L’eredità di Giovanni Feo

Domenica 16 Giugno 2019: un grande uomo ha terminato il suo viaggio in questo mondo. Una vita vissuta in modo pieno, intensa, assaporata fino in fondo; una vita condivisa con molte persone, vicine e lontane, dedita allo studio, alle esplorazioni, alla ricerca di ciò che è vero e che contraddistingue tutta l’umanità, in tutte le epoche.

Con questo breve post non vogliamo cadere nella consuetudine di compiangere una persona scomparsa mitizzandola a tutti i costi. Giovanni Feo, come tutti, aveva sicuramente le sue debolezze e le sue paure; ciononostante ha saputo – anzi, ha voluto – spingersi oltre molte barriere considerate invalicabili dalla maggior parte delle persone.

Fin da giovane ha inseguito un sogno, forse un richiamo antico, e ha saputo porlo sempre prima di ciò che comunemente viene inteso come “se stesso”: notorietà, successo economico, riconoscimento accademico, approvazione sociale, eccetera.

Ma cosa lo rendeva una persona così straordinaria? Non soltanto la sua profonda conoscenza, più unica che rara, dell’antico popolo Etrusco, non soltanto la sua impressionante padronanza del territorio in cui viveva, e neanche le sue incredibili scoperte archeologiche.

Tutti questi aspetti sono stati e saranno certamente decantati più di ogni altra cosa quando si evocherà il suo nome, ma noi ora vorremmo invece ricordarlo in alcuni piccoli sprazzi di vita quotidiana che, a nostro avviso, evidenziavano la sua bellezza più di ogni altra cosa.

Quando ci accompagnava in “esplorazione” sembrava trasformarsi in un folletto dei boschi, rivelando un’agilità non comune nel muoversi attraverso percorsi non battuti. Mostrava rispetto e sacralità per la natura in ogni particolare: per la vegetazione, gli animali, le grotte, e per i sentieri meravigliosi creati dal tempo.

Eremo di Poggio Conte

Sapeva comunicare con grande passione e semplicità tanto ai dotti quanto ai bambini, che incantava con i suoi racconti, anche i ragazzini più vivaci. L’importante per lui non era mostrare la sue conoscenze, ma accendere qualcosa negli altri. Non di rado, coglieva l’occasione per inserire nei suoi racconti pillole di saggezza per chi aveva di fronte, consapevole del fatto che la verità la si deve scoprire anche dentro se stessi, e non solo nell’eredità degli antichi, altrimenti rimarrebbe filosofia morta.

Diversamente da quello che si potrebbe immaginare, quando condivideva le sue ricerche e le sue scoperte non offriva nuove certezze, ma al contrario apriva le porte ad affascinanti misteri, ed era realmente felice quando le persone a fine giornata si portavano a casa nuovi punti interrogativi, mettendo in discussione i capisaldi di una cultura contemporanea assurda e palesemente fallimentare. Accoglieva le interpretazioni, i commenti e i sentimenti di chi si trovava in sua compagnia, anche i più insoliti o bizzarri, e non scartava mai nulla a priori.

Il suo sguardo luminoso era sempre attento alle necessità di chi aveva di fronte, anche se si trattava di un gruppo di persone molto diverse tra loro. Aveva sempre una parola buona per tutti, e con piccoli gesti di gentilezza sapeva coinvolgere ognuno in quei racconti che, ogni volta, suonavano come nuove avventurose scoperte.

Era ben cosciente di tutte le resistenze e le meschinità proprie di un sistema come il nostro, improntato solo sul profitto e sugli interessi personali, ma non si faceva scalfire più di tanto, e certamente non si è mai fatto coinvolgere.

Nessuno meglio di lui conosceva i luoghi in cui ancora oggi sono celate molte tombe e manufatti etruschi originali, ma il suo senso del sacro gli ha sempre imposto di proteggerli dal mercato dei tombaroli quanto dal rischio che potessero essere archiviati dalle “autorità” nello scantinato di qualche museo, perché – cosa che gli accadde non poche volte in passato – considerati scomodi per la storiografia ufficiale.

Anche la sua disponibilità andava oltre le normali aspettative. A fronte di qualsiasi necessità o per incontri importanti, non si risparmiava mai e non si faceva incatenare dalle convenzioni comuni (feste natalizie, vacanze, eccetera). Quando quel mondo che gli stava a cuore “chiamava”, lui rispondeva sempre, subito, senza rimandare o scendere a comodi compromessi.

Vogliamo infine ricordarlo nei suoi ultimi giorni, quando ci disse con estrema tenerezza e con gli occhi lucidi, nel vederci preoccupati per la sua condizione fisica:

“Non vi preoccupate, sia io che voi sappiamo che c’è qualcos’altro oltre questo corpo fisico. Sarà quel che sarà, io sono sereno. Qualcosa sta cambiando, qualcosa si sta accendendo nel mondo.”

Ci piace ora immaginare Giovanni al di là di questo mondo, ormai unito a quello etrusco che ha sempre amato e che, in qualche modo, ha riportato a nuova vita. Arrivederci Giovanni, ti auguriamo tutti un felice mutamento.

4 risposte a "L’eredità di Giovanni Feo"

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  1. Un grazie di cuore a Giovanni per tutto quello che ha fatto. Spero vivamente che altre persone possano tenere vivo il suo lavoro.

  2. Feo è riuscito a rendere viva una tradizione antica e misteriosa con una semplicità disarmante. Mi reputo fortunata di avere i suoi libri che, a differenza dei cosiddetti etruscologi di stampo accademico, sono pieni di vita e di sacralità. Buon viaggio Giovanni!

  3. Ho letto il bellissimo commiato che avete scritto su Giovanni Feo. Lo avevo conosciuto e frequentato da qualche anno e concordo su quanto avete scritto. Ho tutti i suoi libri e porterò sempre con me la nostalgia di aver passato troppo poco tempo insieme a lui. Era una persona rara e preziosa, ha amato moltissimo il territorio in cui viveva ed il lago di Bolsena, un lago antichissimo e sacro che andrebbe tutelato e salvaguardato. Un tesoro della Tuscia che in terra straniera sarebbe stato valorizzato credo molto meglio di come si sta facendo nella regione Lazio. Buon viaggio anche da me caro Giovanni, che la Madre sia con te. Patrizia dall’Umbria

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