L’Alleanza Sacra | Misteri insondabili (cap. 8)

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La conoscenza delle diverse sfaccettature della vita rivela grande saggezza; la conoscenza della vita nella sua essenza rivela invece un contatto diretto con l’Intelligenza che la governa. Proprio da questa intima connessione Antonio sembrava poter attingere a qualsiasi tipo di sapienza. In più occasioni si poteva vederlo disquisire di fisica moderna con esperti del settore, e stupire questi ultimi per le sue approfondite conoscenze in materia.

Parimenti, era sotto gli occhi di tutti come fosse in grado di padroneggiare con sicurezza e acutezza anche le più arcane e sconosciute dottrine esoteriche. Le lingue sacre non avevano per lui segreti, né a livello grammaticale né a livello figurativo e simbolico. Conosceva inoltre qualsiasi corrente iniziatica molto più profondamente anche di coloro che la studiavano e la praticavano da una vita: Qabbalah, Alchimia, Gnosi, Astrologia, Tarot, taoismo, induismo, sufismo, sciamanesimo, eccetera.

Questa sua capacità di entrare in sintonia con qualsiasi tradizione spirituale o ambito di studio era, oltre che inspiegabile per la comune ragione, estremamente affascinante.

Una sera partecipai ad una conferenza di presentazione della dottrina Bahá’í, una fede di origine iraniana ancora oggi poco conosciuta in Occidente. La responsabile italiana, una donna carismatica ed estremamente preparata, aveva chiesto ospitalità nella sede che noi utilizzavamo come centro di ritrovo, cosa che le venne accordata di buon grado.

A quell’incontro pubblico parteciparono molte persone: fedeli, curiosi, critici. L’esposizione dell’argomento venne condotta magistralmente, ciononostante, verso fine serata, iniziarono ad incalzare una serie di domande inquisitrici ed irritanti che misero in difficoltà l’oratrice.

Antonio intervenne subito in suo soccorso in modo elegante (senza mai metterla in secondo piano ma coinvolgendola ad ogni riflessione), rispondendo a tutte le domande in modo semplice e chiaro, ponendo luce su tutti i punti apparentemente controversi di quella ignota dottrina, lasciando gli ascoltatori – anche i più reticenti – colpiti e ammirati dalla profondità del messaggio Bahá’í.

Al termine della conferenza mi si avvicinò la relatrice, ancora un po’ frastornata, per chiedermi chi era realmente Antonio, perché lei stessa non aveva mai imparato tante cose sulla sua tradizione come quella sera ascoltandolo parlare. Io le dissi che nessuno sarebbe riuscito a rispondere in modo esauriente alla sua domanda.

In qualche modo del tutto ignoto, aveva un illimitato accesso dentro di sé verso ogni forma di conoscenza. Osservare la sua grandezza, quando osava rivelarsi più apertamente, provocava un forte senso di disagio e di timore, come il sentirsi al cospetto di un alieno con una coscienza infinitamente più evoluta della nostra.

Antonio era ben consapevole di quanto questa sua levatura spirituale potesse rappresentare paradossalmente anche un ostacolo, nello stesso modo in cui la vista di una vetta altissima può demotivare il neofita che si appresta alla scalata.

Per tale ragione a volte enfatizzava – per non dire “recitava” – i suoi piccoli limiti, come ad esempio una certa goffaggine nel montare i mobili, o addirittura nel piantare un chiodo per appendere un quadro. In questo modo attirava il nostro aiuto e ci faceva sentire felici, nel nostro piccolo, di potergli essere utili, e di conseguenza un po’ meno lontani da lui.

Nonostante i suoi sforzi, l’abisso che ci distanziava rimaneva comunque sempre palpabile e creava due sensazioni nette e solo in apparenza contrapposte: da un lato un forte senso di inadeguatezza per i propri limiti, dall’altro un enorme stimolo nel cercare di superarli, dato che trasudava dal suo addestramento severo ed esigente una grande fiducia nelle potenzialità delle persone di cui si prendeva cura.

Anche se Antonio cercava di tenere piuttosto velati i suoi poteri straordinari agli occhi di chi gli stava più vicino, poteva comunque capitare di assistere ad eventi inspiegabili e miracolosi, specialmente a fronte di vitali necessità dettate dall’insegnamento o dall’aiuto.

Ci sono fantomatici guru in giro per il mondo che ammaliano le masse e attirano i riflettori con manifestazioni paranormali ed effetti speciali (senza entrare nel merito della veridicità di tali fenomeni), al contrario Antonio distraeva i riflettori ogni qual volta interveniva in modo “non usuale”.

Le rare volte in cui ci permetteva di sbirciare dietro le quinte della sua apparente normalità, rimanevamo interdetti, disorientati, talvolta anche inquietati, ma quel tipo di shock ci aiutava a non farci anestetizzare dalle certezze del consenso comune.

Vidi Antonio scrivere agilmente in modo speculare (come Leonardo da Vinci), ma in modo ancora più sorprendente lo vidi scrivere contemporaneamente usando entrambe le mani due concetti differenti. Sfogliando semplicemente un libro, a volte anche solo tenendolo in mano, poteva poi padroneggiarne il contenuto come se lo avesse studiato approfonditamente.

Era in grado di tradurre qualsiasi testo antico dalla lingua originale ad una forma semanticamente più vicina al nostro tipo di mentalità, in modo da restituire al presente e in modo più comprensibile possibile la potenza degli antichi insegnamenti in esso contenuti. Questa sua capacità non si limitava solo alle lingue sacre tuttora conosciute, come ad esempio il sanscrito e l’ebraico, ma anche a lingue antiche più enigmatiche e per certi versi ancora sconosciute, come il cinese e l’egizio antichi.

Vi erano poi frequenti strani incontri con persone che apparivano improvvisamente dal nulla e si avvicinavano a lui riconoscendolo con nomi insoliti. Si intrattenevano magari qualche minuto a discorrere privatamente, e poi riscomparivano senza mai più farsi rivedere e senza che ovviamente Antonio dicesse nulla in proposito. Questo genere di incontri potevano verificarsi durante una passeggiata in un parco o dentro una libreria, insomma, nei luoghi più disparati.

Ricordo ancora con un grande punto interrogativo quando, dopo la morte di Antonio, sua moglie ritrovò per caso un piccolo foglio di carta nella sua giacca con impresso sopra un numero telefonico. Quel foglietto le venne consegnato tempo prima da un misterioso personaggio mentre lei si trovava al parco giochi con il figlio. Si limitò a dirle:

“Buongiorno signora, le chiederei di dare questo numero a suo marito e dirgli di chiamarmi. Grazie.”

Così fece appena rivide Antonio al suo rientro dal lavoro, come sempre senza indagare oltre. Lui prese il biglietto e poi il telefono, compose il numero e poi iniziò ad intrattenere una conversazione a voce bassa per diversi minuti. Quando la moglie decise, in seguito alla sua morte, di provare ad indagare su quel numero di telefono, mossa dalla curiosità di svelare almeno un piccolo tassello della misteriosa vita del suo marito-maestro, scoprì che risultava inesistente e mai stato attivo.

Vi sono anche storie commoventi e toccanti, come quella di una giovane madre che volle incontrare Antonio per chiedergli disperatamente un aiuto. Suo figlio, di pochi anni di vita, era affetto da una grave ed incurabile malformazione fisica, ed era inoltre privo dell’udito e della vista fin dalla nascita. Non vi era modo di poter entrare in contatto con lui, né erano preventivabili gli anni di vita che avrebbe potuto sopportare in quella triste condizione.

La madre, con le lacrime agli occhi, disse ad Antonio che l’unica cosa che desiderava con tutte le sue forze era poter far sentire al figlio, almeno per una volta, l’amore che lei provava per lui. Antonio fece unire le loro mani e poi le strinse tra le sue con estrema delicatezza. Dopo un attimo il bambino emise un flebile suono e per la prima volta fece un timido ma prolungato sorriso. “Adesso lo sta sentendo”, sussurrò Antonio alla madre con una dolcezza senza eguali. Inutile descrivere le lacrime commosse di tutti i presenti.

In un’altra occasione gli venne chiesto un aiuto per una ragazza di fragilissima integrità psicologica, che sembrava essere ormai crollata in uno stato di follia senza ritorno. Nessuno psichiatra era più in grado di aiutarla, neanche tramite l’uso di psicofarmaci.

Antonio fece convocare la ragazza, che si presentò in uno stato completamente allucinato con lo sguardo perso nel vuoto e senza nessuna capacità di contatto con le persone. Si isolò con lei da solo in una stanza. Non trapelava nessuna voce, nessun suono, niente, solo incomprensibili e brevi bisbigli. Dopo circa dieci interminabili minuti la porta si aprì ed uscì per prima la ragazza con il viso un po’ spossato ma completamente rinsavita. Lo stupore dei presenti fu grande ma nessuno osò chiedere niente.

I poteri terapeutici di Antonio erano noti a chi ben lo conosceva, e lui non mancava mai di metterli al servizio di coloro che entravano a far parte della sua vita, della sua grande famiglia. Alcune persone che lo frequentavano da tempo mi confidarono di essersi avvicinati ed affidati ai suoi insegnamenti proprio dopo essere stati guariti da malattie considerate senza speranza dalla scienza medica contemporanea.

Purtroppo questo è un argomento particolarmente delicato e pericoloso, per tale ragione eviterò di scendere nei dettagli, anche perché i suoi metodi di cura erano spesso diversi e potevano variare anche considerevolmente per una medesima problematica. Le sue cure si rivolgevano direttamente alla causa più profonda della malattia, la cui manifestazione fisica e organica rappresentava per lui solo l’ultima soglia di un malessere interiore impossibile da diagnosticare con qualsivoglia macchinario. Per dirla con le sue stesse parole:

“L’origine della malattia è sempre in corpi più sottili di quello fisico, in quest’ultimo trova solo una manifestazione. L’individuo tende ad ammalarsi quanto più la sua vita è infelice.”

In alcune occasioni poteva bastare una chiacchierata per liberare la persona da una problematica cronica, in altre occasioni consigliava uno stile alimentare specifico, o un semplice digiuno, oppure si avvaleva dell’ausilio di determinate erbe da assumere tramite decotto o infusione.

I suoi rimedi potevano a volte apparire anche comici oltre che efficaci. Una sera si presentò a casa sua una ragazza visibilmente provata da una febbre prolungata e da un’influenza intestinale persistente e in continuo peggioramento. Antonio cosa fece? La invitò a fermarsi a casa sua per cena e le fece preparare un’enorme piatto di lasagne fumanti. Il solo sentir parlare di cibo fece venire i conati di vomito alla ragazza, ma mossa da fiducia (o disperazione) eseguì la “prescrizione medica”. Nell’arco di quindici minuti le scomparvero tutti i sintomi.

Per quanto padroneggiasse l’arte della guarigione, Antonio cercava di mantenere anche in questo ambito una rigorosa riservatezza.

Non considerava la malattia un nemico da combattere, ma pur sempre un’espressione vitale necessaria e utile per offrire alle persone degli stimoli o delle esperienze significative per il loro sviluppo evolutivo. Ecco perché cercava di limitarsi ad intervenire solo con coloro che rivelavano un sincero interesse verso la Via, ovvero quando era certo che la guarigione avrebbe aumentato in loro il desiderio di conoscere se stessi e il coraggio nell’affrontare le proprie battaglie interiori.

Nessuno ottiene nulla dalla vita senza porre sull’altro piatto della bilancia un proprio impegno concreto; questo principio vale anche per la guarigione. Antonio stesso lo rispettava affermando che se anche un malato dovesse recarsi a Lourdes ed ottenere un miracolo, e malgrado ciò continuasse poi a vivere la sua vita come prima (ad esempio in modo egoista e senza preoccuparsi dei suoi simili) non avrebbe fatto altro che accumulare un debito sopra un altro nei confronti dell’esistenza, mettendo così le basi per un successivo problema più impegnativo del precedente.

Quindi, quando qualcuno gli chiedeva di intercedere per una malattia, lui prometteva la guarigione in cambio di un sincero impegno nella Via.

Anche di fronte ad evidenti prodigi, Antonio cercava di dirottare sempre l’attenzione verso quella forza nascosta dentro le stesse persone che guariva. Inoltre non gli piaceva che si parlasse di miracoli. Aveva un approccio rigidamente metodico verso la realtà magica, che considerava la più sofisticata forma di conoscenza, in grado di spiegare a differenti livelli tutti gli aspetti della vita dell’essere umano e di conseguenza il modo in cui poter intervenire in essi.

Ma, mentre per la scienza moderna lo strumento per eccellenza si è ristretto al solo ambito della ragione umana, per la scienza iniziatica questa non è sufficiente e viene richiesto anche e soprattutto un organo interiore più evoluto e meno vincolato da limiti fisico-biologici; un organo che può e dev’essere accudito ed allenato con grande cura.

Per Antonio la Magia era una vera a propria scienza empirica che può vantare millenni di tradizione sia in Oriente che in Occidente. Per tale motivo i suoi ambiti di applicazione sono molto vasti e allo stesso tempo ben precisi e definiti. In un’occasione fece un’analogia molto evocativa:

“Se un antico romano venisse catapultato improvvisamente nella nostra epoca e vedesse un televisore acceso, non potrebbe comprendere l’esistenza di una tecnologia che ne permette il funzionamento, e non potrebbe fare altro che urlare al miracolo. Così è la scienza iniziatica per i profani.”

Antonio non faceva quindi ricrescere gli arti, non riportava in vita i morti, non agiva contro le leggi della natura, ma le conosceva così in profondità da poter comprendere con semplicità e chiarezza le cause di molte malattie considerate oscure ed inguaribili dalla medicina, della quale criticava aspramente l’ottusità nel ricondurre l’essere umano ad una mera macchina organica da sezionare e da curare settorialmente, senza considerarne la sua fondamentale globalità fisica, emotiva, mentale e spirituale.

Una medesima ottusità la estendeva anche alla visione scientifica più in generale. Per quanto lui stesso, come precedentemente accennato, conoscesse molto bene i diversi ambiti di studio, considerava la scienza attuale molto lacunosa ed eccessivamente superba sulle proprie capacità e possibilità.

A riprova della sua opinione, ricordava che il metodo scientifico è nato dichiaratamente per poter comprendere meglio il come funziona la vita, non il perché esiste la vita, mentre oggigiorno sembra che questa distinzione si sia dimenticata, lasciando spazio ad un nuovo tipo di superstizione di stampo scientifico. Tale credenza culturale, illude sul fatto che la scienza attuale stia portando miglioramenti qualitativi all’essere umano: nulla di più errato.

Nell’arco di soli trecento anni la civiltà umana sta procedendo verso l’orlo dell’estinzione distruggendo il pianeta che la ospita. In questa rincorsa folle verso il baratro non vi è nulla di realmente logico, razionale ed evolutivo, ma si intravedono solo i capricci di una mentalità dominante schizofrenica, famelica e poco lungimirante.

La scienza iniziatica è invece realmente completa e mai distruttiva, e conduce verso un miglioramento prima di tutto qualitativo della propria vita, cosa che neanche la più sofisticata tecnologia sarà mai in grado di realizzare. Antonio incarnava questo tipo di scienza: pienamente cosciente dei principi che governano l’esistenza, padroneggiava le energie sottili con la destrezza di uno scultore esperto alle prese con la sua materia grezza.

Attraverso l’ausilio di determinati simboli, era in grado di muoverli per ottenere specifici effetti a partire da condizioni iniziali che rendevano apparentemente impossibili quei risultati. In alcune circostanze poteva anche aiutare le persone a realizzare i loro desideri, a patto che questi ultimi potessero servire da stimolo per ulteriori passi nella Via.

Una sera vidi una ragazza esprimergli il suo sogno di poter lavorare in banca nel ruolo di una figura professionale per la quale non aveva però nessun titolo accademico. Antonio le disse subito di non preoccuparsi e la rassicurò sul fatto che in pochi mesi avrebbe realizzato il suo sogno.

Le disse semplicemente di guardare l’indomani un giornale di annuncio di lavoro, e di inviare il suo curriculum alla prima agenzia assicurativa che cercava personale, cosa che lei fece prontamente. Dopo circa una settimana venne chiamata a colloquio e subito assunta, e dopo circa due mesi ricevette la proposta di lavoro da una banca che stava cercando urgentemente – guarda caso proprio nella sua agenzia assicurativa – la figura professionale da lei tanto desiderata.

In un’altra occasione, al termine di un incontro serale, mentre tutte le persone stavano discorrendo tra loro prima dei saluti finali, Antonio si avvicinò a me e alla mia compagna dell’epoca per chiederle cosa la turbava. A quella domanda lei si ruppe in un pianto angosciato: nei giorni successivi avrebbe dovuto affrontare i due esami universitari più difficili della sua facoltà di Giurisprudenza, a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro.

Considerando che in quell’ultimo periodo era stata piuttosto impegnata emotivamente e mentalmente nell’affrontare certi aspetti dell’insegnamento, era terrorizzata dal fatto di non essere realmente preparata per quegli esami, ma non voleva sottrarsi perché avrebbe rischiato di perdere un intero anno di corso, cosa che non poteva permettersi. Antonio le sorrise e le accarezzò la guancia con dolcezza, dicendole che l’unica cosa di cui si sarebbe dovuta preoccupare era quella di comprare una buona bottiglia di champagne, dato che la settimana successiva avremmo certamente festeggiato due bei 30. Così accadde.

La ragazza, non avendo più tempo per studiare tutto il programma, decise perlomeno di approfondire un argomento a caso per ognuna delle due materie. Al primo esame che dovette sostenere le fecero alcune domande specifiche proprio su una delle due tematiche che era riuscita a studiare; al secondo esame le venne invece chiesto (evento più unico che raro per quel professore) di parlare di un argomento a scelta. Come fece Antonio a prevedere quell’esito? Era già scritto nel destino? Aveva forse mosso lui stesso dei fili invisibili per condurre gli eventi in quella direzione? Il mistero rimane aperto.

Anche a me accadde un evento similare. Presto arrivò per me il fatidico momento in cui dovetti affrontare un esame di sbarramento all’università in una materia di cui ero totalmente impreparato: la lingua inglese. La selezione era piuttosto impegnativa, al punto tale che molti miei compagni di studi si organizzarono per trascorrere alcune settimane in Inghilterra. Anche io mi resi conto che non avrei mai potuto raggiungere in poco tempo e con le sole mie forze quel tipo di padronanza della lingua, ma come potevo fare?

Non avrei voluto perdermi neanche un solo giorno degli insegnamenti di Antonio, per nulla al mondo. Decisi dunque di desistere dal viaggio studio, cercando ovviamente di fare il possibile per apprendere la lingua nelle poche settimane che avevo a disposizione prima dell’esame.

Mi feci anche aiutare da un insegnante privato, ma lui stesso mi congedò dopo pochi incontri dicendomi che, dato il mio scarso livello di partenza, la complessità dell’esame e il poco tempo a disposizione, sarebbe stato per me molto più utile dedicare i restanti giorni ad evocare un miracolo! Per certi versi, il suo inquietante umorismo si rivelò profetico.

Non volevo “scomodare” Antonio, ma lui conosceva le nostre angosce meglio di noi e in qualche modo mi fece capire che non era necessario preoccuparsi troppo. Il giorno dell’esame la mia tensione aveva comunque raggiunto il massimo livello sostenibile per un essere umano. Quando mi trovai di fronte all’esaminatrice, iniziai a farfugliare un linguaggio strano ed incomprensibile anche a me stesso, ma improvvisamente vidi un repentino cambio di espressione sul viso della professoressa, che passò da un malcelato disgusto a un tenero stupore:

“Ah, ma lei è quel ragazzo del servizio militare… le chiedo scusa se non me ne sono ricordata subito! Non si preoccupi, va bene così. Può andare.”

Non ho mai capito a cosa si riferisse e per chi mi avesse scambiato, ma superai così l’esame e lasciai l’aula sotto lo sguardo attonito dei miei compagni in platea.

Questi e moltissimi altri aneddoti circondano la vita di Antonio. Anche dopo la sua morte ho sentito raccontare diverse storie al limite del credibile da chi lo aveva incontrato. Di molti episodi che lo riguardano ho però deciso di custodirne gelosamente il segreto, perché credo fermamente che la maggior parte delle persone non siano in grado di accettare e concepire una forma di conoscenza e di amore così grandi, e sarebbero tentate di cimentarsi in congetture raccapriccianti piuttosto che confrontarsi con il mistero della sua grandezza.

Il fascino dell’oceano è proprio la sua immensità e i molteplici misteri che invita ad esplorare, ma sono pochi coloro disposti ad accogliere questo invito, mentre la maggior parte si accontenta di riempire una bottiglia con un po’ della sua acqua illudendosi di averlo imbrigliato.

Molte tra le persone che sono venute a conoscenza della vita di Antonio hanno questionato sul fatto che avrebbe dovuto rivelare pubblicamente i suoi poteri e le sue doti, in modo da dimostrare al mondo la possibilità di trascendere i limiti umani conosciuti. È una riflessione più che comprensibile, e ricordo un giorno in cui qualcuno glielo chiese direttamente.

Lui rispose che in un’eventualità del genere sarebbe presto finito in qualche laboratorio per essere letteralmente sezionato e studiato. Inoltre, non dobbiamo cadere nella superficiale convinzione che se l’essere umano ricevesse le prove dell’esistenza di una realtà ben più vasta di quella conosciuta, qualcosa in lui cambierebbe in meglio.

Per molti secoli bui in Occidente la Chiesa ha suggestionato in modo convincente le masse sull’esistenza di una realtà non ordinaria abitata da un dio barbuto, angeli con le alette e diavoli con il forcone, ciononostante questa visione condivisa non servì certo per ergere lo spirito umano al di sopra delle follie di cui è stato capace.

Se all’uomo di oggi venissero fornite addirittura le prove matematiche dell’esistenza di Dio, dopo un breve attimo di sorpresa e qualche prima pagina sui giornali, tornerebbe in breve tempo a vivere la sua triste vita nello stesso identico modo di prima: addormentandosi sul divano davanti al televisore acceso, perdendosi dentro labirintici e sterili concetti astratti, oppure crogiolandosi nelle proprie astruse sofferenze.

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2 risposte a "L’Alleanza Sacra | Misteri insondabili (cap. 8)"

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