Il ricordo di sé nella Quarta Via (cap. 30)

Che Dio e tutti i suoi angeli ci impediscano di fare il male aiutandoci sempre e ovunque a ricordarci di noi stessi.

G.I. Gurdjieff (1)

Nel sistema della Quarta Via, ricordare se stessi significa la stessa cosa che essere consci di se stessi: Io sono. Qualche volta ciò viene da sé; è una sensazione stranissima. Non è una funzione, né un pensiero, né un sentimento; è uno stato di consapevolezza diverso. (2)

Se nella vita cerco di comportarmi meglio o cerco d’avere maniere migliori, l’atto di cercare non è lo stesso che essere nello stato di avere un comportamento o delle maniere migliori. (3)

Per mezzo del ricordo di sé, noi ci mettiamo sotto nuove influenze che altrimenti non potrebbero raggiungerci. Se sentite la meraviglia della vostra propria esistenza, se sentite il miracolo del vostro corpo, della vostra consapevolezza, del mondo che vi circonda, se voi cominciate a chiedervi chi siete, allora voi entrerete nello stato necessario per il ricordo di sé. (4)

Quando uno è conscio di sé se ne accorge: è una sensazione del tutto diversa. Se cerchiamo di essere consapevoli per un momento, e poi lo confrontiamo con un altro momento in cui non abbiamo cercato di essere consapevoli, vedremo la differenza. Non può essere descritta. In un determinato momento siamo consapevoli di noi stessi, in un altro non lo siamo: facciamo delle cose, parliamo, scriviamo e non siamo consapevoli.

C’è una differenza tra l’osservazione e il ricordo di sé. L’osservazione di sé è sempre diretta a qualche precisa funzione: osserviamo o i nostri pensieri, o i movimenti, o le emozioni, o le sensazioni. Essa deve avere un oggetto preciso che noi osserviamo in noi stessi. Ricordare noi stessi non ci divide, dobbiamo ricordare l’intero, è semplicemente la sensazione dell’io, della nostra stessa persona. Essi possono venire assieme, particolarmente in stadi successivi, e allora saremo capaci di farli entrambi allo stesso tempo: osservare qualcosa di preciso, o riconoscere manifestazioni in noi stessi, e ricordare noi stessi; ma al principio le due cose sono diverse.

Si comincia con l’osservazione di noi stessi – questa è la maniera normale – e attraverso questa ci renderemo conto di non ricordare noi stessi. Quando ci renderemo conto di ciò, e che in momenti molto rari ricordiamo noi stessi, allora qualsiasi persona che non è decisamente prevenuta sarà capace di comprendere che è possibile aumentare questi momenti di ricordo di sé. E allora cercheremo di farlo. (5)

Tre minuti al giorno di attenzione possono trasformare una vita, un attimo di disattenzione può stroncarla. (6)

I primissimi tentativi di tale divisione dell’attenzione mi mostrarono la sua possibilità. Al tempo stesso, feci altre due constatazioni. Anzitutto vidi che il ricordarsi di sé ottenuto in questo modo non aveva nulla in comune con 1’introspezione, o con l’analisi. Si trattava di uno stato nuovo e molto interessante, il cui gusto era stranamente familiare.

In secondo luogo, comprendevo che momenti di ricordo di sé appaiono nella vita, benché raramente, e che solo il produrli deliberatamente creava la sensazione di novità. Infatti, avevo sperimentato tali momenti fin dalla prima infanzia; si verificavano in circostanze nuove ed inattese, in un luogo insolito, fra estranei, per esempio durante un viaggio; ci si guarda attorno e ci si dice: “Che strano! Io, e in questo posto!”; o in momenti di emozione, di pericolo, nei quali è necessario non perdere la testa, quando si ascolta la propria voce, ci si vede e ci si osserva dal di fuori.

Vidi con molta chiarezza che i primi ricordi della mia vita, e nel mio caso questi ricordi risalivano alla primissima infanzia, erano momenti di ricordo di sé. Contemporaneamente ebbi la rivelazione di molte altre cose. Mi resi conto che ricordavo realmente soltanto i momenti in cui mi ero ricordato di me stesso. Degli altri momenti, sapevo solo che avevano avuto luogo. Non ero in grado di riviverli completamente, né di provarli di nuovo. Ma gli istanti in cui mi ero ricordato di me erano vivi e non differivano per nulla dal presente. (9)

Quando si comincia a vedere che inizialmente si è in grado di ricordare se stessi solo per pochi secondi, sembra una cosa trascurabile, ma ciò che bisogna capire è che è difficile proprio perché è l’inizio di un nuovo stato in noi, la chiave di un nuovo mondo. Se fosse facile e se i risultati venissero rapidamente, non potrebbe avere l’importanza che ha. (10)

Secondo la legge del sette, in una certa fase è necessario uno shock proveniente da un’altra ottava. Nel caso del cibo normale, questo shock era fornito dall’immissione di aria e dall’ossigenazione del sangue venoso all’interno dei polmoni ma, nel caso degli altri due cibi, non era disponibile alcuno shock. Ciò significava che la trasformazione in sostanze più sottili non proseguiva fin dove avrebbe altrimenti potuto. Poi [Ousepensky] fece un’affermazione estremamente interessante. Disse di aver descritto, fino a quel momento, la più raffinata chimica di un uomo nello stato di dormiveglia, aggiungendo che, quando un uomo era davvero cosciente di sé, si modificava la sua chimica interiore. Se, nel momento di ricevere impressioni, egli facesse uno sforzo per ricordarsi di sé, l’influenza esercitata su di lui da queste impressioni sarebbe molto più forte e la loro trasformazione in sostanze più raffinate passerebbe ad una fase più avanzata. (11)

[Come visto precedentemente] l’uomo addormentato che vive in un mondo di gente addormentata e che serve la natura e gli scopi del Raggio di Creazione non ha bisogno dì dare a se stesso il Primo Shock Cosciente. Senza dubbio l’uomo fu creato in modo tale che esiste in lui questa possibilità. C’è un posto preciso da cui cominciare. Questo posto è dove si attiva il Primo Shock Conscio, che è l’atto di ricordarsi di se stessi.

Un uomo che osserva, diciamo, una persona ed osserva la propria reazione nei riguardi di detta persona, allo stesso tempo vede le impressioni che provengono dalla persona e vede la propria reazione ad essa congiuntamente. Questo stato di coscienza accresciuta è [proprio] il ricordo di sé. (12)


(1) “La Lotta del Maghi” in T. de Hartmann, La nostra vita con il signor Gurdjieff (136).

(2) P.D. Ouspensky, La Quarta Via (15).

(3) M. Nicoll, Commentari, Vol. II, cap. 42.

(4) M. Nicoll, Commentari, Vol. II, cap. 57.

(5) P.D. Ouspensky, La Quarta Via (131-2).

(6) A. Orefice, Un Cammino nell’Insegnamento di Gurdjieff (188).

(7) P.D. Ouspensky, La Quarta Via (134).

(8) M. Nicoll, Commentari, Vol. II, cap. 84.

(9) P.D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto (134-5).

(10) R. Collin, in R.E. Burton, Il ricordo di sé (12).

(11) K. Walker, Viaggio nella Quarta Via (87).

(12) M. Nicoll, Commentari, Vol. I, cap. 31c.

Ascolta gli insegnamenti della Quarta Via in formato podcast:


Tutti i capitoli della Quarta Via: https://associazioneperankh.com/category/quarta-via/

Nota: L’articolo qui esposto rappresenta un tentativo di ricomporre alcuni dei Frammenti dell’insegnamento di Gurdjieff con le sue stesse parole e con i numerosi contributi di chi ne ha seguito la Via. I riferimenti sono tutti rintracciabili nelle note a fondo articolo. Le eventuali modifiche apportate sono solo di natura stilistica, mai concettuale. L’associazione Per-Ankh, pur trovandosi in sintonia con la maggior parte degli insegnamenti della Quarta Via, non si considera tuttavia un gruppo Gurdjieffiano.

2 risposte a "Il ricordo di sé nella Quarta Via (cap. 30)"

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  1. Bello e utile sapere che ci siete, noi per adesso siamo in due, se volete, siamo a disposizione Grazie Marco e Daniele ________________________________

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