C’è una bellissima storia yiddish che narra della vita di un certo Bontsha, soprannominato “il Silenzioso”.
Bontsha era un uomo semplice che viveva senza ambizioni, dedito al suo umile lavoro senza altre pretese. Per tutta la vita subì angherie, ingiustizie e prepotenze di ogni sorta, ma non ebbe mai contese con nessuno, mai neppure un mormorio di protesta verso chi gli fece del torto.
Umile e senza eredi, visse e morì senza la considerazione di nessuno, e venne sepolto come i più poveri dei poveri, senza neppure una lapide che segnali il suo passaggio su questa terra.
Quando però salì in cielo, tra gli abitanti del Paradiso l’eccitazione fu grandissima: mai avevano ricevuto un’anima tanto nobile, e accorsero tutti al tribunale celeste per dare il benvenuto a quello spirito eletto.
Il Creatore volle presiedere di persona al processo, e l’angelo accusatore, furibondo, capì subito che quella è una causa era già persa in partenza.
Bontsha attese con tranquillità la sentenza alla presenza degli angeli, del Creatore e dell’angelo accusatore, che quando giunse il suo turno si rifiutò di parlare, non avendo proprio nessun evento da riportare contro di lui.
Prese allora la parola il Creatore che, dopo avere lodato a lungo Bontsha, gli dice:
“La tua vita terrena è stata così perfetta che tutto ciò che c’è in Paradiso è tuo: non hai che da chiedere, e nulla ti sarà mai negato. Ora potrai accedere alla fonte della Verità. Che cosa desideri, anima eletta?”
Bontsha levò allora esitante lo sguardo verso il Creatore e, togliendosi il cappello, chiese:
“Proprio qualsiasi cosa?”
“Qualsiasi cosa!” ripeté solenne il Creatore, felice di poter finalmente rivelare tutti i suoi misteri a questo figlio prediletto.
“Allora vorrei un po’ di caffelatte e un panino con un po’ di burro.”
A queste parole, in tutto il Paradiso echeggiò un mormorio di delusione. Il Creatore fu profondamente turbato, mentre l’angelo accusatore non si trattenne dal prorompere in una grande, amarissima risata:
“Bontsha non è un umile, né un giusto, né un santo… è solo un sempliciotto!”
Stiamo dunque attenti a non confondere l’essere semplici con l’essere sempliciotti.
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