Il gruppo di Lavoro nella Quarta Via (cap. 33 – 1 parte)

Un gruppo, di solito, è un patto stabilito fra gli Io reali di un certo numero di persone che si impegnano insieme nella lotta contro le loro false personalità. L’Io Reale di ognuno di loro è senza forza davanti alla loro personalità, o piuttosto dorme, e la personalità è padrona della situazione. Se invece venti Io si alleano per lottare contro ciascuna delle personalità, possono diventare più forti di loro; in ogni caso possono disturbare il loro dominio ed impedire agli altri Io di dormire così tranquillamente.

In Frammenti di un insegnamento sconosciuto, Ouspensky scrive le parole di Gurdjieff in proposito:

(…) Un gruppo è il principio di tutto. Un uomo solo non può fare niente, non può raggiungere niente, un gruppo veramente guidato può fare molto. Perlomeno ha una possibilità di arrivare a risultati che un uomo solo non sarebbe mai in grado di ottenere.

Voi non vi rendete conto della vostra situazione. Voi siete in prigione e tutto ciò che potete desiderare, se avete del buon senso, è di evadere. Ma come evadere? Occorre perforare un muro, scavare una galleria. Un uomo solo non può fare niente, ma supponete che siano dieci o venti che lavorino a turno; assistendosi l’un l’altro, possono finire la galleria ed evadere. (1)

Per svegliarsi occorre fare un insieme di sforzi coordinati. È necessario qualcuno che risvegli l’uomo; è necessario qualcuno che svegli colui che ha l’incarico di svegliare; è necessario avere delle sveglie ed è pure necessario inventarne costantemente delle nuove.

Per condurre a termine tutto questo ed ottenere dei risultati, un certo numero di persone deve lavorare assieme. Un uomo solo non può fare niente. Innanzitutto, egli ha bisogno di aiuto. Ma un solo uomo non potrebbe contare su un aiuto. Quelli che sono capaci di aiutare valutano il loro tempo ad un prezzo molto alto. (2)

Un gruppo di persone le quali decidano di lavorare da sole non arriverà da nessuna parte perché esse non sanno dove andare e cosa fare. (3)

D. Perché un uomo può fare di più in un gruppo che da solo?

R. Per parecchie ragioni. La prima, come ho spiegato, è perché egli non può avere un maestro tutto per sé. La seconda è perché nelle scuole alcuni angoli acuti possono essere smussati. Le persone devono adattarsi una all’altra e ciò è generalmente utilissimo. La terza è che uno è circondato da specchi; egli può vedersi in ogni persona. (4)

Inoltre un uomo può illudere se stesso riguardo al suo risveglio, prendendo per risveglio ciò che è semplicemente un nuovo sonno. Se diverse persone decidono di lottare insieme contro il sonno, esse si sveglieranno l’un l’altra. Potrà accadere sovente che venti di loro dormano, ma la ventunesima si sveglierà e sveglierà tutti gli altri. La stessa cosa accadrà con le sveglie. Un uomo ne inventerà una, un secondo un’altra, dopo di che potranno scambiarsele. Tutti insieme potranno essere gli uni per gli altri di grande aiuto, e senza questo aiuto scambievole nessuno di essi potrà arrivare a qualcosa. (5)

All’inizio il ricercatore lavora per sé e su di sé: osservazione e studio di sé, tentativi di sopprimere o almeno attenuare le manifestazioni più meccaniche della vita. (…) Ma se il ricercatore non lavora contemporaneamente su una seconda direttrice, cioè con altri e per altri, è impossibile che ottenga risultati concreti. In questa seconda linea di lavoro, le difficoltà provate dalle reazioni altrui e la frizione che ne risulta provoca forti shock senza i quali il ricercatore non potrebbe superare certe barriere. In questo caso, egli non soltanto riceve ma dà, contribuisce con la propria comprensione delle idee, aiuta concretamente l’organizzazione, serve da esempio, e lo scambio necessario incomincia. (6)

Un uomo, dunque, che voglia svegliarsi, deve cercare altre persone che anch’esse vogliano svegliarsi, al fine di lavorare con loro. Ciò, tuttavia, è più facile a dirsi che a farsi, perché l’avvio di un lavoro di tal genere e la sua organizzazione richiede una conoscenza che l’uomo ordinario non possiede. Il lavoro deve essere organizzato e deve avere un responsabile. Senza queste due condizioni non può dare i risultati attesi e tutti gli sforzi sono vani. Le persone potrebbero torturarsi, ma queste torture non le farebbero svegliare. Per certe persone nulla sembra essere più difficile da comprendere. Di per se stesse e di propria iniziativa possono essere capaci di grandi sforzi e di grandi sacrifici. Ma nulla al mondo le persuaderà che i loro primi sforzi, i loro primi sacrifici, devono consistere nell’obbedire ad un altro. E non vogliono ammettere che i loro sforzi e tutti i loro sacrifici saranno perciò inutili.

Team competing in tug of war

II lavoro deve essere organizzato. E non può esserlo che da un uomo che ne conosca i problemi, gli scopi e i metodi, essendo lui stesso passato a suo tempo attraverso un tale lavoro organizzato.

Il lavoro comincia di solito con un piccolo gruppo. Questo gruppo è generalmente in rapporto con tutta una serie di gruppi analoghi di differenti livelli che costituiscono, presi nel loro insieme, ciò che può essere chiamato una scuola preparatoria. (7)

Ognuno deve lavorare per se stesso, ma molto pochi, se del caso, sono in grado di fare ciò da soli. Quindi i gruppi e gli insegnanti dei gruppi sono una necessità pratica per le creazioni delle giuste condizioni, non per dare l’aiuto che ognuno deve trovare dentro di sé. (8)

Il primo scopo di un uomo che comincia il lavoro in un gruppo deve dunque essere lo studio di sé. Lo studio di sé può procedere solamente nei gruppi convenientemente organizzati. Un uomo solo non può vedere se stesso. Ma un certo numero di persone riunite con questo intento si aiuteranno, anche senza volerlo, reciprocamente. Uno dei tratti caratteristici della natura umana è che l’uomo vede più facilmente i difetti degli altri che i propri. Sulla via dello studio di sé, l’uomo apprende nello stesso tempo che anche lui possiede tutti i difetti che trova negli altri.

Ora, vi sono molte cose che egli non vede in se stesso, mentre comincia a vederle negli altri. Ma, come ho appena detto, egli ora sa che questi tratti sono anche i suoi. Così, gli altri membri del gruppo gli servono da specchio nel quale egli vede se stesso. Ma bene inteso, per vedere se stesso nei difetti dei suoi compagni, e non semplicemente vedere i loro difetti, deve senza sosta tenersi in guardia ed essere molto sincero con se stesso. (9)

Ben presto mi resi conto che mi era del tutto impossibile proporre loro qualcosa senza che io stesso ne fossi attivamente partecipe. È una legge e non poteva che essere così. Non potevo parlare loro dell’identificazione senza cogliere in me, nello stesso istante, la mia identificazione, o suggerire loro di ascoltare il corpo, il respiro, la voce, senza che io stesso prendessi contatto con il corpo, il mio respiro, la mia voce.

Avevo scoperto una nuova forma di avvicinamento al lavoro, nei rapporti con il prossimo: anziché cercare la giusta attitudine per dire qualcosa, dissi a me stesso, avrei dovuto dire qualcosa affinché una corretta condizione s’instaurasse in me. Era una rivoluzione. Loro, i giovani, conducevano me a una corretta attitudine e grande era la reciproca gratitudine che scaturiva da queste esperienze. (10)

Se si è negativi verso le altre persone, non importa quale sia la motivazione esterna, dal punto di vista del Lavoro il fatto di essere negativi è colpa nostra. È necessario che le emozioni negative siano eliminate in noi stessi come lo fa l’acqua nello strizzare la biancheria che si sta lavando. (11)

I nostri propri occhi non possono mai essere liberi dal conflitto tra amore di sé e odio di sé, e dobbiamo prendere in prestito altri occhi se desideriamo guardare a noi stessi con imparzialità. (12)

UNA PARTICOLARE CONDIZIONE DI SCAMBIO

I nostri sforzi indipendenti, ognuno per conto suo, sono insufficienti. Un gruppo è l’inizio di tutto, un gruppo di persone che cercano di vivere in modo più consapevole. Un gruppo ha più probabilità di mantenere lo sforzo. Alcuni di noi sono più vigili, più responsabili: ci si aiuta l’uno con l’altro. Ma l’apparire di questa forma deve essere riconosciuto, non imposto.

Occorre sentire il bisogno di incontrarsi, di essere presenti con gli altri per condividere una relazione di reciproca attenzione. Come base di una relazione cosciente, ogni membro deve conoscere e accettare se stesso. Ognuno deve sentire il bisogno del gruppo, di un mondo attraversato da una certa corrente di pensiero e sentimento. Deve sapere che ne ha bisogno e non deve dimenticarlo.

Stiamo naturalmente parlando di un gruppo formato per lavorare su di sé, che non sta al livello della vita ordinaria. È animato da pensieri diversi da quelli della vita ordinaria e anche da sentimenti diversi, e la sua esistenza deve essere segnata da eventi essenzialmente diversi da quelli ordinari.

Il primo evento è la ricerca attiva e impegnata di un centro di gravità della vigilanza al proprio interno. Un’attenzione centrata può essere portata in diverse direzioni, ma torna sempre al centro. Quando ci disperdiamo non possiamo imparare nulla di nuovo. (…)

Si fa parte di un gruppo perché si ha bisogno di aiuto per trovare una certa qualità in se stessi, uno stato in cui poter sperimentare qualcosa di nuovo. C’è bisogno di influenze superiori, che sono inaccessibili quando si lavora da soli con mezzi ordinari. Senza il gruppo non si può arrivare all’intensità necessaria. (13)

Ricordo che la gente suole dire all’inizio del Lavoro: “Se soltanto trovassimo gente più gradevole nel Gruppo”. Ma il Gruppo qualunque fosse qui, è semplicemente un maestro generale di vita e questa è esattamente la sfera in cui tutti noi dobbiamo lavorare in connessione con gli altri. Conviene comprendere in profondità perché alleggerisce il lavoro con l’accettazione.

Il gruppo è dunque una condizione particolare di scambio e una sorta di canale per accedere a influenze più alte, idee provenienti da un più alto livello di vita. Ma occorre essere pienamente presenti. Si ricevono queste idee esattamente nella misura in cui si è presenti. (14)

Diventando consapevoli di noi come gruppo sperimentiamo la verità del lavoro. Non va bene che si faccia solo quello che si vuole a modo proprio, indipendentemente, rifiutandosi di essere messi alla prova: questo dimostra che siamo incapaci di confrontarci e di relazionarci con il lavoro degli altri, significa che il proprio lavoro si è fermato.

(…) Il gruppo, il fatto di essere insieme, crea una possibilità di coscienza. Ciò che intraprendiamo, ciò che diamo, è più importante di quello che desideriamo prendere. Ogni volta che la possibilità si rinnova, abbiamo l’opportunità di impegnare la nostra attenzione e di servire. Questa possibilità è qualcosa di grande che dobbiamo sforzarci di mantenere. Dobbiamo valutarla come preziosa, sacra.

Non si è soli nel proprio lavoro. Quando si decide qualcosa per se stessi bisogna sentire di appartenere al gruppo. La sua vita è più grande di quella personale e rappresenta qualcosa di più sulla scala dell’Essere superiore. (15)

La sensazione di vuoto interno nelle condizioni adatte può darci un impulso verso l’unità e la completezza non solo entro noi stessi, ma anche con gli altri. Ricerchiamo la sensazione di una comune appartenenza. (16)


(1) P.D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto (37).

(2) P.D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto (246-7).

(3) P.D. Ouspensky, La Quarta Via (116).

(4) P.D. Ouspensky, La Quarta Via (324).

(5) P.D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto (246-7).

(6) H. Thomasson, Battaglia per il presente (75).

[7] P.D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto (246-7).

(8) J. G. Bennet, Witness (336).

(9) P.D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto (246-7).

(10) A. Orefice, Un Cammino nell’Insegnamento di Gurdjieff (159).

(11) M. Nicoll, Commentari, Vol. III, cap. 14.

(12) J. G. Bennet, Witness (190).

(13) J. de Salzmann, La Realtà dell’Essere (89-90).

(14) M. Nicoll, Commentari, Vol. III, cap. 14.

(15) J. de Salzmann, La Realtà dell’Essere (89-90).

(16) J.G. Bennet, L’uomo superiore (80-1).


Nota: L’articolo qui esposto rappresenta un tentativo di ricomporre alcuni dei Frammenti dell’insegnamento di Gurdjieff con le sue stesse parole e con i numerosi contributi di chi ne ha seguito la Via. I riferimenti sono tutti rintracciabili nelle note a fondo articolo. Le eventuali modifiche apportate sono solo di natura stilistica, mai concettuale. L’associazione Per-Ankh, pur trovandosi in sintonia con la maggior parte degli insegnamenti della Quarta Via, non si considera tuttavia un gruppo Gurdjieffiano.

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