La metafora della carrozza e il ruolo della visualizzazione nella Quarta Via

Uno dei tanti modi in cui il Lavoro illustra la posizione dell’uomo si trova nella parabola del cavallo, la carrozza e il cocchiere. In questa parabola o allegoria, si allude all’uomo nel seguente modo: l’uomo è il cocchiere che dovrebbe stare alla guida e controllare il cavallo e la carrozza, ma egli rimane in una taverna a bere e sciupa quasi tutto il suo denaro in quel posto. Il cocchiere non sta alla guida perché si è ubriacato e per questo motivo il cavallo riceve un alimento scarso o nullo tanto il cavallo come la carrozza si trovano dunque in un pessimo stato. La prima cosa necessaria da fare è che il cocchiere si svegli dal suo sonno e pensi alla sua situazione.

Supponiamo ora che l’uomo si svegli fino ad un certo punto e lasci le immagini e le illusioni che ha su se stesso e cominci a pensare alla sua situazione. Deve uscire dalla taverna ed allora vedrà le condizioni del cavallo e della carrozza. Il cavallo ha fame, la carrozza è in cattivo stato. Nota che i finimenti del cavallo sono mal messi e che mancano le REDINI che uniscono il cavallo alla carrozza, che non c’è nulla che permetta la comunicazione tra il conduttore e il cavallo.

Evidentemente, è inutile che il cocchiere salga alla guida se mancano le redini. Le redini che mancano sono quelle tra il CENTRO INTELLETTUALE e il CENTRO EMOZIONALE. In questa parabola il cavallo rappresenta il Centro Emozionale e il cocchiere rappresenta la mente. Non c’è una connessione appropriata tra i pensieri e le emozioni. Per esempio, pensiamo e decidiamo mentalmente di comportarci in un certo modo, di non perdere le staffe, ma quando arriva la situazione reale vediamo che i nostri pensieri non hanno alcun controllo sui nostri sentimenti, vale a dire, che non si controlla il cavallo. Non è forse vero che decidiamo mentalmente di non comportarci in un certo modo e tuttavia falliamo? Che cosa succede generalmente? Non possiamo controllare il cavallo. Il comportamento del cavallo è indipendente da ciò che ha deciso la mente. Per esempio, uno decide di essere molto coraggioso in presenza del pericolo. Scoppia una bomba e ci si accorge di non essere capaci di controllare il cavallo. Si trema come dei posseduti, e così via. Ciò è causato dal non avere redini che collegano il cocchiere con il cavallo.

La sfortuna è che il cocchiere e il cavallo parlano con lingue diverse. Il cavallo – ovvero, il Centro Emozionale – non capisce le parole del cocchiere – ovvero il Centro Intellettuale. Ricordo che Gurdjieff parlò molte volte delle redini, ossia del modo di collegare il cocchiere con il cavallo. Quale linguaggio usa il Centro Emozionale? Usa il linguaggio delle immagini visive. Il Centro Emozionale non conosce né le parole intellettuali né le teorie, ma capisce le immagini visive. Per esempio, se vi è pericolo e ci si sente nervosi, l’incontro di uomo visibilmente tranquillo aiuta il cavallo – ovvero il Centro Emozionale. L’uomo calmo è un’immagine visiva e questa impressiona il cavallo e lo tranquillizza. Il Centro Emozionale, dunque, è governato dal linguaggio delle IMMAGINI VISIVE, e non basta avere pensieri, perché il Centro Emozionale non comprende questi pensieri che generalmente prendono la forma di parole.

Se non ci sono le redini che vanno dal cocchiere al cavallo, il cocchiere non sa come controllare il cavallo. Crede di poterlo controllare disponendo i pensieri in un certo modo. Il cavallo non conosce questo linguaggio. Non riceve i messaggi. Di fatto, il cavallo non conosce le decisioni del cocchiere. E se il cocchiere ignora tutto sul cavallo, e non gli si sa avvicinare né parlargli, si trova esattamente nella posizione di una persona alla guida della carrozza ma senza redini per controllare il cavallo. Come può il cavallo comprendere il linguaggio del cocchiere? Sia che il cocchiere parli o pensi in inglese o in francese o in tedesco, il cavallo non conosce nessuno di questi idiomi o pensieri verbali: non esistono dunque redini tra i pensieri e i sentimenti.

IL RUOLO DEL SIMBOLO

Le immagini visive sono un linguaggio universale. È il linguaggio dei SIMBOLI e dei SEGNI. Il cavallo capisce soltanto il linguaggio universale delle immagini visive. Per questo, se sì vuole controllare il cavallo con la mente, è necessario visualizzare e non semplicemente pensare. Una delle cose che nel Lavoro viene insegnata infatti, è proprio la VISUALIZZAZIONE.

Bene, perché esiste una parabola? Perché l’insegnamento dei Vangeli si impartisce in forma di parabole? Sono immagini visive. Il cavallo capisce le immagini visive, il cocchiere comprende le parole, e la parabola mette in relazione ambedue.

Quando si ha un problema con qualcuno, è necessario visualizzare la condotta che si è deciso di seguire con quella determinata persona. Visualizzare una persona è una forma di considerazione esterna in un senso più profondo. Visualizzare un altro come se fosse se stessi, visualizzare i suoi disgusti individuali come fossero i nostri, significa visualizzare l’altra persona. Non si può visualizzare un’altra persona in modo corretto se si è negativi verso questa persona o se lo si fa per forza o con superficialità, considerando che si può visualizzare un’altra persona in modo corretto soltanto quando si ha una certa conoscenza di se stessi. Arriviamo ad essere umani gli uni con gli altri quando ci conosciamo mutuamente.

Se ci si dà l’esercizio di visualizzare un altro e di chiedere alla persona visualizzata cosa le dà fastidio, e se lo si fa correttamente, detta persona risponderà. Proprio così, l’immagine ve lo dirà. Tutto questo è possibile, sebbene sia molto difficile. La purificazione del Centro Emozionale è uno degli scopi del Lavoro. È necessario che ci trattiamo, gli uni con gli altri, con molta più gentilezza interiore che esteriore. Molte cose, malattie, dolori di testa, improvvise perdite di forza, ci capitano in una determinata tappa del Lavoro se ci trattiamo in un modo sbagliato gli uni con gli altri. Il Lavoro è una cosa molto pura e dipende dalla purezza interiore. Dobbiamo avere già compreso ciò che significa essere puri. Che cosa significa darsi alla purezza? La purezza è SINCERITÀ.

Così, quando si cerca di visualizzare un’altra persona, e il farlo necessita di tempo, non vale la pena di farlo se in questo senso non si è puri, giacché questo è l’obiettivo di tutto il Lavoro. È possibile aiutarsi gli uni con gli altri, ma solo se spalleggiati dal Lavoro. Questa visualizzazione è la connessione tra il Centro Intellettuale e il Centro Emozionale, e se ci si propone di comportarci correttamente con una persona, è necessario che uno visualizzi di comportarsi correttamente e di non pensare semplicemente a quella persona. È notevole come una visualizzazione pura aiuti tutti e se stessi. La visualizzazione è immaginazione diretta, non immaginazione che cerca solo il piacere di sé.

È necessario comprendere che si parla qui del risveglio del cocchiere, del cocchiere che comincia già a svegliarsi e che non sta più nella taverna. Si parla qui della gente che sta fuggendo dal sonno, dalla vanità e dalle immagini di sé, della gente che ha già dei barlumi della sua Falsa Personalità, di chi ha già cominciato a vedere di non essere assolutamente ciò che credeva di essere.

Naturalmente, molte volte si ritornerà alla taverna. Molte volte si tenterà di arrampicarsi in cabina e si cadrà per terra, ma si ha già l’idea di che cosa tratta questo Lavoro. Non importa quante volte si cade se si avverte di non essere in cabina e si desidera veramente di andarci. È qui che bisogna lavorare contro un certo tipo di EMOZIONI NEGATIVE. Le redini tra il cocchiere e il cavallo non si producono meccanicamente – o meglio, solo le redini sbagliate si producono meccanicamente. Non si producono né nel primo né nel secondo stato di coscienza. Il primo stato di coscienza è il sonno reale, il secondo stato di coscienza è lo stato chiamato di veglia. Per stabilire una connessione corretta tra il Centro Intellettuale e il Centro Emozionale – tra il cocchiere e il cavallo – è necessario essere capaci, per quanto limitata sia la capacità, di ricordarsi di se stessi e di stare all’erta. (1)


(1) Tratto da M. Nicoll, Commentari, La parabola del Cavallo, la Carrozza e il Cocchiere, cap. 25, V. II.

Nota: L’articolo qui esposto – insieme a tutti gli altri presenti nella categoria dedicata – rappresenta un tentativo di ricomporre alcuni dei Frammenti dell’insegnamento di Gurdjieff con le sue stesse parole e con i numerosi contributi di chi ne ha seguito la Via. I riferimenti sono tutti rintracciabili nelle note a fondo articolo. Le eventuali modifiche apportate sono solo di natura stilistica, mai concettuale. L’associazione Per-Ankh, pur trovandosi in sintonia con la maggior parte degli insegnamenti della Quarta Via, non è da considerarsi tuttavia un gruppo Gurdjieffiano.

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