Le visite ai vari villaggi, con lo scopo di unirsi in battaglia, non si presentavano come una cosa semplice. Presso le tribù celtiche la guida del popolo non era prerogativa di una sola famiglia e il sovrano veniva generalmente scelto fra i membri della classe guerriera, eletto a maggioranza sotto il consiglio e il diretto controllo dei druidi. Il re, che guidava quei popoli, era conosciuto come irascibile e prepotente, un ragazzo giovane con molta energia, difficile da incontrare ma soprattutto da convincere. Faceva parte di quei regnanti che volevano che il potere diventasse ereditario cosa che successe dopo l’arrivo dei romani ma che prima era totalmente proibita. Un popolo come quello dei celti, abituato a vedere la divinità in ogni cosa e a raffrontarsi direttamente con essa, come poteva avere qualcuno che si ritenesse loro sovrano per nascita?
L’archetipo del sovrano celtico che, come ogni aspetto della società, si rifaceva a modelli divini rappresentati da degli dèi con ben determinate caratteristiche, si basava sul fatto che il capo era colui che si faceva espressione terrena dell’abbondanza della natura e dell’armonia del Cielo. Il re veniva eletto dai suoi pari, ma questa elezione non aveva valore se non veniva ratificata dal druido. Il re non poteva agire contro il volere del druido o disprezzare i suoi consigli. Ma, d’altro canto, ogni volta che il re gli domandava qualcosa, il druido doveva ubbidire salvo che non si trattasse di un atto empio. Questa dipendenza era giustificabile nella società celtica in quanto ogni atto pubblico era nello stesso tempo un atto sacro, poiché non vi erano distinzioni tra sacro e profano, erano come il re e il Druido due aspetti di una stessa realtà.
Fino a quel giorno solo il Saggio Druido, con il suo carisma, aveva avuto sempre la meglio sul giovane condottiero, ma proprio per questo il re non aveva in simpatia i druidi… figurarsi un suo coetaneo che, a suo pensare, voleva spacciarsi per tale. Questi erano i pensieri del giovane allievo mentre si avvicinava alla sua meta.
Il giovane allievo e Bran arrivarono al villaggio che era costruito su una collina e fortificato in modo da essere inespugnabile dai nemici. Era sicuramente il più grande villaggio che i due avessero mai visto e si chiesero che tipo di raccolto e quantità di cacciagione fossero necessarie per sfamare tutte quelle persone.
Il primo incontro tra il re e gli apprendisti fu un vero e proprio disastro, le parole non servivano con chi non voleva ascoltare. I due ragazzi furono ammessi alla presenza del re solo dopo molte ore di attesa, altro gesto di estremo sgarbo e, quando il giovane allievo chiese perché non fosse radunato il consiglio come era stato richiesto, il re rispose che prima voleva capire se ne valeva la pena. Bran guardava il suo amico e non riusciva a capire da dove provenisse la sua calma… al suo posto avrebbe lanciato qualche maledizione e se ne sarebbe andato. Il giovane allievo, invece, rimaneva calmo ma fermo nelle sue parole: “Non ce ne andremo fino a che non avremo udienza con voi e il consiglio tutto; mi manda il Saggio Druido perché siamo dinnanzi ad un pericolo per tutta la nostra gente, non c’è tempo da perdere”. Alla fine davanti a tanta fermezza anche il re si arrese e diede ordine di organizzare l’incontro dopo due lune.
I giovani ebbero così modo di girare il villaggio e conoscere quel popolo che aveva lo stesso atteggiamento del loro re. Si credevano i migliori, il popolo eletto, chiamati a guidare il popolo dei celti. Peccato che questo loro atteggiamento di superiorità andava contro lo spirito di libertà di quel popolo e aveva creato loro parecchi nemici nei villaggi vicini; questo non aiutava la missione dei giovani allievi di riunire il popolo dei celti per combattere contro i romani.
I giovani allievi si fecero riconoscere ed amare da quella gente che aspettava l’arrivo del Druido dalla Foresta Sacra. Inizialmente rimasero delusi dall’arrivo degli apprendisti del Saggio Druido, ma poi la loro saggezza, abilità e buon animo conquistò anche i più diffidenti e tutti vollero incontrare i due ragazzi. Entrambi, sin dal loro arrivo, avevano notato che l’energia del villaggio era particolarmente pesante; lo definirono, parlando tra loro, un luogo non salubre ed offrirono subito il loro aiuto compito dei druidi era anche la cura delle malattie non solo quelle fisiche ma anche quelle mentali.
Così raccolsero erbe e fecero pozioni per alleviare la sofferenza delle persone e per un attimo la vita al villaggio cambiò. Il giovane allievo spiegò a Bran che attraverso la Runa Dagaz era possibile bilanciare le energie. “Vedi”, gli disse, “questa Runa ci parla dell’armonia degli opposti, la sua forma grafica può sembrare statica in realtà è energia in movimento, in continua rotazione. Non bisogna mai sbilanciare le energie perché questo universo si basa sull’armonia degli opposti. Come la notte e il giorno hanno la stessa durata così deve essere per tutte le forme di energia; in questo villaggio è preponderante la forza guerriera che, se non viene bilanciata, può creare un forte scompenso sul lato emozionale e mentale”. Dopo aver aiutato tutte le persone malate, anche attraverso l’utilizzo delle Rune, i due ragazzi si ritirarono a dormire nella foresta: si sentivano più protetti sotto gli alberi rispetto a quel villaggio.
Il giovane allievo non era sereno e, anche se la compagnia di Bran gli dava forza e coraggio, sentiva qualcosa che lo turbava. Capì in quel momento cosa volesse dire essere un Druido e prendersi la responsabilità di ogni decisione e di ogni scelta, sapendo che la vita del villaggio, la salute delle persone dipende esclusivamente dalle proprie parole.
Pensava spesso, in quei momenti, alla giovane druidessa. Era sicuro che, se fosse stata lì con lui, avrebbero insieme trovato la giusta strada e si sarebbe sentito più forte, più sicuro. Lei aveva il potere di donargli un vigore sconosciuto che adesso avrebbe dovuto trovare dentro se stesso. Ad un certo momento sentì un soffio di vento sfiorargli i capelli ed un gatto nero si fece scorgere tra gli alberi. Ebbe un’improvvisa scossa al livello della colonna vertebrale, un’energia che arrivava dall’alto e s’incanalava attraverso di lui; capì, così, che lei era lì con lui adesso poteva sentire la sua presenza, percepire la sua energia ed ebbe chiaro che, là vicino al Saggio Druido, le sue arti magiche stavano crescendo.
Quella notte non era possibile dormire, aveva bisogno di una strategia, di una risposta alla sua domanda: “Come convincere il re, i suoi druidi e il villaggio tutto a mandare i loro guerrieri, unendosi agli altri villaggi, per combattere insieme i romani?”. Lasciò Bran vicino al fuoco e si inoltrò nella foresta sotto il chiarore della luna per chiedere aiuto alle Rune.
Trovò una radura, circondata da betulle, che sentì essere il luogo giusto. Pensò che il posto fosse perfetto perché rappresentava l’energia di Berkana, la Runa del femminile, l’aspetto ricettivo sia fisicamente che magicamente, il luogo ideale per entrare in contatto con il mondo delle Rune. Alzò il suo bastone, sulle cui estremità erano incise tutte le Rune e lo puntò verso un punto della radura. Poi, pronunciando una formula magica di protezione per non far entrare forze oscure nel suo Rito durante il contatto con le Rune, cominciò a muoversi lentamente da destra verso sinistra, disegnando un cerchio che chiuse esattamente nello stesso punto da cui era partito. Pensò, per un attimo, che forse avrebbe dovuto chiamare Bran e tenerlo vicino a lui; il Saggio Druido gli aveva raccontato che quando i Druidi viaggiano attraverso i mondi esiste per loro la possibilità di perdersi, con il rischio di non poter più ritornare nel proprio corpo. Questa era la ragione per cui qualcuno avrebbe dovuto rimanere vicino al corpo e recitare alcune parole magiche per tutta la durata del viaggio ma sentiva che era un rischio che doveva correre: questo contatto andava fatto da solo.
Si sedette nel luogo prefissato mentre, tutto intorno, l’atmosfera era diventata surreale. I rumori della foresta si erano spenti, tutto arrivava all’interno della radura ovattato e persino la luna aveva ridotto la sua luminosità. Il giovane allievo estrasse con estremo rispetto il copricapo donatogli dal Saggio Druido, lo tenne in mano per qualche minuto quasi non avesse il coraggio di indossarlo e, mentre lo stringeva tra le mani, una fiammata di intensa emozione lo trapassò. Tutto l’Amore del suo Maestro, l’energia di Karantez, lo pervase con forza e percepì per la prima volta un’energia mai sentita prima che lo fece sciogliere in lacrime. Lasciò passare qualche minuto, aveva bisogno di tutta la sua presenza in quel momento e poi indossò il copricapo…
All’istante, dentro di lui, cadde il silenzio. Per un attimo si sentì disorientato come qualcuno che viene catapultato in un altro mondo. Il cuore rallentò, poteva sentire distintamente il suo battito ma non si scosse. Era stato preparato per quel momento da anni di addestramento e lo riconobbe, era così come il Saggio Druido l’aveva descritto: “Il vuoto primordiale, l’assenza di pensieri, il luogo dove tutto ebbe inizio e dove esistono tutte le forme di energia allo stato neutro”. Aprì il panno delle Rune e lo stese sul terreno. Prese il sacchetto che le conteneva ed infilò la mano sinistra al suo interno.
Intanto Bran si era svegliato scosso da raffiche di vento fortissime che non capiva da dove arrivassero; quando si era addormentato era una serena notte d’estate e niente faceva presagire quel moto ventoso. Si accorse subito che il suo amico non era vicino a lui, così si alzò per cercarlo e si diresse, ascoltando l’energia della terra, verso dove sentiva provenire un’immensa forza.
Il giovane allievo estrasse lentamente una Runa e la posò sul panno. Poi depose il sacchetto delle Rune dove c’erano dipinti, sulla sua superfice, dei draghi colorati di rosso, che in quel momento sembrava avessero preso vita da quanto vividi erano diventati i colori che li formavano. Si concentrò sul messaggio e sull’energia che quella Runa portava nella sua vita ed entrò in un’altra dimensione: Ansuz la runa della Sacra Conoscenza, collegamento con la Saggezza Ancestrale.
La Runa gli stava parlando e gli suggeriva che l’indomani avrebbe dovuto parlare attraverso l’energia della Runa, non con la propria, alle tre energie che presidiavano l’assemblea: l’energia di Karantez, l’amore-creatività e produttività relativa alla classe degli artigiani, allevatori, fabbri e carpentieri, l’energia di Nerz, la forza, per parlare alla classe dei soldati e l’energia relativa a Skiant, appartenente ai druidi, che sottolineava la Saggezza. Ansuz avrebbe dovuto guidare le sue parole, la Runa del Verbo, della parola, la Runa associata ad Odino nelle vesti del saggio in cui lui vedeva il Saggio Druido.
La sua prova era scritta nelle stelle, il lupo nero era tornato. Se, dall’incontro, avesse voluto risultare importante, ricevere gli sguardi della gente, essere visto come il druido che assoggettava il re, l’energia di Ansuz non sarebbe apparsa. Proprio nel momento in cui poteva avrebbe potuto essere riconosciuto druido da tutti, dopo una vita di sforzi fatti per diventarlo, avrebbe dovuto non esserci, non partecipare a quella vittoria mettendo da parte la sua vanità. Sentì echeggiare nella foresta la risata del Saggio Druido e vide mille altre cose che sarebbero rimaste celate tra i segreti della magia Runica. Molte cose su di lui, sul futuro dei druidi, del suo popolo gli apparvero, c’era una visione in particolare che lo spaventava ma da solo non riusciva a decodificarla pensò che ne avrebbe parlato poi, al suo ritorno al villaggio, con il Saggio Maestro.
Bran, intanto, arrivato alla radura vide il suo amico seduto al centro della stessa, immobile e illuminato dalla luna attraverso una luce che non aveva mai visto. Provò ad avanzare ma non riusciva, i suoi piedi erano incollati al suolo e niente avrebbe potuto smuoverli. Riuscì a sbloccarli solo quando il giovane allievo si alzò, prese il suo bastone e muovendosi in senso circolare, antiorario, partendo dal punto in cui aveva chiuso il cerchio precedentemente, tolse la protezione alla radura. Si trovarono in quell’istante faccia a faccia e Bran capì che qualcosa di magico era successo quella notte.
La mattina il consiglio era tutto radunato e successe ciò che la visione del giovane allievo aveva previsto. Arrivò davanti al consiglio a cui chiese la facoltà di parlare e lasciò che qualcosa lo ispirasse. Bran si preoccupò quando, dopo qualche secondo di silenzio, nessuna parola uscì. Si preoccupò ancora di più quando i secondi divennero minuti e la gente cominciava a rumoreggiare intorno a loro. Il re, che non attendeva altro, si alzò e chiese se avessero qualcosa di reale da raccontare o se fossero venuti per insultare il loro villaggio con quel comportamento. Bran guardava il giovane allievo che non proferiva parola ma non sapeva cosa fare; avrebbe voluto gridare: “Dì qualcosa per cielo!” ma non spettava a lui intervenire in quel momento, fino a che il re disse: “Portateli via!”. Quando il soldato toccò il giovane allievo questo sbattè il suo magico bastone al suolo che emanò un rumore assordante. Fu in quel momento, quando tutti si zittirono, che cominciò a parlare.
Le sue parole erano fuoco e fiamme e provenivano da un luogo remoto che nessuno poteva conoscere; portarono prima il silenzio nella sala, conquistando mente e cuore dei presenti, innalzandoli prima nella gioia più elevata e poi portandoli giù nella disperazione più profonda, mentre raccontava alcune delle sue visioni e cosa sarebbe successo se non si fossero uniti in battaglia. Alla fine del suo intervento, il silenzio regnava su tutta la sala: nessuno aveva un dubbio su quale fosse la cosa giusta da fare.
Il re si alzò e disse: “Così ha parlato il Druido della Foresta Sacra e il nostro popolo si unirà agli altri nella battaglia per la difesa dei loro popoli”. Un coro di approvazione e urla si alzò in saluto di questa nuova coppia che si era appena formata.
Il giovane allievo era visivamente provato da quella fatica; Bran si avvicinò gli pose un braccio sotto le spalle e lo aiutò a sedersi un momento. Lo sguardo di ammirazione e stupore che il giovane allievo lesse nei suoi occhi gli fece capire che la missione era compiuta; sentiva di essersi collegato durante il suo intervento ad un luogo dove esiste tutta la saggezza di questo pianeta, un luogo dove possono accedere solamente coloro che hanno trasformato il loro ego e donato lo stesso al servizio degli altri. Adesso restavano gli altri villaggi da conquistare ma la voce delle gesta del Druido della Foresta Sacra stava già correndo di villaggio in villaggio e le prossime prove sarebbero state meno dure da superare.
Partirono quel giorno stesso, per la nuova meta, non prima che il re chiedesse di incontrarli: “Mi avete stupito giovane druido, la vostra forza traspare dalle vostre parole; ci schiereremo in battaglia contro i romani ma sarò io a guidare l’esercito”. Disse quelle parole senza l’arroganza del primo incontro, quasi come una richiesta non esplicita. Il giovane allievo vide nei suoi occhi il coraggio di un guerriero al quale avrebbe potuto affidare un comando. “Ci vedremo presto al nostro villaggio; lì, con il Saggio Druido, decideremo il da farsi”. Si strinsero la mano con forza e guardandosi fieramente negli occhi, il giovane allievo pensò che forse quel giovane guerriero sarebbe potuto diventare un vero alleato in futuro e il re pensò che quello era il druido che voleva al suo fianco come fidato consigliere, quando avrebbe unito tutti i popoli celti sotto un’unica bandiera.
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