Faremo e Ascolteremo: l’importanza dell’azione nell’ebraismo

Na’aseh ve-nishma, “faremo e ascolteremo” è ciò che dissero gli Israeliti quando accettarono l’Alleanza mosaica sul Sinai (Es 14,7). Come molti passi della Torah può sembrare oscuro ad un approccio superficiale e ad una lettura puramente letterale. Se però si cerca di scendere appena un poco più in profondità si può accedere con maggior chiarezza ad un significato di sicuro illuminante. Il verbo tradotto infatti con ASCOLTEREMO può anche significare COMPRENDEREMO. Senza scendere in particolari etimologici dell’ebraico biblico la cosa è abbastanza intuitiva: anche in italiano quando a qualcuno si dice “ascolta” si intende certamente il prestare attenzione ed udire ma anche implicitamente “cerca di capire”.

Nel testo biblico tale verbo è posto al secondo posto. Ciò sancisce il primato dell’azione sulla comprensione, o meglio, sulla comprensione proprio attraverso l’azione. Il concetto non è certamente nuovo per chi ha familiarità con la metodologia di insegnamento di ogni Maestro spirituale di qualsiasi Tradizione. Nulla può essere assimilato attraverso la razionalità. Un concetto, per quanto profondo sia, rimane un concetto se non è messo in pratica attraverso il compimento di azioni.

Per la Qabbalah, la Tradizione esoterica dell’ebraismo, il mondo in cui viviamo è ASSIAH, il Mondo dell’Azione. Ciò significa, tra le altre cose, che tutto deve passare, anche la comprensione ed il cambiamento interiore, attraverso l’azione. Fondamentalmente per noi tutto ciò è molto scomodo da accettare. La nostra zona di comfort è fatta magari da molte sofferenze interiori e posizioni che sono lungi da essere giuste ed equilibrate (poiché il rapporto con noi stessi riguarda essenzialmente il prossimo visto che non possiamo evitare di essere relazionali, altro concetto molto chiaro all’ebraismo) che costantemente teniamo sotto controllo attraverso la costante giustificazione attraverso tutta una serie di concetti. Pensiamo cioè di avere sì qualche difettuccio ma di essere fondamentalmente buoni, generosi, virtuosi e spiritualmente evoluti dimenticando sistematicamente di verificare tali convinzioni attraverso i fatti… Prima di fare vogliamo capire, ma per capire è essenziale fare! Noi tendiamo invece a voler riportare tutto ai nostri schemi comportamentali ed ai concetti con i quali li giustifichiamo per mantenerci tali e quali siamo. Agire, nel senso evolutivo del termine, è scomodo poiché ci impone proprio di andare contro tali schemi e zone di comfort accettando ed abbracciando l’attrito che il compiere tale azione produce in noi.

Un grande rabbino contemporaneo ha ben riassunto tutto ciò in queste righe a proposito della preghiera:

La preghiera è priva di senso se non è sovversiva, se non cerca di rovesciare e distruggere le piramidi di insensibilità, d’odio, d’opportunismo, di menzogna. Il movimento liturgico deve diventare un movimento rivoluzionario, che cerca di rovesciare le forze che continuano a distruggere la promessa, la speranza e la visione.

Abraham Joshua Heschel

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