Un noto detto orientale afferma che il dito che indica la Luna non è la Luna.
In tali parole viene sintetizzato un principio vitale di portata inimmaginabile. Ogni mattina dovremmo alzarci, guardarci allo specchio, e chiederci: cosa sto realmente cercando? quante certezze sono disposto a sacrificare per trovarlo? sarei pronto a riconoscere il fatto di essermi soffermato sul “dito” per comodità, piuttosto di essere rimasto sempre teso con lo sguardo rivolto verso l’ignoto, verso la totalità della vita?
A nostro avviso, l’unico strumento che ognuno di noi possiede (potenzialmente) per affrontare una ricerca del genere, risiede nella volontà di lasciare spazio alla propria mente religiosa, di fronte alla quale ogni adesione spirituale, filosofica, scientifica, intellettuale o artistica, perde il suo illusorio e compiacente valore.
Ma proviamo a seguire J. Krishnamurti nella sua riflessione:
Quali sono le cose che ci importano maggiormente? Se siamo abbastanza ricchi, ci interessiamo della cosiddetta spiritualità, ci divertiamo a impegnarci intellettualmente, ci interessiamo di arte o ci mettiamo a dipingere per esprimere noi stessi. Se invece non abbiamo molti soldi, dobbiamo andare a guadagnarceli e in questo impieghiamo il nostro tempo, giorno dopo giorno.
Così cadiamo prigionieri di una noiosa routine che ci rende profondamente infelici. La maggior parte di noi si abitua a funzionare in maniera del tutto meccanica nel proprio lavoro. E passano gli anni. Ci siamo assunti delle responsabilità, dobbiamo mantenere una moglie, dei figli; allora, prigionieri di un mondo impazzito, cerchiamo di essere seri e diventiamo persone religiose che vanno in chiesa, che collaborano con qualche organizzazione religiosa…
Una mente religiosa è libera, non è sottoposta ad alcuna autorità. È estremamente difficile essere liberi da qualsiasi autorità, non solo dall’autorità degli altri, ma soprattutto dall’autorità delle esperienze che abbiamo fatto. Ogni esperienza implica il passato, implica una tradizione.
La mente religiosa non ha fedi, non ha dogmi; si muove in mezzo ai fatti e li affronta. Quindi la mente religiosa è anche una mente scientifica. La mente scientifica, però, non è una mente religiosa. La mente religiosa include le mente scientifica, mentre una mente che si occupa di scienza, che accumula conoscenza, non è religiosa.
Una mente religiosa si occupa della totalità; ha a che fare con l’esistenza umana nella sua totalità, non si interessa solo di questa o quella particolare funzione umana. Il cervello ha a che fare con una funzione particolare; si specializza. Il cervello dello scienziato, del medico, dell’ingegnere, del musicista, dell’artista, dello scrittore, è un cervello specializzato e funziona nell’ambito della sua specializzazione.
Ma tutte queste specializzazioni e le loro tecniche ristrette creano divisione, non solo interiormente ma anche esteriormente. Probabilmente la società attuale dà la massima importanza alla specializzazione dello scienziato o del medico; così le loro funzioni diventano estremamente importanti e chi esercita queste funzioni consegue un determinato stato, una posizione di prestigio. Attualmente la funzione del cervello è quella di creare specializzazioni, che implicano inevitabilmente contraddizione e chiusura.
Tratto da J. Krishnamurti, Il Libro della Vita, Aequilibrium, 1997.