Ouspensky sottolineò vigorosamente il fatto che l’identificazione era un nemico formidabile ed estremamente sottile. Esso permeava le nostre vite in tale misura che si poteva dire che si passava da un’identificazione all’altra quasi senza soluzione di continuità. Ciò che rendeva particolarmente difficoltosa la lotta era la tendenza all’identificazione ad assumere vesti onorevoli, lasciandoci credere di essere nostra amica e qualcosa di cui non potevamo fare a meno.
K. Walker 1
Parlando in generale, si può affermare con certezza che per una cosa che l’uomo ricorda, ve ne sono sempre dieci, ben più importanti, che dimentica. Per questo, le sue opinioni e i suoi punti di vista sono privi di qualsiasi stabilità e precisione. L’uomo non ricorda ciò che ha pensato o detto, e non ricorda come ha pensato o come ha parlato.
Ciò è, a sua volta, in rapporto con una delle caratteristiche fondamentali dell’atteggiamento dell’uomo verso se stesso e verso gli altri, vale a dire: la sua costante identificazione a tutto ciò che prende la sua attenzione, i suoi pensieri o i suoi desideri, e la sua immaginazione.2
Con i termini identificare e identificazione si intendeva che un uomo perdeva il senso di se stesso e della sua esistenza in un singolo pensiero, sentimento o movimento, dimenticando ogni altro pensiero, sentimento o movimento. Egli fluiva, per così dire, in tutto ciò che riusciva a catturare la sua attenzione in un certo particolare momento, sicché cessava di essere consapevole di se stesso e di esistere come persona. In tali momenti, il livello della sua coscienza affondava oltre suo livello usuale, mentre il suo campo di consapevolezza si restringeva a tal punto da avere spazio soltanto per una singola idea, percezione o emozione.3
L’identificazione è una caratteristica talmente comune che nell’intento di osservare se stessi è difficile separarla da altre cose. L’uomo è sempre in stato di identificazione, ciò che cambia è solo l’oggetto della sua identificazione.
L’essere umano si identifica con un piccolo problema che trova sul suo cammino e dimentica completamente i grandi scopi che si proponeva all’inizio del suo lavoro. Si identifica con un pensiero e dimentica tutti gli altri. Si identifica con una emozione, con un umore, e dimentica gli altri suoi sentimenti più profondi. Lavorando su di sé, le persone si identificano talmente con scopi isolati da perdere di vista l’insieme. I pochi alberi più vicini finiscono per rappresentare, per noi, tutta la foresta.
L’identificazione è il nostro nemico più terribile, perché penetra ovunque e ci inganna proprio nel momento in cui crediamo di lottare contro di essa. Se ci è tanto difficile liberarci dall’identificazione, è perché ci identifichiamo più facilmente con le cose a cui siamo maggiormente interessati, quelle alle quali diamo tutto il nostro tempo, il nostro lavoro e la nostra attenzione. Per liberarsi dall’identificazione, l’uomo deve stare costantemente in guardia ed essere inflessibile verso se stesso: non deve aver paura di smascherare tutte le sue forme più sottili e nascoste.
È indispensabile vedere, studiare l’identificazione, al fine di scoprirne in noi stessi le radici più profonde. Ma la difficoltà della lotta contro l’identificazione è accresciuta ulteriormente dal fatto che, quando le persone la riconoscono, la considerano una qualità eccellente e le attribuiscono nomi quali entusiasmo, zelo, passione, spontaneità, ispirazione, ecc. Ritengono che non si possa fare realmente un buon lavoro, in qualsiasi campo, se non in stato di identificazione. In realtà, è un’illusione. In tale stato l’uomo non può fare nulla di sensato. E se la gente potesse vedere ciò che lo stato di identificazione significa, cambierebbe d’avviso. Un uomo identificato diventa una cosa, un pezzo di carne (…).
Fin quando un uomo si identifica o è suscettibile di identificarsi, è schiavo di tutto ciò che può accadergli.4
IDENTIFICAZIONE ED EMOZIONI
Un’emozione negativa può essere riconosciuta mediante l’identificazione. Senza identificazione non possono esistere emozioni negative.5 Di conseguenza, lo studio dell’identificazione e la lotta con essa sono armi potentissime nella lotta contro le emozioni negative, in quanto ne diminuiscono il potere.6
Quando cominciamo ad osservare in particolare le emozioni, ma in realtà anche tutte le altre funzioni, troviamo che tutte le nostre funzioni sono accompagnate da un certo atteggiamento: diveniamo troppo assorbiti dalle cose, troppo persi nelle cose, specialmente quando compare anche un più piccolo elemento emotivo.
Ci identifichiamo con le cose. L’idea di identificazione esiste negli scritti indiani e i buddhisti parlano di attaccamento e non attaccamento. L’identificazione è una certa qualità di attaccamento: essere perduti nelle cose. Quando si diviene identificati non si può osservare.
L’identificazione comincia prima con l’interesse. Siamo interessati in qualche cosa e il momento dopo siamo in essa e non esistiamo più.7
Come altro esempio, questo stato lo scopriamo molto chiaramente in noi nei riguardi di ciò che possediamo. Noi tutti abbiamo qualcosa che possediamo e a cui siamo attaccati, come si dice, o meglio con cui ci identifichiamo, e se c’è il pericolo che si perda, per noi è peggio che se perdessimo noi stessi. Mi ricordo un esempio di ciò che mi colpì molto, e che ebbe luogo molto, molto tempo fa, quando ero in uno dei gruppi di Ouspensky. Stavamo parlando delle difficoltà che incontravamo a ricordare noi stessi, e lui disse che per ricordare dovevamo avere qualcosa che ci facesse ricordare. Continuò col dire che per avere questo qualcosa dovevamo sacrificare qualcosa che ci era prezioso, allontanare da noi qualcosa cui tenevamo. Una donna gli disse che stava arrivando alla disperazione, che erano svariati mesi che cercava di fare qualcosa e non era riuscita a fare nulla. Lui le disse che doveva guardare in casa e trovare qualcosa a cui teneva e sacrificarla. Lei sembrò molto imbarazzata per un momento, poi disse: “Be’, a dire la verità, a casa ho un bellissimo vecchio servizio da tè che ho ereditato completo da mia madre, e a cui sono attaccata”. La sua risposta fu: “Rompa una delle sue tazze di porcellana e ricorderà se stessa”. La settimana dopo, lei venne in uno stato autenticamente isterico, dicendo: “Sono stata molto turbata da quello che ha detto riguardo alle mie tazze di porcellana. Non potrei rompere una tazza di porcellana neanche se fosse per salvare la mia anima”. La sua risposta fu semplicemente: “Vede cosa significa l’identificazione?”8
L’identificazione si verifica quindi quando siamo respinti o attratti da qualcosa. Lo studio o l’osservazione non producono necessariamente identificazione, cosa che fanno sempre attrazione e repulsione. Inoltre noi usiamo un linguaggio troppo forte e ciò automaticamente produce identificazione. Abbiamo parecchi congegni automatici di questo tipo.9
L’identificazione ha l’effetto di restringere il campo della coscienza, laddove l’attenzione direzionata solitamente l’amplifica, consentendo l’afflusso nella coscienza di un maggior numero di cose. È questo effetto restringente dell’identificazione che spiega il detto popolare che una persona non riesce a vedere un bosco a causa di alcuni alberi. Succede infatti che la sua attenzione venga imprigionata da uno o due alberi, per cui tutto il resto scompare dalla vista. Similmente, identificandoci con un’angoscia, una delusione o una fonte d’irritazione, cadiamo interamente in suo potere e la conseguenza è che perdiamo la possibilità di pensare o sentire ogni altra cosa.10
Non è possibile identificarci ed essere consapevoli di noi stessi: la presenza dell’identificazione significa assenza della consapevolezza.
L’identificazione è una cosa assai difficile da descrivere, in quanto non sono possibili definizioni. Così come siamo, non siamo mai liberi dall’identificare. Se crediamo di non identificarci con qualcosa, siamo identificati con l’idea di non essere identificati. Non possiamo descrivere l’identificazione in termini logici. Dobbiamo trovare un momento di identificazione, afferrarlo, e poi confrontare le cose con quel momento.
L’identificazione si manifesta in qualsiasi momento della vita ordinaria. Quando si inizia ad osservare se stessi, alcune forme di identificazione divengono già impossibili. L’identificazione è un’importantissima caratteristica psicologica che permea l’interezza della nostra vita e noi non la notiamo perché siamo in essa.11
Un’atmosfera sottilmente tesa era favorevole all’insegnamento. Gli allievi potevano essere lodati un giorno per aver fatto la stessa cosa per la quale un altro giorno erano stati biasimati. E stava a loro apprezzare la sfumatura. Potevano vivere le montagne russe dell’emozione, prima di rendersi conto che era proprio la consapevolezza di queste identificazioni e cambiamento di umore ciò a cui erano invitati.12
Prendiamo, per esempio, le simpatie e le antipatie: esse significano tutte identificazione, specialmente le antipatie. Non possono esistere senza di essa (…). Di solito le persone immaginano di avere molte più antipatie di quante ne abbia in realtà. Se le esaminano e le analizzano, probabilmente scopriranno di avere antipatia soltanto per una o due cose.13
Gli altri in fondo non hanno il potere su di noi che noi pensiamo: esso è solamente il risultato dell’identificazione.14
I nostri rapporti personali sono costantemente rovinati dal fatto che siamo identificati con le persone e con ciò che esse possono pensare o provare per noi. Basta che una persona faccia il minimo piccolo gesto ed il nostro mondo interno si riempie d’ogni sorta di reazioni emotive. Qualsiasi cosa può essere esagerata fino all’assurdo. Una parola di critica, e pensiamo di essere un odiato reietto. Un cenno d’assenso e crediamo d’esser riconosciuti per saggi o eminentemente importanti. In tutto questo, nessun altro ci ha fatto identificare. L’abbiamo fatto da soli. Quando qualcosa ci scuote dallo stato di identificazione, c’è un qualcosa di molto spiacevole nel renderci conto di quanto ci eravamo persi; non possiamo sopportare di riconoscere la verità. Quando siamo identificati la nostra visione del mondo è terribilmente ristretta. Il momento presente si riduce ad un punto. Ma quando siamo totalmente identificati, completamente persi, crediamo di essere liberi al massimo, di vedere tutto ciò che è reale. Inizialmente quando incontriamo questo concetto, ci è quasi impossibile accettare davvero che noi possiamo identificarci: gli altri sì, ma non noi. Una volta che invece lo abbiamo realmente visto in noi, una volta assaggiata l’amara realtà della cosa, non ci è più possibile guardare noi stessi come facevamo prima. Non possiamo più “dormire tranquilli” come dice Gurdjieff. Ecco perché l’osservazione di sé deve essere intrapresa con la ferma volontà di non fermarsi di fronte a nessuna barriera, di non sfuggire ad alcunché si scopra e di non mancare di seguire le inferenze che inevitabilmente discendono da ciò che si è visto.15
Esistono tuttavia parecchie piccole identificazioni che sono difficilissime da osservare e queste sono le più importanti perché ci mantengono meccanici. Dobbiamo renderci conto che passiamo sempre da un’identificazione all’altra. Se un uomo guarda muro, egli è identificato con il muro.16
Ogni identificazione uccide tutte le emozioni tranne le emozioni negative. Con l’identificazione rimane soltanto il lato spiacevole. Per riconoscere l’identificazione infatti dobbiamo considerare che essa ha sempre un elemento emotivo, anche se qualche volta diventa un’abitudine, così che uno non nota nemmeno l’emozione.
Identificarsi è una cosa speciale, significa perdere se stessi. Non è tanto una questione di con che cosa uno si è identificato. L’identificazione è uno stato. Dobbiamo comprendere che parecchie cose da noi attribuita alle cose esterne, in realtà sono in noi. Prendiamo ad esempio la paura. La paura è indipendente dalle cose. Se siamo in uno stato di paura, possiamo avere paura di un passerotto. Ciò accade spesso in casi patologici e uno stato patologico è semplicemente uno stato ordinario intensificato. Noi abbiamo paura e quindi scegliamo ciò di cui dobbiamo avere paura. Questo fatto rende possibile la lotta contro tali cose in quanto esse sono in noi.17
Occorre ricordare inoltre che essere completamente assorbiti nel proprio lavoro darà come risultato un cattivo lavoro. Se siamo identificati non possiamo mai ottenere buoni risultati. È un’illusione pensare che dobbiamo perderci per ottenere buoni risultati, mentre in tal modo otteniamo soltanto risultati modesti. Finché uno è identificato, egli non esiste. Esistono soltanto le cose con cui egli è identificato.18
La nostra identificazione ci porta le emozioni negative degli altri in quanto ci rende suscettibili ad esse. Se pensiamo ad un caso specifico, e visualizzando la possibilità di non esserne identificati, ci accorgeremo che saremo meno suscettibili. La relazione dell’identificazione con le emozioni negative non è una teoria, e può essere facilmente verificata.19
Quando si acquisisce infatti un certo controllo sull’espressione delle emozioni negative, sorge il problema di come comportarsi con esse. Occorre cominciare a trattarle cercando di non identificarsi tanto spesso e quanto più si può, perché essere sono sempre connesse con l’identificazione. Se si vince l’identificazione, esse scompaiono.20
LE FASI DELL’IDENTIFICAZIONE
Nel processo dell’identificazione esistono due fasi. La prima fase denota il processo di divenire identificati, la seconda fase avviene invece quando l’identificazione è completa. Se attrae eccessiva attenzione e occupa troppo tempo, la prima fase porta alla seconda.
Quando si desidera qualcosa, spesso l’identificazione è necessaria. Se noi desideriamo colpire qualcuno, non possiamo farlo senza identificazione. Se l’identificazione scompare, noi non lo desideriamo più.
È possibile identificarsi con 10.000 cose contemporaneamente. È necessario osservare e osservare. Sotto un certo punto di vista lottare con l’identificazione non è tanto difficile perché, se possiamo riconoscerla, essa diviene talmente ridicola che non possiamo rimanere identificati. Le identificazioni degli altri ci sembrano sempre ridicole e le nostre possono diventare come quelle. In ciò può essere utile il riso, se sappiamo ridere di noi stessi.21
IDENTIFICAZIONE E LIBERTÀ
L’identificazione è una falsa libertà, l’illusione della libertà, nella quale ci sentiamo liberi perché stiamo facendo ciò che vogliamo fare. Invece di trovare noi stessi, perdiamo noi stessi in ciò che stiamo facendo; e a quel punto ciò che stiamo facendo può anche essere libero, ma noi siamo in schiavitù.
Possiamo anche perderci in ciò che stiamo facendo anche se non è quello che vogliamo, anche quando è una cosa riguardo alla quale non abbiamo scelta. Quando siamo in questo stato sentiamo che qualsiasi interferenza con ciò che stiamo facendo è un attentato alla nostra libertà. Se, diciamo, stiamo cucinando in cucina, diventiamo così eccitati e così identificati con quello che stiamo facendo, che se viene qualcuno e ci dice che non lo stiamo facendo nel modo giusto, ci offendiamo e sentiamo che sta interferendo. Pensiamo che la nostra libertà consista nel farlo a modo nostro, mentre qualsivoglia libertà abbiamo avuto, l’abbiamo gettata via, ed avendo la possibilità di essere liberi di fare qualsiasi cosa, abbiamo scelto di diventare schiavi.
Quando siamo identificati, è esatto dire che non siamo più affatto noi stessi, perché abbiamo trasferito il nostro senso della nostra realtà a qualcosa al di fuori di noi stessi. Arriviamo a tal punto di farlo apparire una cosa positiva, l’identificarsi, lodando un uomo tutto preso dal suo lavoro, o spendendo enormi quantità di denaro per l’ultimo libro o film sensazionale, cioè in grado di darci un’identificazione.
Diventiamo schiavi di tutto ciò che facciamo, schiavizzati da tutte le persone che incontriamo, dalle situazioni in cui ci veniamo a trovare, e tuttavia c’è questa terribile assurdità, che in tutto ciò pensiamo di essere liberi. Per esempio, può avvenirci di lottare con noi stessi, di cercare di trattenere l’espressione di un qualche stato negativo, mentre dentro, ribolliamo. Poi improvvisamente ci lasciamo andare, e mentre sul piano oggettivo stiamo buttando via tutto quello che avevamo guadagnato facendo quello sforzo, ci sentiamo meglio, ci sentiamo liberi, e giustifichiamo il tutto dicendo che abbiamo voluto essere sinceri.
Abbiamo permesso che questa triade negativa ci dominasse, e tuttavia ci sentiamo bene, ci sentiamo meglio, perché non sospettiamo nemmeno che tali stati negativi non hanno alcun posto in chiunque aspiri all’appellativo di uomo.22
LAVORARE CONTRO L’IDENTIFICAZIONE
Consideriamo che, innanzitutto, sia necessario vedere l’identificazione. Poi, è necessario opporle qualcosa. Opporre qualcosa significa semplicemente rivolgere la nostra attenzione verso qualcosa di più importante. Possiamo apprendere a distinguere l’importante del meno importante, e se rivolgiamo la nostra attenzione su cose più importanti, diventiamo meno identificati con le cose non importanti.23
Dobbiamo renderci conto che l’identificazione non ci può mai aiutare: essa rende soltanto le cose più confuse e più difficili in quanto non ha assolutamente energia utile, ma solamente energia distruttiva. Se ci rendiamo conto soltanto di questo, anche solo questo può esserci d’aiuto in alcuni casi.24
Lo scopo del non identificarsi è quello di svegliarsi. L’identificazione è una caratteristica del sonno, la mente identificata è addormentata. La libertà dall’identificazione è uno degli effetti del risveglio.
L’identificazione non può sparire da sola: è necessario combatterla. Naturalmente, ci si può svegliare solo per mezzo dello sforzo, di lotta contro di essa. Ma prima bisogna comprendere cosa significhi identificarsi. Come in ogni altra cosa, anche nell’identificazione esistono gradi. Nell’osservare se stesso uno deve scoprire quando è più identificato, meno identificato o non identificato affatto.25
La vita esige uno sforzo meccanico, ma se si pratica la non identificazione si trasforma in sforzo cosciente. Possiamo farlo solo per un periodo – diciamo un’ora – cercando di mantenerci coscienti ed osservandoci accuratamente. Per esempio, possiamo proporci di non fare nessuna obiezione per un’ora. Questo aiuterà a comprendere ciò che significa la non identificazione.26
Persino nella vita ordinaria se si è relativamente identificati, un io può fare qualcosa mentre altri io possono osservarlo. Ma in uno stato di identificazione essi sono completamente tagliati fuori: un piccolo io occupa l’intero campo.27
IDENTIFICAZIONE ED ENERGIA
Quando una persona si arrabbia ha un’energia tremenda, e questa opera da se stessa, senza controllo, e fa sì che uno agisca in una determinata maniera. Perché? Qual è il nesso? Il nesso è l’identificazione. Arrestando l’identificazione si disporrà di quest’energia. Come possiamo farlo? Non immediatamente. C’è bisogno di pratica e di momenti più facili. Quando l’emozione è fortissima non possiamo farlo. È necessario sapere di più, essere preparati. Se sapessimo come non identificarci nei momenti giusti, avremmo grande energia a nostra disposizione.
Per tutto questo occorre pratica. Non possiamo imparare a nuotare se cadiamo in mare durante una tempesta: dobbiamo imparare in acque calme. Poi, se cadremo in acqua, forse potremo essere capace di nuotare.
È impossibile essere consapevoli se si è identificati. Questa è una delle difficoltà che viene in seguito, in quanto gli individui hanno qualche identificazione favorita cui non vogliono rinunciare e tuttavia vogliono essere consapevoli. Le due cose non possono andare d’accordo.
Nella vita esistono parecchie cose incompatibili: identificazione e consapevolezza sono due tra le più incompatibili.28
IDENTIFICAZIONE E CONSIDERAZIONE
L’identificazione in rapporto alla gente prende una forma speciale che, in questo Sistema, è chiamata considerare. Ma considerare può essere di due tipi. Quando consideriamo i sentimenti degli altri e quando consideriamo i nostri.
Consideriamo principalmente i nostri sentimenti. Li consideriamo soprattutto nel senso che la gente in qualche modo non ci stima abbastanza o ci sottovaluta, o non è troppo riguardosa con noi. Troviamo parecchie parole per dirlo. Questo è un importantissimo aspetto dell’identificazione da cui è difficilissimo liberarsi; alcuni sono totalmente il suo potere.29
Assumendo quindi che l’identificazione con la gente assuma la forma del considerare, possiamo dire che esistono due tipi di considerare: quello interno e quello esterno. Il considerare interno è lo stesso che identificare. Il considerare esterno significa prendere in considerazione le debolezze degli altri, mettersi nei loro panni. Nella vita spesso ciò è descritto con la parola “tatto”, soltanto che il tatto può essere educato o accidentale. Il considerare esterno significa controllo. Se impariamo ad usarlo consapevolmente, ci darà una possibilità di controllo.
Il considerare interno è quando sentiamo che gli altri non ci danno abbastanza, non ci apprezzano sufficientemente. Se uno considera internamente, egli perde momenti di considerare esterno. Il considerare esterno va coltivato, il considerare interno va eliminato.30
Si comprenda innanzi tutto che si è negativi e lo si riconosca. Questo aiuta se stessi. Poi, appena lo si sa, ci è necessaria un’altra persona affinché noi siamo negativi.
A questo punto fatevi le seguenti domande:
Credo che qualcuno mi tratti male?
Ho gelosia di qualcuno?
È un’antipatia meccanica?Questo aiuta a formulare la propria situazione di fronte a se stessi. Ora si cerchi di formulare le risposte per se stessi. Poi (…) mettiamoci nella parte dell’altra persona per renderci conto delle sue difficoltà. Questo è un modo per trasformare la vita. Ora trasformatevi nella persona che credete vi abbia trattato male o nella persona di cui siete gelosi etc. Cercate di farlo con sincerità. Questo esige uno sforzo cosciente. Visualizzatevi nella persona ed invertite la posizione, cioè, voi vi trasformate nella persona che avete in antipatia o odio o a coloro che criticate, ed ora contemplate l’altra persona chiamata voi. Come regola generale, questo vi guarirà molto rapidamente se siete capaci di farlo.31
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1 K. Walker, L’insegnamento di Gurjieff, Astrolabio, 1976 (pg. 40).
2 P.D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto, Astrolabio, 1976 (pg. 166).
3 K. Walker, L’insegnamento di Gurjieff, Astrolabio, 1976 (pg. 40).
4 P.D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto, Astrolabio, 1976 (pgg. 166-7).
5 P.D. Ouspensky, La Quarta Via, Astrolabio, 1974 (pg. 87).
6 P.D. Ouspensky, La Quarta Via, Astrolabio, 1974 (pg. 159).
7 P.D. Ouspensky, La Quarta Via, Astrolabio, 1974 (pgg. 19-21).
8 J. Bennet, L’Uomo Superiore, Ubaldini, 1975 (pgg. 173-5).
9 P.D. Ouspensky, La Quarta Via, Astrolabio, 1974 (pg. 153).
10 K. Walker, L’insegnamento di Gurjieff, Astrolabio, 1976 (41).
11 P.D. Ouspensky, La Quarta Via, Astrolabio, 1974 (pg. 90).
12 G.I. Gurdjieff, Vedute sul mondo del reale, Neri Pozza, 2000 (pg. 163).
13 R. Finch, Il sacro cosmo, in Georges Ivanovitch Gurdjieff – volume uno, Riza, 2001 (pgg. 48-49).
14 P.D. Ouspensky, La Quarta Via, Astrolabio, 1974 (pg. 428).
15 J. Bennet, L’Uomo Superiore, Ubaldini, 1975 (pgg. 173-5).
16 P.D. Ouspensky, La Quarta Via, Astrolabio, 1974 (pgg. 152-3).
17 P.D. Ouspensky, La Quarta Via, Astrolabio, 1974 (pgg. 150-1)
18 P.D. Ouspensky, La Quarta Via, Astrolabio, 1974 (pg. 154).
19 P.D. Ouspensky, La Quarta Via, Astrolabio, 1974 (pg. 378).
20 P.D. Ouspensky, La Quarta Via, Astrolabio, 1974 (pg. 423).
21 P.D. Ouspensky, La Quarta Via, Astrolabio, 1974 (pg. 152).
22 J. Bennet, L’Uomo Superiore, Ubaldini, 1975 (pgg. 173-5).
23 P.D. Ouspensky, La Quarta Via, Astrolabio, 1974 (pg. 357).
24 P.D. Ouspensky, La Quarta Via, Astrolabio, 1974 (pg. 150).
25 P.D. Ouspensky, La Quarta Via, Astrolabio, 1974 (pg. 154).
26 M. Nicoll, Commentari Psicologici, vol I, 1941 (pg. 81).
27 P.D. Ouspensky, La Quarta Via, Astrolabio, 1974 (pg. 155).
28 P.D. Ouspensky, La Quarta Via, Astrolabio, 1974 (pg. 155).
29 P.D. Ouspensky, La Quarta Via, Astrolabio, 1974 (pgg. 19-21).
30 P.D. Ouspensky, La Quarta Via, Astrolabio, 1974 (pg. 156).
31 M. Nicoll, Commentari Psicologici, vol I, 1941 (pg. 81).
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Nota: L’articolo qui esposto rappresenta un tentativo di ricomporre alcuni dei Frammenti dell’insegnamento di Gurdjieff con le sue stesse parole e con i numerosi contributi di chi ne ha seguito la Via. I riferimenti sono tutti rintracciabili nelle note a fondo articolo. Le eventuali modifiche apportate sono solo di natura stilistica, mai concettuale. L’associazione Per-Ankh, pur trovandosi in sintonia con la maggior parte degli insegnamenti della Quarta Via, non si considera tuttavia un gruppo Gurdjieffiano.
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