Sorprenditi!

Tutti conosciamo gli slogan di certi personaggi famosi, come il celebre «Siate folli, siate affamati» di Steve Jobs. Un messaggio bello, per carità, ma forse più emozionale e momentaneo che realmente profondo e applicabile.

In altre parole: chi sarà mai riuscito davvero a far proprio questo slogan, a portarlo nella vita concreta, quotidiana? Normalmente questo tipo di messaggi infiamma i cuori nell’istante in cui li si ascolta, ma dopo pochi minuti tutto torna esattamente com’era prima.

Non perdiamoci d’animo però. Lasciamoci stupire dal fatto che slogan simili, molto meno noti ma infinitamente più densi di quella forza vitale e spirituale che può davvero lasciare un segno dentro di noi, pulsano dietro i veli delle antiche tradizioni, dove i concetti religiosi si dissolvono per far emergere gli insegnamenti iniziatici.

Volete un esempio? A questo punto, ci sembra giusto.

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Il Paradiso inizia dentro: la forza sovversiva della gioia e della devozione

Nella sua ricchezza di simboli e insegnamenti, la Tradizione ebraica ci porta oggi ad entrare in un altro aspetto fondante e prettamente caratteristico: la chassidut o devozione, termine che richiama la più nota corrente del chassidismo, corrente mistica del giudaismo nata nel XVIII secolo in Europa orientale, grazie all’opera rivoluzionaria di Rabbi Israel ben Eliezer, meglio conosciuto come il Baal Shem Tov o Besht, un grande maestro spirituale che ribaltò le sorti dell’ebraismo.

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Ricordare: la rivoluzione silenziosa della coscienza

C’è qualcosa di veramente prezioso che potrebbe rivelarsi a noi provando a focalizzarsi su una semplice parola: Ricorda.

È possibile che nell’immediato associamo il concetto ai nostri ricordi passati o agli impegni da portare avanti nel quotidiano; ciò ha un senso, ma solo in relazione a ciò che è più esterno a noi. Possiamo però iniziare a pensare ad una nuova dimensione del ricordo, qualcosa che ci chiama a mettere in gioco una parte più interiore di noi. Di cosa si tratta?

Ricordati _ Ebraismo
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Il cinguettio più stonato che ci sia: la maldicenza | Pillole di ebraismo

La capacità di comunicare ci garantisce di interagire con gli altri, condividere informazioni, sviluppare relazioni, creare reti, scambi e reciprocità; tutto ciò costituisce di per sé un potenziale molto alto che, se ben espresso, può portare a risultati sorprendenti su più fronti, da quello affettivo a quello professionale.

Tuttavia, spesso trascuriamo un aspetto fondamentale: non solo come comunichiamo, ma soprattutto qual è il vero scopo della comunicazione in determinati contesti e quali conseguenze ne derivano. Sappiamo ad esempio quale sia il veleno principale dei nostri quotidiani scambi con gli altri?

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Abraham Maimonide e il Pietismo: i 13 principi guida della disciplina spirituale (2 parte)

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I punti nodali dell’Insegnamento che Abraham Maimonide mise a punto all’interno del movimento del Pietismo sono di rilevante interesse perché corrispondono appieno ai principi fondanti che reggono una seria Scuola esoterica. Vediamoli da vicino.

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Abraham Maimonide: la difesa dell’Insegnamento originario di un personaggio sconosciuto (1 parte)

Un recente studio ha portato alla luce la vita di un personaggio straordinario ma poco conosciuto: si tratta di Abraham Maimonide, unico figlio di Moshè Maimonide, personaggio decisamente più noto e autore della Guida dei Perplessi, uno dei testi più importanti della filosofia ebraica del 1200.

Ma chi è Abraham e perché vale la pena soffermarsi sulla sua figura?

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Pillole di ebraismo | Simchàh: il potere creativo della gioia

Tra le tante pillole di ebraismo che fino ad ora abbiamo visto insieme non poteva di certo mancare quella che porta con sé uno degli elementi più importanti per vivere bene nella vita e, ovviamente, in un percorso spirituale: si tratta del concetto di Simchàh, ovvero della gioia. Vediamo dunque, come sempre, in che modo la Tradizione ebraica pone l’accento su questo aspetto e per quale motivo abbia una certa rilevanza.

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Pillole di ebraismo | La vera rivoluzione interiore: il Chesed e l’esempio di Abramo

Alzò gli occhi e vide, ecco, tre uomini in piedi davanti a lui; [lì] vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò al suolo. Gen, 18.1

Ci viene narrato così il patriarca Abramo, una delle figure senza dubbio più intense, profonde, interessanti e coinvolgenti di tutta la Bibbia. La sua storia ci è raccontata nella Genesi o, per meglio dire, nel libro di Bereshit. Una lettura simbolica della sua figura ci rivela l’uomo alla ricerca costante di un senso più profondo di quello che la sua civiltà può offrirgli, con il costante desiderio di scoprire cosa si cela al di là delle vuote apparenze rappresentate simbolicamente dall’idolatria. E per questo riceve l’ingiunzione, o per meglio dire la missione, di mettersi in viaggio verso se stesso, attraverso se stesso. “Lekh lekha” gli verrà comandato dalla Divinità, ovvero “Và verso te stesso”, và per te, attraverso di te.

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Se sei un vero devoto… hai le mani in pasta!

Tra i concetti del sempre più ambito New Age, che offre una spiritualità light pronta all’uso, c’è indubbiamente quello della devozione o unione verso il divino. Qui, con l’aiuto di qualche bel corso studiato ad hoc, ispiratore di illusioni e promesse convincenti, è possibile essere traghettati verso sensazioni uniche, guidate da una facile emotività di poco conto. Finito il corso (e svuotato il portafoglio), con l’esercizio di qualche pratica meditativa, è fatta: abbiamo raggiunto uno stato di coscienza di unione col tutto e amiamo tutti… fino a quando non iniziano a darci fastidio, si intende! Ma è davvero così facile? O diremmo: è davvero così banale e semplicistico per cui basta dedicarsi alla meditazione per unirsi devotamente al divino?

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Pillole di ebraismo | L’anima che si infiamma: Hitlahavùt

Era mezzanotte. Il Besht gli tese il Libro dello Splendore, lo Zohar.

“Sai leggere?”,

“Sì, certo”.

“E allora leggi!”

Il Maggid obbedì.

“Non è così che si legge”, lo interruppe il Besht. “Sai decifrare i segni ma il tuo sapere manca di anima”.

Quella fu la svolta. Di colpo la stanza si illuminò. Il Maggid si ritrovò sul Sinai, vide la fiamma e comprese a che punto gli mancasse.

Wiesel, Celebrazione hassidica (1).

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Pillole di ebraismo | La reale verità – Emet

Giuro di dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità… se mi conviene!

La maggior parte di noi, nel pensare al proprio livello di verità verso se stessi e nella relazione con gli altri, potrebbe d’impulso definirsi sincero e di potere allo stesso tempo contare su di un certo livello di integrità; questo perché in generale siamo abituati a pensare alla verità come qualcosa che ci appartiene o come qualcosa di acquisito in modo quasi scontato con l’età adulta. E se qualcuno ci dicesse che in realtà ci raccontiamo un sacco di menzogne, saremmo disposti a metterci in discussione?

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Pillole di ebraismo | Ascoltare la Voce di Silenzio: Shekinah

È indubbio che l’uomo occidentalizzato è molto diverso dagli uomini appartenenti alle antiche culture. Se non altro perché vivere in quest’era ha ottenebrato in modo molto marcato sensibilità, modi di vivere e di intendere la vita che sono quasi impensabili al giorno d’oggi.

Per l’uomo biblico, per il semita che viveva seminomade nel deserto, era normale alzarsi al mattino e dire: “Tutta la terra è piena della tua Gloria” (Is 6,3). Senza dubbio non era per lui un atteggiamento dettato da una fede sterile. Egli sentiva questa Gloria, il Kavod… La percepiva, la viveva in ogni momento ed impostava la sua vita su questo fondamento. L’uomo biblico intendeva con Kavod, Gloria per l’appunto, la Potenza immanente del Sacro, la Presenza palpabile in ogni cosa vivente e non, della Divinità.

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Pillole di ebraismo | Pensiamo, diciamo, poi però… facciamo! La Kavvanah

Non è certo esagerato sostenere che la pillola di ebraismo in questione, ovvero la Kavvanah, se compresa bene, ha effetti curativi sulla nostra salute mentale e, di conseguenza, nella nostra vita. Entriamo dunque subito nel merito della cosa e teniamoci pronti a sfatare il mito di alcuni nostri atteggiamenti che riteniamo seri.

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Che cos’è un vero atto di giustizia? Introduzione alla tzedaqàh ebraica

Tzedaqàh è il termine ebraico usato per indicare la giustizia, intesa nella sua accezione particolare di rettitudine, sfumatura che segna una differenza fondamentale per non incorrere in dicotomie riduttive di giusto e sbagliato.

Nello specifico la tzedaqàh, secondo la dottrina ebraica, rimanda all’idea della giustizia divina e sociale, quindi richiama lealtà, integrità e perfezione che portano equilibrio nel mondo; collegata all’idea di una giusta generosità, la tzedaqàh è insieme un atto di giustizia e un dovere morale per gli ebrei. Un esempio in tal senso è rappresentato dalla Decima, ovvero la destinazione ai bisognosi del dieci per cento del proprio guadagno, il cui assunto è di non ritenere quello che abbiamo come nostro ma come un dono della Vita che chiede, dunque, di dare a chi ha di meno o troppo poco. Tale interpretazione, però, rischia di essere riduttiva perché, così intesa, escluderebbe implicitamente i meno abbienti dalla possibilità di dare qualcosa a chi ne ha bisogno.

Usciamo dunque da questo impasse chiarendo subito due punti fondamentali sulla tzedaqàh.

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Pillole di ebraismo | Emunah: una questione di “fede”?

Il termine Emunah viene comunemente tradotto con fede, fiducia. Secondo il Dizionario di Filosofia Treccani la parola fede ha il seguente significato: “Adesione ad affermazioni o dottrine non razionalmente evidenti ma credute in base a fondate o autorevoli testimonianze o per rivelazione”.

Occorre rendersi conto che, per la Tradizione ebraica, tale definizione semplicemente… non ha senso. 

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Pillole di ebraismo: Avodah

Dopo Leck Leckà, il secondo appuntamento con le nostre pillole di ebraismo ci porta a vedere da vicino che cosa sia l’Avodah, termine ebraico la cui radice significa lavoro, fatica, servizio. Tali termini sono sicuramente famigliari al ricercatore curioso che ha già appreso che lavoro e fatica corrispondono ad uno sforzo consapevole e costante di indagine interiore attraverso il quale si punta il faro sui propri limiti e maschere, per liberarsi delle sovrastrutture che sono tanto inutili quanto ostacolanti.

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