresentazioni simboliche e perché quegli specifici animali e non altri? L’uso degli animali, di piante e di cose conosciute e di uso comune per la gente, era probabilmente la via migliore per trasmettere in forma simbolica, a ognuno di quelli che guardavano il dipinto, il significato e l’energia della rappresentazione. In relazione al proprio grado di coscienza e quindi al rispettivo livello di capacità ricettiva, ognuno poteva assimilare il messaggio e trarne una spinta evolutiva.

Non in un solo esemplare, ma nell’intera specie rappresentata visivamente da ogni animale della stessa razza, vi è tutto il significato e l’energia di una specifica caratteristica della Vita. Osservando il serval in natura si vede che è un grande cacciatore di serpenti, anche velenosi. La sua abilità nello schivare gli attacchi dei rettili e nel colpirli e morderli a sorpresa è inarrivabile.

Il serpente rappresenta simbolicamente la capacità di arrivare sulla sua preda non visto grazie al suo modo di procedere strisciante e silenzioso, spesso nascosto nell’erba alta, e di colpire a morte grazie al suo veleno. Il serval vince il serpente per la sua capacità di percepire la presenza del rettile grazie alle sue grandi e sensibili orecchie, per la grande capacità di presenza e attenzione e i suoi magnifici riflessi durante il combattimento, e infine per il coraggio e la rapidità nel colpire l’avversario.

In natura non c’è morale ed entrambi gli animali hanno pieno diritto di esistere e di usare il proprio istinto per sopravvivere, ma dal punto di vista simbolico diventa una battaglia fra il bene (spinta evolutiva, creatività, felicità) e il male (spinta involutiva, distruttività, sofferenza).

Quella che è rappresentata negli affreschi non è una tipica caccia fra animali: sembra più un’esecuzione, o l’applicazione di una pena, eseguita dal Grande Gatto nei confronti del Serpente con un apposito coltello. Il risultato è quello che il caos viene bloccato e la Luce può arrivare.

Migliaia di anni fa, come ancora ai giorni nostri, per l’Iniziato il significato dell’affresco è evidente: grazie all’aiuto di un principio divino positivo risvegliato e accolto in se stesso, espresso nel dipinto con la figura del Grande Gatto, è possibile vincere la battaglia interiore contro i propri lati oscuri simboleggiati dal Serpente. La sconfitta rituale di questi ultimi consente il “sorgere del Sole” in se stesso e di essere quindi “inondato di luce”.

Il messaggio simbolico giunto a noi attraverso i secoli indica anche chiaramente qual è il modo in cui bisogna agire: i nostri aspetti distruttivi sono infidi, silenziosi, velenosi e letali per la nostra evoluzione e per la felicità, proprio come un serpente lo è per le sue prede. Per sconfiggerli occorre essere attenti, coraggiosi, determinati e rapidi nell’agire come un serval…

Certo, nulla di obbligatorio; si può vivere anche rilassati e senza farsi troppe domande, restando metaforicamente sdraiati tutta la vita su un comodo divano ad ascoltare l’Aria sulla IV corda, immersi per sempre nel magico Mondo di Quark.


Ascolta l’articolo in formato podcast:

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