L’Alleanza Sacra | Senza compromessi (cap. 7)

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Il meticoloso riserbo di Antonio si estendeva anche oltre la sua storia passata, sconfinando in molti aspetti di quella che era la sua vita quotidiana presente. La stessa moglie, pur essendo anche lei una sua allieva e pur aiutandolo in tutto e per tutto, era all’oscuro di molte cose che lo riguardavano. C’erano molte persone che ruotavano intorno alla vita di Antonio senza che nessuno sapesse chi fossero e che tipo di legami avessero con lui.

Per quanto io – e le altre persone che lo frequentavano più assiduamente – ci consideravamo i suoi figli spirituali più intimi, sapevamo che al di là dei nostri incontri frequentava anche la comunità ebraica, quella islamica, induista, buddhista, alcune scuole esoteriche di stampo cristiano e forse anche altri gruppi di cui non ci aveva mai parlato. Inoltre, prestava settimanalmente servizio di volontariato presso una casa di riposo vicino a casa sua.

Come trovasse il tempo e soprattutto l’energia per occuparsi di tutto questo e molto altro ancora, rimane uno dei tanti misteri aperti che lo riguardano. Certamente, non sentiva la necessità di svagarsi o riposarsi nel modo in cui noi lo concepiamo, ma tutto il suo tempo libero, al di fuori delle classiche ore lavorative giornaliere, lo dedicava all’insegnamento e alla cura della sua famiglia spirituale mettendo al servizio il suo sapere e il suo essere.

Per la nostra mentalità attuale una tale impostazione di vita è impensabile: la sola idea di non trascorrere la fatidica settimana al mare d’estate, o di non passare anche solo un week end ogni tanto fuori porta, destabilizza la nostra integrità psichica al punto tale dal farci credere impossibile che un essere umano possa in questo modo vivere felice senza sentirsi minimamente privato di qualcosa. È come se non fossimo forniti della facoltà di concepire una simile possibilità senza collegarla ad un’angusta sensazione di sacrificio.

Eppure Antonio era indubbiamente la persona più serena e gioiosa che si possa immaginare; semplicemente, essendo pienamente cosciente della sua missione-funzione su questa terra, non disperdeva tempo ed energie per altro. Tutte le sere, i fine settimana, le ferie estive, le ferie invernali, addirittura i viaggi in macchina per i piccoli spostamenti, i pranzi, le cene, le telefonate, eccetera, erano per lui occasioni preziose ed irripetibili per condividere e trasmettere l’insegnamento.

Ad esempio, ogni anno durante il periodo estivo ci metteva letteralmente a disposizione le sue tre settimane di ferie ad Agosto, senza tenersi per sé neanche un giorno. Negli anni in cui io ero presente, durante queste settimane si organizzavano delle trasferte in una villetta poco fuori città.

La giornata iniziava presto, ci si ritrovava all’alba per praticare il Tai Chi Chuan trasmesso da Antonio, poi ci si riuniva tutti intorno a lui per ascoltarne gli insegnamenti e per approfondire di volta in volta studi tradizionali differenti, ma anche e soprattutto per partecipare a momenti di addestramento di elevata intensità. Si andava avanti così fino a sera.

Il tutto era intervallato dalla preparazione di grandi tavolate con menù semplici e prelibati, grazie ai quali ho personalmente scoperto moltissime ricette, ma soprattutto ho imparato a disciplinare il mio stile alimentare, non considerandolo più superfluo o secondario per una seria pratica spirituale.

Anche durante i pasti Antonio continuava instancabilmente ad insegnare, e spesso approfittava di queste occasioni per descrivere le caratteristiche energetiche e terapeutiche dei cibi, descrivendone peraltro in modo magistrale i sapori in tutte le loro differenti sfumature.

Così come per altri tipi di conoscenza, incarnava anche la scienza dell’alimentazione. Poteva riconoscere facilmente lo stato d’animo di chi aveva cucinato assaggiando la pietanza, così come era in grado di riconoscere dal solo sapore di un piccolo pezzo di pane fatto in casa l’identità della persona che lo aveva impastato durante la preparazione.

Questa sua padronanza gli consentiva di poter dare consigli dietetici mirati per il mantenimento di un ottimale equilibrio psico-fisico. Considerava infatti l’arte culinaria come la medicina più sofisticata che esiste, in grado non solo di curare ma anzitutto di prevenire la maggior parte delle malattie della nostra epoca.

Al termine di quelle cene estive poteva capitare che l’insegnamento si protraesse anche fino a notte fonda, mentre in alcuni casi, quando Antonio vedeva la necessità di farci stemperare un po’ le tensioni accumulate durante il giorno, proponeva anche la visione di determinati film, sempre inerenti a tematiche in grado di consentire riflessioni non banali.

Riesco ancora oggi a rievocare alla memoria molto chiaramente l’elevatissima tensione che si poteva respirare durante quelle “vacanze”, specialmente quando Antonio iniziava a gettare luce sulle nostre zone d’ombra.

A volte destabilizzava il nostro centro interiore, prima creando un’atmosfera di intensa gioia e poi rovesciando improvvisamente la polarità energetica per farci sperimentare stati interiori di estrema pesantezza. Quel costante stimolo ci obbligava a cercare disperatamente un punto fermo dentro di noi – come la ricerca dell’ossigeno per chi sta annegando – e ogni volta diventava più facile ritrovarlo.

Ovviamente, non mancavano anche momenti di festa ed allegria, dove si poteva respirare un clima di intimità e familiarità difficile da assaporare anche nei focolari domestici più affettuosi.

Antonio aveva inoltre un grande senso dell’humor, delicato e acuto, e in varie occasioni lo esprimeva per aiutare le persone ad osservare se stesse con meno gravosità. Quando l’ironia non viene utilizzata come strumento per deridere e sminuire gli altri, o come antidoto per dissolvere attimi di necessaria serietà, allora può trasformarsi in un’ineguagliabile alleata  per alleggerire situazioni di vita particolarmente difficili, consentendo di osservarle da una prospettiva più distaccata.

Inutile sottolineare come le vacanze estive passate insieme ad Antonio siano state le più intense che io abbia mai vissuto in vita mia. Quando le tre settimane terminavano, avvertivo sempre la marcata sensazione di ritornare a terra come un esploratore interstellare che aveva terminato un lungo viaggio attraverso mondi estremamente più evoluti di questo. Mi sentivo pieno di forza e con un’energia completamente rinnovata; tutto diventava più facile, più limpido, più intenso.

Se i miei familiari o i miei amici dell’epoca avessero partecipato come spettatori esterni anche solo a un’ora di quelle estati, mi avrebbero certamente crocifisso come un folle masochista: per quale oscuro motivo sacrificare le vacanze giovanili in quel modo, invece che andare a spassarsela in qualche lontana meta turistica?

Confesso che in alcuni momenti mi chiedevo se non sarebbe stato forse più logico seguire i miei coetanei nelle loro scorribande, ma fortunatamente la mia irrazionale attrazione verso Antonio e verso il suo insegnamento era troppo forte da consentirmi di scivolare altrove, cosa che avrei certamente rimpianto per tutta la vita.

Oltre all’insolito modo di trascorrere il tempo libero, c’è però forse un aspetto che più di altri merita la pena evidenziare, dato che la cultura attuale sembra rifuggirlo come la peste: Antonio provvedeva al suo sostentamento e a quello della sua famiglia con i soli introiti del suo lavoro ordinario, senza mai trarre vantaggio economico (neanche un euro) dalle sue conoscenze o dalle sue straordinarie capacità. Anzi, una delle condizioni tassative che poneva a coloro che volevano imparare da lui, era l’impegno a non mercificare mai i suoi insegnamenti.

Così come un padre non chiederebbe mai un compenso economico dal figlio per l’affetto e l’educazione ricevuti, tanto di più un padre spirituale non potrebbe mai concepire di ricevere somme di denaro in cambio di un addestramento. Un vero maestro non adempierebbe mai alla sua funzione per interessi personali. Su questo punto Antonio non ammetteva compromessi di nessun genere e considerava la vendita degli insegnamenti tradizionali di una gravità inaudita.

Ho visto Antonio rifiutare varie offerte economiche che avrebbero fatto vacillare per qualche ora anche la persona più salda nei propri principi.

In passato, in un periodo di particolare necessità, dato che era rimasto disoccupato per via della chiusura improvvisa dell’azienda per cui lavorava, rifiutò seduta stante la proposta di tenere un piccolo spazio radiofonico di non più di trenta minuti al giorno dedicato alla divulgazione dell’Astrologia, per un compenso mensile pari ad uno stipendio più che allettante. Dopo poco tempo trovò impiego come informatico in una nuova azienda. Un giorno raccontò quell’aneddoto per testimoniare l’importanza della fiducia nella vita:

“A cinquant’anni sono rimasto improvvisamente senza lavoro. Non era certo facile la mia situazione, considerando l’età e il fatto che avevo una moglie e un figlio da mantenere. Avrei potuto disperarmi, o cedere a piccoli compromessi, ma ho lasciato che la vita si preoccupasse per me, e così è stato, ovviamente.”

In un’altra occasione, forse ancora più surreale, un magnate appassionato di esoterismo gli propose una sorta di vitalizio di centinaia di milioni di lire all’anno (una cifra considerevole a quell’epoca) per permettergli di dedicarsi unicamente alla traduzione e decriptazione di testi antichi. Anche in questo caso Antonio rifiutò all’istante. Credo che chiunque avrebbe temporeggiato almeno per qualche minuto al suo posto, anche solo per cercare la forza di rifiutare un’occasione tanto incredibile quanto allettante, ma lui no, non si scompose, non diede segno di stupore né di gratificazione, semplicemente ringraziò per l’offerta e rifiutò.

Non di rado poteva capitare che si facessero vivi noti personaggi dello “spiritual business”, di grande notorietà ma di dubbia integrità, per proporgli collaborazioni di ogni sorta, ma i suoi dinieghi furono sempre decisi e inderogabili, spesso accompagnati da severi rimproveri verso il mercificare i concetti della Via. La sua impeccabilità era attraente.

“Un comportamento dignitoso prevede che ci si sostenga con le proprie gambe senza dover dipendere economicamente da nessuno, in modo da potersi dedicare alla Via incondizionatamente, senza doppi fini e senza creare legami interessati.”

Solo i falsi maestri si preoccupano di quantificare le loro conoscenze per ricevere denaro dai loro allievi, e dimostrano così di non aver realizzato nemmeno un livello minimo di amore disinteressato. Tutte le volte che mi sono ritrovato ad affrontare questo tema così palesemente assurdo con i numerosi “consulenti spirituali” in circolazione, ho sempre ricevuto le solite inconsistenti giustificazioni.

Una di queste si arrocca sul fatto che le persone apprezzano solo quello che pagano; vero, ma ci sono forme di pagamento ben più serie ed efficaci, ossia la richiesta di mettere in pratica nella propria vita gli insegnamenti. Inoltre, se una persona non è in grado di cogliere il valore inestimabile di un insegnamento se non a costo di un esborso economico, rivela fin da subito un approccio ancora troppo immaturo per un addestramento serio.

In tutte le tradizioni spirituali compare il monito sulla gravità di trasmetterne le conoscenze sotto forma di commercio. Nel Cristianesimo sono chiare le parole di Gesù: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.”[1]

Nell’Ebraismo è un sacrilegio trarre vantaggio dagli insegnamenti della Torah, come chiaramente specificato nelle Massime dei Padri.[2]

Nell’Antico Egitto era insegnato fin dall’inizio nella Scuola della Vita: “Così prescrive la legge per coloro amati dagli dei: in relazione alla ricchezza materiale, l’uomo eccellente la otterrà da solo. Sarà Dio a fare in modo che sia una persona di qualità e a proteggerlo, anche quando dorme.”[3] 

Così disse Don Juan a Castaneda quando questi si offrì di pagarlo: “Prima di tutto ciò che faccio per te è gratis. Non mi devi nulla. Con te sono stato impeccabile, lo sai.”[4]

Fool Crow, sciamano della tradizione Pellerossa, mette in luce che tutti gli sciamani che si sono fatti corrompere dall’avidità, vendendo i loro servigi e le loro conoscenze, abbiano poi fatto una misera fine.[5]

Per non parlare della spiritualità induista: “Vendere insegnamenti spirituali è un karma terribile. Anche se puoi sperare d’eludere la maggior parte degli altri karma, non puoi sfuggire alle cattive conseguenze che derivano dal guadagnare soldi dando consigli spirituali alla gente.”[6] Gli esempi e le citazioni potrebbero continuare per pagine e pagine intere.

Al pari di grandi maestri del passato, Antonio ha sempre rifiutato le diverse opportunità di diventare un personaggio pubblico e le allettanti occasioni in cui avrebbe potuto con facilità conquistare notorietà.

Venne addirittura invitato dalla Rai a partecipare come ospite d’onore ad una trasmissione televisiva dedicata al mondo dei misteri e del paranormale. La redazione insistette con forza perché alcune persone lo avevano indicato come un personaggio enigmatico al pari di Gustavo Rol[7], ma Antonio rispose telefonicamente con velata ironia, senza nemmeno accettare un incontro di persona:

“Vi ringrazio moltissimo ma credo che vi abbiano presi in giro… La cosa più misteriosa che mi sia mai successa è proprio quella di aver ricevuto questo vostro invito.”

Un maestro del suo livello si adegua agli usi e costumi del momento senza ostentare la sua diversità, coltivando piuttosto un’umiltà naturale che gli consenta di stare nel mondo pur essendo al di sopra di esso. La sua levatura non era una medaglia da esporre per poterne trarre vantaggio personale, ma era una profondità di coscienza al servizio di coloro disposti a concentrare le proprie energie nella Via, senza disperderle caoticamente in attività vanesie.

Ovviamente, era ben consapevole di quanto fosse prezioso il suo tempo e il suo insegnamento, e per tale ragione ne era anche vigile custode, impietoso con i perditempo e con i “turisti spirituali”. Non di rado le persone si dicono infatti attratte dalla spiritualità come le api dal polline, ma spesso e volentieri vivono come mosche impazzite che si appoggiano un attimo su un fiore, un attimo dopo sullo sterco, e così via senza un intento chiaro e definito, senza di fatto concludere mai nulla se non provvisorie e inutili soddisfazioni o delusioni.

Antonio non si dedicava agli eruditi incalliti o a chi dimostrava particolari qualità, non faceva test di ingresso per accedere al suo insegnamento, ma apriva incondizionatamente le porte del Tempio a tutti coloro che, come api dal cuore sincero e buona volontà, erano disposti a nutrirsi del suo insegnamento per trasformarlo in miele al servizio dell’alveare. Di fronte alle mosche, invece, non concedeva più di un’occasione, dopodiché si dileguava elegantemente.

Antonio svolgeva un lavoro normalissimo come la maggior parte delle persone, e anche in questo ambito rivelava un grandissimo impegno e senso di responsabilità verso i suoi colleghi. Non si assentò mai un solo giorno dal lavoro, anche nelle rare occasioni in cui la sua condizione fisica lo avrebbe probabilmente richiesto (non usufruì mai della mutua in quarant’anni di lavoro!), ma dopo le sue otto ore lavorative quotidiane la sua vita si trasformava radicalmente. Ogni attimo era una preziosa lode alla Via.

Ciononostante, non si poteva certo dire che avesse la parvenza di un topo da biblioteca, tutt’altro. Quando parlava della magnificenza della natura, era in grado di esaltarne i dettagli al punto tale da trasportare chi lo ascoltava dentro dei veri paesaggi, e quando descriveva certi luoghi, come antiche città o regioni sperdute chissà dove, sembrava conoscerle come chi ci ha vissuto per anni. Un giorno qualcuno gli chiese come riusciva a compiere descrizioni così minuziose senza essersi mai spostato dalla città in cui risiedeva:

“Mi basta socchiudere gli occhi e posso esplorare e vedere tutto questo dentro di me.”

Sono ormai persuaso che i grandi impulsi evolutivi della storia non provengono da coloro che hanno lasciato opere filosofiche da studiare o che hanno fondato nuove religioni, ma da coloro che hanno dimostrato con l’esempio della loro vita la concreta possibilità di vivere in modo libero la propria esistenza e al di là di ogni immaginazione, perché tale impronta è così forte e intensa da influenzare invisibilmente le persone circostanti.

Come un sasso gettato in uno stagno suscita onde concentriche che si allargano sulla sua superficie, coinvolgendo nel loro moto, a distanze diverse e con diversi effetti, ogni insetto o fiore galleggianti, così è l’effetto di un maestro quando entra nella vita del mondo.

Prima di conoscere Antonio, quando mi capitava di leggere le parole di alcuni personaggi che mi colpivano per la serietà e profondità di vedute, ricordo che non riuscivo mai a spingermi oltre una certa soglia, arenandomi sempre nella solita riflessione:

“E se fossero insegnamenti non adatti alla nostra epoca? Chi mi assicura che sarebbe possibile viverli avendo a che fare con i problemi di oggi, con le difficoltà di tutti i giorni?”

Ricordo ad esempio i libri che riportano i discorsi pubblici di Krishnamurti, pieni di riflessioni ineccepibili, eppure mancava qualcosa. Mancavano quei piccoli e semplici aneddoti di vita alle prese con le più comuni difficoltà di tutti i giorni: studio, lavoro, relazioni sentimentali, eccetera. Purtroppo, queste “lacune” non permettevano alle sue parole di attecchire completamente dentro di me.

Con Antonio non era invece possibile fuggire dai suoi insegnamenti con la scusa di sentirli irrealizzabili o troppo lontani dalla quotidianità; ogni sua parola era sempre accompagnata dal suo esempio concreto.

Pensare e sognare un maestro lontano, magari sui picchi innevati dell’Himalaya, ha sì un sapore esotico e vagamente malinconico, ma tutto sommato è anche confortante perché pone al riparo da un confronto diretto sulle faccende apparentemente più banali dell’esistenza. In realtà sono proprio queste a rappresentare per noi il principale e più importante campo di battaglia sul quale poter lavorare per evolverci.

L’amore è la forza vitale più potente che esiste. Non la si può studiare in laboratorio, non la si può sezionare, né misurare; cionondimeno i suoi effetti sono visibili.

La maggior parte delle persone è consapevole di questa realtà, ma quasi nessuno riesce a farne realmente esperienza, confondendola con le passioni biologiche o con intense emozioni. Impossibile da comunicare o insegnare attraverso una dottrina o una tecnica, il vero amore può solo essere sperimentato di persona. Antonio lo incarnava attraverso ogni gesto, ogni parola, ogni sguardo; la sua stessa presenza ne rappresentava una testimonianza vivente potentissima.

Era padre e madre insieme, severo e misericordioso, stimolante e protettivo. Non era possibile stargli vicino con quel tipo di distacco tanto caro alla mentalità scientifica occidentale. Il suo calore era travolgente, e non vi erano barriere logiche in grado di sostenerlo; poteva scaldare o bruciare, ma mai lasciare indifferenti.

Chi era solamente interessato alla conoscenza, o meglio alle informazioni, senza dimostrare una reale disponibilità a mettersi profondamente in gioco, non resisteva a lungo. Antonio non dava infatti nessun valore al fatto che una persona potesse acquisire una nuova comprensione intellettuale da sfoggiare come la ruota del pavone, anzi.

Molto spesso un certo di tipo di conoscenze possono rappresentare un grosso ostacolo piuttosto che un carburante aggiuntivo per la risalita, e il suo preciso obiettivo era condurre verso un livello di esistenza più libero, verso un’espansione di coscienza.

Il vero maestro non è colui che fornisce consigli ed indicazioni senza preoccuparsi dell’utilizzo che ne farà il discepolo. Le persone vorrebbero invece un guru che le faccia sentire speciali per come già sono, giustificando magari le loro irresponsabilità, senza fastidiosi stimoli o rimproveri. Vorrebbero qualcuno che, con una certa autorità divina, possa benedirle per continuare a vivere esattamente come hanno sempre fatto, con le loro ipocrisie, falsità ed egoismi.

Ma un vero iniziato sa bene che questo non è possibile; non desidera più fuggire dalle sue ombre, desidera anzi incontrarle ed affrontarle una volta per tutte proprio per spingersi oltre.

Dapprima un discepolo non è migliore di una mosca; passa rapidamente da una lettura all’altra, da insegnamento a insegnamento, da guru a guru, e gode ugualmente dei dolci e della sporcizia senza distinguerne i differenti sapori. A poco a poco impara però a discernere, e allora comprende sempre di più il profondo valore del nettare che gli ha offerto il suo maestro, anche se tale nettare ha spesso il sapore di una medicina amara.

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[1] Vangelo, Mt 10,8.

[2] Pirkei Avot (Massime dei Padri).

[3] Gli Insegnamenti di Ptah-Hotep, X 183.

[4] Viaggio a Ixtlan, di Carlos Castaneda, Edizioni BUR, 2012.

[5] Fool Crow: Saggezza e Potere, di Thomas E. Mails, Edizioni Punto d’Incontro, 2001.

[6] Aghora – alla sinistra di Dio, di Robert E. Svoboda, Edizioni Vidyananda, 1995.

[7] Noto personaggio torinese, considerato da molti come il più grande sensitivo del XX secolo.

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